1/9) 323 a.C.: Babilonia – Ai primi del mese Alessandro Magno, dopo un banchetto in cui, come era suo solito, aveva bevuto molto, si era ammalato di una malattia oscura e violenta con febbre altissima, deliri e convulsioni, che in dodici giorni lo porta alla morte a soli 33 anni non ancora compiuti (era nato infatti nell’agosto del 356 a.C.): muore nella notte tra l’11 e il 12 giugno del 323 a.C., dopo che tutti i soldati del suo esercito erano sfilati in lacrime davanti al suo letto per salutarlo.
Nel corso dei secoli, molte ipotesi sono state avanzate per spiegare le cause di una morte tanto repentina: coloro che pensano a cause naturali, ritengono che egli sia stato vittima di un attacco o di malaria o di tifo, malattie da sempre endemiche in Mesopotamia dove si trovava. Molti però, fin dall’antichità, hanno sottolineato che i sintomi descritti dalle fonti sono tipici di molte sostanze velenose, ipotizzando quindi che Alessandro Magno sia stato avvelenato da uomini della sua cerchia che non condividevano la sua politica orientalizzante. In particolare si è pensato ad un’azione organizzata in Macedonia da Antipatro, convinto che Alessandro volesse eliminarlo con false accuse di tradimento, come aveva già fatto con Parmenione, e portata a termine dai suoi figli Cassandro e Iolla che allora si trovavano alla corte del re a Babilonia.
Al di là di qualsiasi ipotesi, resta il fatto che di colpo i Macedoni si trovano privi del loro re. Scompare per sempre una figura che aveva lasciato un segno indelebile nella storia: cancellato l’Impero persiano degli Achemenidi, guidato il regno di Macedonia, domate le tendenze autonomiste delle città greche, Alessandro è stato un condottiero invincibile, capace allo stesso tempo di grande generosità ma anche estrema crudeltà. Come dice Arriano a conclusione della sua Anabasi di Alessandro:
«Non ci fu in quel tempo nessun popolo, né città, né un singolo uomo al quale non fosse giunto il nome di Alessandro: per questo motivo non posso credere che un uomo che non ha l’eguale fra gli esseri umani sia stato generato senza una qualche influenza divina.»
2/9) Matralia (festività): festa in onore della Mater Matuta, ossia Madre Natura nella forma manifestata.
3/9) 68 d.C.: Roma – Sulpicio Galba, governatore delle province ispaniche, ricevuta la notizia della morte di Nerone e l’investitura del Senato assume il titolo di Cesare Augusto e raduna le proprie forze per marciare su Roma. Il prefetto del pretorio Ninfidio Sabino (capo della Guardia sotto Nerone), persa ogni speranza di essere nominato da Galba prefetto a vita sine collega, decide allora di dichiarare se stesso successore legittimo di Nerone, appoggiando la candidatura sulla dubbia rivendicazione di essere figlio illegittimo di Caligola. Tuttavia i Pretoriani, impauriti dalla possibile reazione di Galba, che stava giungendo a Roma, si dissociano dal loro comandante e lo assassinano.
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4/9) 172 d.C.: limes danubiano – Nell’ambito delle guerre marcomanniche, avviene l’episodio della “pioggia miracolosa”, riportato da diverse fonti, che salva una vessillazione della Legio XII Fulminata dalla sconfitta, facendole riportare una grandiosa vittoria nonostante la grande superiorità numerica barbarica. Secondo la versione di Cassio Dione, un mago egiziano di nome Harnuphis evocò Mercurio e ottenne la caduta della pioggia; secondo lo scrittore cristiano Tertulliano, invece, il fenomeno miracoloso fu dovuto alle preghiere dei soldati, che erano cristiani. L’episodio è rappresentato anche sulla colonna di Marco Aurelio.
«[A Marco Aurelio] capitò anche una grande guerra contro la popolazione chiamata dei Quadi e gli capitò la fortuna di vincerli inaspettatamente, o piuttosto la vittoria gli fu donata dal cielo. Infatti, mentre i Romani erano in pericolo durante la battaglia, il potere divino li salvò in modo del tutto inaspettato. I Quadi li avevano circondati in un luogo favorevole per loro e i Romani combattevano animosamente con gli scudi legati l’uno all’altro; allora i barbari sospesero la battaglia, pensando di prenderli facilmente per il caldo e la sete. Quindi, avendo chiuso i passaggi tutto intorno, li circondarono in modo che non potessero prendere acqua da nessuna parte; i barbari infatti erano molto superiori di numero. I Romani dunque erano in una situazione disastrosa per il caldo e le ferite, per il sole e la sete e così non potevano né combattere né ritirarsi, ma stavano schierati e ai loro posti, bruciati dal sole, quando improvvisamente si raccolsero molte nuvole e cadde una pioggia abbondante non senza interposizione divina. E vi è infatti una storia secondo la quale un certo Arnufis, un mago egiziano che accompagnava Marco Aurelio, avrebbe invocato alcuni demoni e in particolare Ermes, dio dell’aria, con degli incantesimi e in questo modo avrebbe attirato la pioggia.» [Cassio Dione]
5/9) Età tetrarchica: Pannonia – ‘III Idus Iunias’ [11 Giugno]: il “Dies Pannoniæ” tra dediche e culto imperiale
6/9) 378 d.C.: Costantinopoli – Rivolta della popolazione contro l’imperatore d’Oriente Valente. Stando a quanto narra la Storia Ecclesiastica di Socrate Scolastico, i cittadini della capitale accusarono l’imperatore Valente di aver trascurato la loro difesa, esponendoli ai saccheggi dei Visigoti, che ora minacciavano di avvicinarsi sempre di più a Costantinopoli stessa, e incitandolo ad uscire dalle mura e confrontarsi in battaglia con gli invasori, invece di rimandare di continuo la contesa e consentire all’invasore di saccheggiare impunemente la Tracia. Si narra che, durante i giochi dell’Ippodromo, si ode una voce proveniente dal popolo che, accusando l’imperatore di negligenza, urla: “Dacci le armi, e noi stessi combatteremo”. A queste proteste, l’imperatore reagisce marciando fuori dalla città: sempre secondo la Storia Ecclesiastica, l’imperatore avrebbe minacciato addirittura, in caso di ritorno, di punire “i cittadini non solo per i loro rimproveri insolenti, ma anche per aver in precedenza favorito la rivolta dell’usurpatore Procopio, dichiarando inoltre che avrebbe demolito la loro città”.
Valente non avrebbe mai fatto ritorno a Costantinopoli, complice la disfatta di Adrianopoli dove trovò la morte.
7/9) 1042 d.C.: Costantinopoli – Costantino IX Monomaco sposa l’imperatrice Zoe Porfirogenita, ultima superstite della dinastia macedone (già vedova di due mariti e vecchia di sessantadue anni), e viene incoronato imperatore. Costantino IX non fece mistero della relazione sentimentale con la giovanissima nipote, Sclerina, che fece risiedere a palazzo, ebbe i suoi appartamenti e venne donata del titolo di Augusta, sebasta in greco. Anche nel protocollo e nelle cerimonie ufficiali l’amante dell’imperatore aveva un suo ruolo, quello di una terza e minore basilissa. L’unione tra Zoe e Monomaco fu davvero esclusivamente politica e l’anziana imperatrice non protestò mai per la formale infedeltà del marito, ma anzi rispettò e onorò pubblicamente Sclerina e condivise spesso le aree del sacrum palatium con lei.
8/9) 1216 d.C.: Tessalonica – Muore avvelenato dalla moglie Maria di Bulgaria l’imperatore latino d’Oriente Enrico di Fiandra. A Enrico sul trono latino succede il fratellastro Pietro II di Courtnay.
9/9) 1345 d.C.: Costantinopoli – Il megas doux Alessio Apocauco, reggente al trono bizantino, viene linciato durante un sopralluogo senza le guardie di scorta presso la prigione di Anemas, nella quale vi aveva fatto rinchiudere tutti gli oppositori politici e i suoi nemici (che erano impiegati anche come manovali per lavori di ristrutturazione interna). Apocauco viene decapitato e la sua testa viene esposta su una picca. I prigionieri, pensano di riscuotere consenso presso l’imperatrice Anna di Savoia, data l’impopolarità di cui godeva Apocauco: l’imperatrice però, data la ribellione dei Gasmouloi (corpi della marina militare bizantina di provenienza italo-greca) fedeli al megas doux assassinato, fa circondare il carcere e massacrare tutti i suoi prigionieri (poco più di 200 persone).
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