L’assedio arabo di Costantinopoli (717)
Gran parte della storia dell’Impero romano d’Oriente, dopo l’epoca delle conquiste sotto Giustiniano, fu segnata da azioni di consolidamento e difesa dei confini. La posizione strategicamente più importante dell’Impero era la stessa capitale, Costantinopoli, tra Europa e Asia, che divenne oggetto delle mire espansionistiche dei nemici: gli attacchi si presentarono o dal limes danubiano da parte delle popolazioni barbariche o dal fronte asiatico da parte persiana prima e araba poi. Eraclio (610-641) cercò di assestare la situazione sui due fronti, riuscendo efficacemente a tenere a bada le invasioni avare nei Balcani e sconfiggendo i secolari nemici Sasanidi. Nonostante i successi di Eraclio, l’Impero d’Oriente continuò per tutto il VII secolo ad essere impegnato in difesa della sua stessa esistenza, finché la situazione mutò decisivamente con Leone III (717-741) e l’assedio arabo della capitale bizantina nel 717: il fallito assedio arabo – che non fu comunque il primo – e la conseguente vittoria bizantina di quell’anno avrebbero segnato per i secoli successivi il congelamento dei confini e delle rispettive aree di influenza, assestando un duro colpo all’avanzata araba verso l’Europa da Oriente ancor prima dell’altrettanto importante battaglia di Poitiers (732) in Occidente.
Ripercorriamo l’intero assedio del 717 analizzando le fonti e il giudizio storico.
La concentrazione delle flotte arabe. Una prima descrizione dell’assedio arabo di Costantinopoli, iniziato nel 717, ci giunge dalla Storia Breve di Niceforo I, patriarca della città dall’806 all’815. Questa importante compilazione storica, che copre gran parte del VII e dell’VIII secolo, non manca di fornire anche aneddoti. Secondo la descrizione di Niceforo, gli Arabi (qui chiamati “Saraceni”) sarebbero entrati nella Propontide passando per l’Ellesponto e costeggiando la sponda asiatica: un primo tempestivo intervento imperiale riuscì a bloccare l’avanzata di venti navi della retroguardia araba, sfavorite sia dal peso del carico che dal vento contrario; la flotta comunque non si avvicina subito alla capitale, ma resta ormeggiata lungo le coste della Bitinia.
«I Saraceni […], dopo aver conquistato moltissime città di questa costa, giungono alla città imperiale, gettano una trincea intorno alla città e la cingono d’assedio: perdurarono in questa posizione per un periodo di tredici mesi, avendo portato con sé ogni sorta di macchina da guerra. A questo punto, sopraggiunge anche una flotta di Saraceni, di cui era capo Souleiman – come era chiamato nella lingua araba. […] Tutto quanto il resto della flotta araba, avendo fatto rotta verso il Bosforo tracio, ormeggia presso il porto chiamato “Sostenio”, e qui passava l’inverno. Capitò allora che l’inverno fosse molto rigido, al punto che la terra non fu per nulla visibile a causa della quantità di neve caduta per un centinaio di giorni: per questo motivo [gli Arabi] persero una grande quantità di uomini, cavalli, cammelli e altri animali. Quando arrivò la primavera, sopraggiunge anche una seconda flotta di Saraceni, molto numerosa, dall’Egitto, che era guidata dal comandante chiamato Sophiam e che portava con sé un carico di moltissimo cibo e di armi. Passato poco tempo, si presenta anche un’altra flotta, salpata dalle coste dell’Africa, colma di molte armi e vettovaglie, di cui si trovava a essere capo il saraceno Iezidos. […] [Incoraggiato da alcune diserzioni tra i marinai egizi, fuggiti durante la notte sino alla capitale con delle scialuppe] l’imperatore fece uscire le navi incendiarie contro queste flotte e le riuscì a dare alle fiamme tutte quante. E da lì, dopo averne preso bottino e aver caricato le armi e le vettovaglie che si trovavano in esse, fecero ritorno dall’imperatore.» Niceforo, Storia Breve, 53-54.
L’attacco arabo e le manovre di difesa a Costantinopoli. Anche Teofane il Confessore, nella sua Cronografia, restituisce una dettagliata descrizione degli eventi relativi all’attacco arabo, costituendo un’interessante testimonianza parallela al testo di Niceforo.
«Maslam, avendo passato l’inverno in Asia, […] giunto presso Abido fece passare in Tracia un notevole esercito e si mosse verso la città imperiale, dopo averlo scritto anche al califfo Souleiman di sopraggiungere con la flotta preparata in precedenza. Il 15 del mese di agosto Maslam si accampò nei pressi della città, dopo aver devastato le roccaforti della costa tracia. Gli Arabi costruirono una palizzata tutt’intorno al muro di terraferma e scavarono un grande fossato e sopra di questo costruirono come parapetto un muro di pietre a secco. Il 1 settembre […] sopraggiunse Souleiman, l’avversario di Cristo, con la sua flotta e i suoi emiri, conducendo grandissime navi, imbarcazioni da guerra e navi leggere in numero di milleottocento […]. E due giorni dopo, soffiando il Noto, […] giunse alla città. Da questo episodio [distruzione retroguardia araba, ndr], quelli che si trovavano in città presero coraggio, mentre i nemici restarono fortemente sbigottiti avendo conosciuto la potente efficacia del fuoco liquido [fuoco greco]: quella stessa sera, dunque, intendevano ormeggiare lungo le mura affacciate sul mare […]. Ma Dio mandò a vuoto la loro decisione, grazie all’intercessione della Santissima Vergine. E quella stessa notte il pio sovrano fece avvolgere, di nascosto, la catena dalla costa di Galata. Ma i nemici, ritenendo che il re avesse fatto ciò con l’intenzione di tendere loro un tranello, non osarono procedere e ormeggiarono nella zona di Galata; e anzi, dopo essere risaliti nel golfo di Sostenio, qui misero al sicuro le loro navi.» Teofane, Chronographia, A.M. 6209, Lipsia, 1885.
Il giudizio storico. Il successo nella difesa di Costantinopoli dal grande attacco arabo del 717 ebbe importanti conseguenze storiche: Georg Ostrogorsky sottolinea in tal senso l’assestamento politico internazionale che ne derivò e la definizione dei confini che sarebbero rimasti sostanzialmente invariati per secoli.
«Il primo e più urgente compito del nuovo imperatore Leone III fu la difesa contro il pericolo arabo, che si approssimava sempre più e sembrava mettere ogni momento in questione l’esistenza stessa dell’Impero. […] La battaglia ebbe luogo di nuovo sotto le mura della capitale bizantina. In gran fretta Leone III preparò la città per l’imminente assedio, completando i lavori per la difesa che erano stati previdentemente iniziati da Anastasio II (713-715). Come quarant’anni prima [assedi e attacchi tra il 674 e il 678], così anche questa volta Bisanzio riuscì a vincere la battaglia decisiva. I Bizantini riuscirono di nuovo a incendiare la flotta araba per mezzo del fuoco greco, mentre i tentativi degli Arabi di espugnare Costantinopoli si infransero contro la saldezza delle mura della città. […] Con la liberazione di Costantinopoli […] si chiudeva una fase importante della lotta bizantino-araba. I futuri attacchi degli Arabi creeranno seri problemi all’Impero, ma non porranno più in questione la sua stessa esistenza. Costantinopoli non subirà più un assedio arabo, e l’Asia Minore, che grazie al sistema dei temi possedeva forti capacità di resistenza, nonostante alcuni contraccolpi, restò saldamente parte integrante dell’Impero.» G. Ostrogorsky, Storia dell’Impero bizantino, Torino, 1968