Leone III: la guerra dell’iconoclastia
L’Iconoclastia ancora oggi è al centro degli studi sia di bizantinistica sia di religione. Non cercherò di dare una spiegazione ma di stimolare il lettore ad un analisi su quali possano essere state le cause avanzate dagli studiosi. Buona lettura!
Il periodo seguito dalle conquiste arabe fu un periodo difficile per l’Impero bizantino che in genere viene indicato come l’età buia. Mentre l’impero pensava alla sua riorganizzazione e sembra chiudersi in se stesso perdendo i contatti con l’occidente, la situazione si complicò ancora di più quando l’imperatore Leone III proibì il culto delle immagini sacre ordinando di distruggendole: si entra così nell’iconoclasmo parola di origine greca, immagine in greco è ikon sottintesa come immagine sacra di Cristo, della Vergine e dei Santi mentre clao vuol dire rottura. Invece coloro che erano favorevoli al culto delle immagini erano definiti iconoduri (coloro che veneravano) o iconofili (amanti delle immagini).
I rapporti tra Bisanzio e gli Arabi all’inizio furono molto difficili. Bisanzio stette sulle difensive fino al 717-18 quando gli Arabi furono sconfitti per la seconda volta sotto le mura di Costantinopoli. Il 717 vede l’ascesa sul trono di Bisanzio di una nuova dinastia quella Isaurica, il primo imperatore fu Leone III, stratego di uno dei themi di Asia Minore che aveva contribuito alla sconfitta degli Arabi che assediavano Costantinopoli e venne eletto imperatore. D’ora in poi vi sarà la riscossa che valse a interrompere in modo definitivo l’avanzata araba che va dal 717 al 775 con i regni di Leone III e del figlio Costantino V.
Leone III nel 726 prende un primo provvedimento che prevede lo staccamento della figura di Cristo presente sulla porta d’ingresso, la Chalchè del palazzo imperiale mentre nel 730 iniziò il vero iconoclasmo e il patriarca Germano, contrario all’abolizione del culto delle immagini, venne destituito con la forza.
Solo poche immagini sono giunte fino a noi perché custodite nei monasteri periferici. Leone III poteva emanare questo editto in quanto rappresentate di Cristo in terra. L’editto di Leone III finirà con un altro editto da parte di un’imperatrice. Il problema è capire il perché Leone III emanò questo editto per molti versi sorprendente perché senz’altro. L’imperatore sapeva che avrebbe trovato resistenza sia da parte della Chiesa sia da parte della popolazione che sentivano profondamente il culto delle immagini. Nel 730 la situazione dell’impero non era delle più rosee nonostante gli Arabi furono sconfitti e di certo il califfato di Damasco non si arrese alle sue pretese di conquista; poi vi erano anche gli Slavi-Bulgari che tentavano di crearsi un proprio impero sul fronte meridionale del Danubio ed essendo questa una situazione non facile militarmente bisogna capire il perché di questo editto da parte di Leone III nel 730. Una risposta non è facile e si possono solo fare ipotesi poi accantonate e in genere vi è un’ipotesi più accreditata che risponde molto bene agli interrogativi: il vero problema è sulle fonti perché sono tutte iconofile e parlano malissimo di Leone III definendolo eretico addirittura ma per molti aspetti non credibili fino in fondo e quando nell’843 l’iconoclasmo venne abolito gli iconofili distrussero tutti gli scritti iconoclasti e l’unico documento è quello di un concilio convocato da Costantino V nel 754 che sentì la necessità di argomentare teologicamente le ragioni dell’iconoclasmo. Concilio che si tenne a Iereia, un centro sulla sponda asiatica del Bosforo e i vescovi convocati, tutti iconoclasti, diedero argomentazione. Questo documento ci è giunto perché quando si penso di ripristinare il culto delle immagini, ci fu il concilio di Nicea II, nel 787 e i vescovi per confutare l’iconoclasmo dovettero fare riferimento ai documenti del concilio di Iereia accludendoli ai nuovi documenti.
Per le fonti bizantine, tutte iconofile, gli Arabi e gli Ebrei furono la causa perché religioni aniconiche e l’eresia iconoclastica avrebbe prima attratto il califfo di Baghdad, Yaziz e poi l’imperatore Leone III. La fonte è Teofane Confessore e dice:
«Un ebreo avrebbe promesso al califfo un regno lungo quaranta anni se avesse eliminato le Sacre Icone che in tutto il suo impero erano onorate nelle chiese dei cristiani. Lo sciocco Yaziz gli credette e promulgò un decreto che condannava tutte le Sacre e Venerabili Icone. In quanto a Leone, già diventato seguace di quella mostruosa e infuocata eresia, egli avrebbe trovato il suo migliore sostegno in Bezer, adepto di quella aberrazione, un siriano di stirpe cristiana e che aveva abiurato la propria fede in Cristo, aderendo così alle credenze degli Arabi per poi, in tempi recenti, sfuggire alla loro schiavitù e raggiungere l’impero dei romani dove si era guadagnato la stima di Leone III. La sua convinta adesione all’eresia, tanto da diventare il braccio destro dell’imperatore in questa così vasta e malvagia impresa.»
Tutte le fonti bizantine fanno riferimento a queste vicende e addossano agli Arabi ed Ebrei la causa dell’iconoclasmo. Altre portano varianti come ad esempio il vescovo di Gerusalemme, Giovanni V, che attribuisce l’ostilità verso le immagini interamente ad un ebreo di Tiberiade, capo degli ebrei scellerati, strumento dei demoni che ingannano le anime, che avrebbe suggerito a Yaziz di proibire le icone nel suo impero, sicché quando Costantino, vescovo di Nacolea e i suoi complici ne ebbero notizia imitarono gli ebrei scellerati e fecero violenza alle chiese di Dio.
Questa rappresentazione che le fonti fanno è un’invenzione polemica perché non si può accertare con sicurezza che l’iconoclasmo bizantino sia di origine araba o ebraica. Il quadro delle fonti bizantine cambia sensibilmente se si consultano le fonti non bizantine, ma arabe, siriane, armene cristiane e musulmane che non concordano con questi fatti, in molte di queste non viene menzionato l’iconoclasmo di Leone III e non compare soggiogato dalle credenze musulmane. C’è un cronista arabo cristiano, Agafio del X secolo, che da una notizia importante: ad un certo punto il califfo Omar II, scrisse una lettera a Leone III che lo esortava a convertirsi all’islam e aggiunge:
«Leone rigettò le sue argomentazioni, gli mostrò gli errori delle sue affermazioni e gli espose le verità della fede cristiana prendendo i suoi argomenti dalle Sacre Scritture e confrontandoli con il Corano.»
questa stessa notizia viene data da Teofane ma dice che arrivò solo la lettera di Omar II che lo esortava a convertirsi all’islam e non cita la risposta perché essendo fonte di parte, non gli conveniva e Teofane tende a rappresentare Leone III come filo-musulmano e convertito all’islam dando quindi una visione distorta delle realtà.
Circa l’effettivo contributo dell’islam al nascente iconoclasmo bizantino bisogna affermarlo con una certa cautela basandosi su queste fonti, soprattutto sull’accusa di Teofane che aveva lo scopo di screditare l’imperatore Leone III, e si è finito per interpretare l’iconoclasmo come la conseguenza dell’influsso esercitato sul mondo bizantino dalla religiosità islamica e in subordine anche ebraico. Si è anche pensato che gli imperatori iconoclasti di origine siriaca, come Leone III, erano stati impegnati sul fronte Anatolico a combattere gli Arabi e che non fu solo militare ma anche religioso e che alla fine avessero assorbito le concezioni contrarie alle immagini dell’islam mentre altri hanno detto che Leone III avrebbe accolto le richieste dei suoi soldati impegnati in Asia Minore e che avendo rapporti continui con gli Arabi ed Ebrei presenti nel territorio avrebbero adottato la loro mentalità. Per sottrarre all’islam un efficace strumento di propaganda, Leone III sarebbe andato incontro al puro sentimento religioso delle proprie truppe accogliendone le istanze aniconiche.
Queste ipotesi si basano sul nulla non essendo basate su fonti o altro. Studi recenti vanno chiarendo che le armate dei themi in Asia Minore in genere ebbero un atteggiamento neutrale nei confronti dell’iconoclastia, nel senso che, in genere i contingenti militari seguirono la scelta religiosa dei loro comandanti e non viceversa, quindi furono le armate ad appoggiare l’iconoclasmo di Leone III. Quello che risulta chiaro è che il Mediterraneo tra VII e VIII secolo fu inondato da un rigorismo religioso ostile all’arte figurativa considerata inadeguata a riprodurre l’immagine di Dio che è essere trascendente. Questo atteggiamento non fu esclusivo del mondo arabo ed ebraico, non ci sono testimonianze che possono avvalorare il fatto che il mondo arabo sia stato aniconico prima del VI secolo, il primo editto contrario alle immagini compare nella metà dell’VIII secolo ed è contemporaneo all’editto bizantino. Il corano non reca nessuna proibizione sulla rappresentazioni delle immagini ed è appurato che Maometto aveva nella sua tenda immagini che raffigurassero la Vergine, madre di Dio. Anche gli ebrei non furono aniconici, basti pensare all’arca dell’alleanza su cui vi erano statue di angeli. Nella metà dell’VIII secolo giunse questa ondata di rigorismo religioso, Giovanni V patriarca di Gerusalemme cita ad un certo punto Costantino di Nacolea, la religione cristiana all’inizio non era favorevole alle rappresentazioni di immagini di Cristo ma era favorito il simbolismo come il pesce, le iniziali di IHC ma non direttamente l’immagine del Cristo.
Nel IV secolo, la Chiesa era contraria alla raffigurazione in immagine della divinità, Celebre è l’epistola che ricevette Eusebio di Cesarea da parte della sorella di Costantino, Costantina, nella quale chiedeva un’immagine di Cristo. Egli rimproverando la sorella di Costantino perché è proibito creare immagini di Cristo, ma tra V e VI secolo questa tendenza cambierà perché era forte la richiesta da parte dei fedeli di avere delle immagini essendo la conversione dei fedeli proveniente dai pagani che erano fortemente iconici con statue, immagini e avevano la necessità di rivolgersi a rappresentazioni e saranno proprio i concili di IV e V secolo a deliberare sulla diffusione delle icone anche per la loro funzionalità didattica per le persone analfabete nelle quali si potevano rappresentare scene tratte dal Nuovo e Vecchio Testamento.
Sembra che il cristianesimo dell’Asia Minore sia per natura iconoclasta già prima dell’editto di Leone III e quindi non è neppure da ricercare nelle eresie o nell’essere monofisiti ma piuttosto negli scontri tra monofisiti e calcedoniani e quindi Leone III aderiva alla fede monofisita.
Il monofisismo era diffuso in Siria ed Egitto e la famiglia di Leone III proveniva dalla Siria, dalla città di Germanicea che fu sede di un vescovo monofisita ed è risaputo che i più grandi teologi monofisiti Severo di Alessandria, Filosseno del VI secolo, vengono dalle fonti rappresentati come ferventi iconoclasti.
I monofisiti sostenevano che Cristo era una sola natura divina incarnata ma nel momento in cui si incarna assorbe annullando la natura terrena e quindi non si può raffigurare ciò che è divino.
In ogni caso, le fonti orientali parlano e presentano Leone III non come monofisita ma come fervente sostenitore della fede calcedoniana, diversamente da come presentano Costantino V e Leone IV. Il primo sentì la necessità di motivare teologicamente l’iconoclasmo riunendo il famoso concilio che finì con il fare alcune affermazione che potevano passare per monofisite. L’attuale tesi dice che l’iconoclasmo nasce dal seno dell’ortodossia e quindi calcedoniano. Mentre Costantino V, nel voler dare spiegazioni, finì nell’aderire in affermazioni intese come monofisite ma Leone III non assunse mai connotazione monofisitica. Ci si dimentica di dire che comunque i monofisiti aprirono le braccia agli arabi, mentre la famiglia di Leone III fugge da Germanicea e che quindi non era di fede monofisita ma di fede ortodossa. Non può essere accettata l’ipotesi di un’influenza araba ed ebraica secondo le fonti bizantine, non può essere accettata l’ipotesi che mette in campo il monofisismo.
Spero non vi siate annoiati ma anzi che l’articolo vi abbia incuriosito perché in un prossimo articolo continuerò questo discorso sull’iconoclasmo di Leone III parlando delle altre ipotesi avanzate dagli studiosi