L’Irlanda non fece mai parte dell’Impero romano, ma essa era comunque conosciuta sin dai Greci: vediamo nel seguente articolo le principali citazioni dell’Hibernia nelle principali fonti di età romana tra I e II secolo d.C., con relative informazioni e aspetti geografici, politici e sociali.
Prima di delineare le relazioni analizziamo la conoscenza geografica dell’Irlanda prima e immediatamente dopo la conquista romana della Britannia. Già i Greci a partire dall’esplorazione di Pitea di Massalia erano a conoscenza dell’esistenza dell’isola: successivamente Dionisio Periegeta (II secolo a.C.) la cita nel suo Orbis Descriptio come una delle due Bretanides; lo Pseudo-Aristotele ne riporta nel De Mundo (I secolo a.C.) i rispettivi nomi di Albione e Ierne.
Fondamentale è quindi la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, una delle più famose opere geografiche latine, scritta nel 77 d.C., nella quale lo stesso autore sostiene di aver portato a termine tale opera dopo aver consultato innumerevoli fonti e autori antichi, di cui la maggior parte attualmente andate perdute. Plinio menziona l’Irlanda in un breve passaggio sull’area atlantica, fornendo al lettore la collocazione geografica delle singole isole lì presenti: Britannia e Hibernia (le più grandi), gli arcipelaghi delle Orcades [Orcadi], delle Acmodae e delle Hebudes (Ebridi), e le isole comprese nel mare che separa le due maggiori (Mona [Anglesey?], Monapia [Man], Riginia [Rathlin?], Vectis [Wight], Silumnus [Scilly?], Andros [Howth o Lambay, nei pressi di Dublino]). Plinio riporta che l’Irlanda si trova alla stessa latitudine della Britannia ma ha una longitudine minore di 200 miglia (circa 300 km) rispetto ad essa, e che il suo punto più vicino alla Britannia dista 30 miglia (44 km), più precisamente nel territorio dei Siluri (Galles settentrionale).
Il riferimento alla spedizione nominata – collocata circa trenta anni precedente al periodo in cui egli scrive – è molto vaga, quasi sicuramente avvenuta nel periodo della conquista della Britannia sotto l’imperatore Claudio: Plinio questa volta, a differenza di quanto fa con la Britannia, non cita le fonti riportanti l’Irlanda, ma per le sue dimensioni fa riferimento – indiretto – solo a Giulio Agricola. La fonte principale a cui attinge Plinio sembrerebbe essere il greco Filemone che, citato dal geografo Claudio Tolomeo, avrebbe avuto informazioni in merito da alcuni mercanti che frequentavano quelle zone.
Un’altra testimonianza, etnografica oltre che geografica, ci giunge dalla Geografia dello storico greco Strabone (I secolo a.C.).
«Ci sono altre isolette intorno alla Britannia, e una più grande a nord, che si estende parallelamente a essa: l’isola di Ierna, che ha forma assai allungata, se non che i suoi abitanti sono più selvaggi dei Britanni. Sono cannibali e nel tempo stesso erbivori, e i figli si gloriano di mangiare i cadaveri dei padri. Si accoppiano con qualunque donna, anche madri e sorelle, alla luce del sole. Su quanto sto dicendo non dispongo di testimonianze sicure, ma, almeno per quel che riguarda il cannibalismo, posso ricordare che la stessa usanza si ha in Scizia e si racconta che vi sono ricorsi anche i Galli, gli Iberi e altre popolazioni sotto la pressione della necessità, nel corso di assedi protrattisi a lungo.» Strabone, Geografia IV, 5, 4
Agli abitanti di Ierna lo storico greco attribuisce degli usi e dei costumi che già sono narrati riguardo i Britanni da Giulio Cesare nel racconto della sua spedizione punitiva del 55-54 a.C.. Volendo considerare l’aspetto del cannibalismo esistente o un elemento puramente letterario volto ad impressionare l’opinione pubblica romana, l’aspetto dell’accoppiamento è decisamente comprovato: Cesare infatti sottolinea una strana usanza matrimoniale dei Britanni, che all’interno di piccoli nuclei familiari avevano le donne in comune (tra fratelli e padri e figli), anche se poi l’attribuzione della paternità veniva comunque stabilita considerando i figli appartenenti a colui che prima si era unito alla donna. Non si può escludere in tal senso che lo stesso Cesare sia una delle fonti “non sicure” a cui attinge Strabone.
Veniamo dunque alla spedizione di Giulio Agricola, genero di Augusto, nelle isole britanniche. Il principale passaggio riguardante l’Hibernia è ad opera dello storico Tacito che nella sua biografia Agricola cita esplicitamente dei contatti avvenuti con la popolazione dell’isola nel quinto anno dalla sua venuta in Britannia (82 d.C.):
«Nel quinto anno di campagna, si spinse ancor oltre con la prima nave, e grazie a una serie di scontri fortunati sottomise popolazioni fino a quel tempo ignote. Lasciò poi alcuni reparti di stanza nella parte della Britannia che fronteggia l’Hibernia, nella speranza di vantaggi più che per timore: l’Hibernia, infatti, posta tra la Britannia e la Spagna e facilmente accessibile anche dal mare della Gallia, poteva collegare con ingenti scambi commerciali una parte dell’Impero così importante. Più piccola di superficie rispetto alla Britannia, supera comunque le isole del Mediterraneo. La natura del suolo, il clima, l’indole degli abitanti e il loro livello di sviluppo non differiscono molto da quello dei Britanni. Gli approdi e i porti sono meglio noti grazie al commercio e ai mercanti. Agricola aveva dato ospitalità a un principe di quest’isola scacciato in seguito a lotte interne e, mostrandoglisi amico, lo teneva presso di sé in attesa di occasioni propizie. Ricordo di avergli sentito dire in diverse circostanze che l’Hibernia si poteva vincere e tenere sotto controllo con una sola legione e poche forze ausiliarie, e che ciò sarebbe stato utile anche nei riguardi della Britannia, perché la presenza di armi romane ovunque avrebbe, per così dire, sottratto alla vista la libertà.» Tacito, Agricola, 24.
La “parte di Britannia che fronteggia l’Hibernia” è l’attuale North Channel, che Agricola avrebbe strategicamente individuato come punto da cui dirigere le operazioni verso l’Irlanda. Perché non vi furono mai delle operazioni di conquista? La risposta è semplice: all’Impero non conveniva, e al contrario, sarebbe bastato l’instaurare dei qualsivoglia rapporti (politici, commerciali, ecc.) con le elité irlandesi ai fini di salvaguardare il dominio romano nella regione britannica. Tacito non specifica le reali ragioni economiche di Agricola, ma la presenza di commercianti e mercanti romani sul territorio poteva senz’altro considerarsi come l’inizio di una progressiva fase di influenza romana. La presenza di un nobile irlandese ospite di Agricola lascia dedurre poi che non solo la potenza romana fosse risaputa anche alle popolazioni non incluse nell’Impero (così come alcuni re britannici si rivolsero ai Romani in cerca di aiuto), ma anche che vi fossero una serie di contatti che permettevano la comunicazione tra due componenti etnico-linguistiche differenti.
Un altro “cliché” barbarico che arriverà ad includere anche l’Hibernia è la qualità morale dei suoi abitanti, che già ritroviamo nella Germania di Tacito e nell’esempio di seguito riportato anche nelle Satire di Giovenale: ancora una volta l’elemento barbarico si presenta moralmente lodabile in confronto alla corruzione morale di Roma e dei suoi uomini.
«Abbiamo, sí, portato le armi nostre oltre i lidi d’Irlanda e, conquista recente, oltre le Orcadi e i Britanni, che s’appagano di notti brevissime, ma i nostri vinti non commettono ciò che si fa nella città dei vincitori.» Giovenale, Satire, II, 159
La presenza di “armi romane oltre i lidi d’Irlanda” – per quanto declamata da storici facilmente suggestionabili – non è da intendersi altro che un’esagerazione retorica tipica del genere satirico.
Torniamo infine all’ambito geografico con Claudio Tolomeo (II secolo d.C.), famosissimo cartografo e geografo autore delle opere Geografia e Almagesto. La ricostruzione basata sulla sua descrizione dell’Hibernia consente di conoscere meglio la distribuzione degli insediamenti dell’isola, tra cui Dublino (Eblana Civitas), e le distanze.
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