A lungo si è discusso sull’origine dell’alfabeto latino. Si è ipotizzato che potesse derivare direttamente da un modello greco, ossia quello in uso nelle città magno-greche della penisola o da un alfabeto di derivazione greca, come l’etrusco. Se un tempo la tesi dell’origine dell’alfabeto greco sembrava prevalente, ora è più accettata l’ipotesi di una derivazione mediata dall’etrusco: sarebbe questo, in particolare, il motivo per cui il latino scrive Gaius o Gnaeus, ma sigla questi nomi rispettivamente C. e Cn. secondo la maniera arcaica; l’etrusco infatti, non distingueva i suoni /c/ e /g/ (rispettivamente gutturale sorda e sonora) e aveva un unico segno per indicarli. I Romani ripresero inizialmente questo uso e solo più tardi (nel III secolo a.C.), sotto l’influsso dell’alfabeto greco, introdussero il segno g per indicare il suono corrispondente alla lettera gamma greca (occlusiva sonora); tale lettera però non ebbe all’interno la stessa posizione che ha in quello greco (dove si trova al terzo posto).

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L’alfabeto latino fu fissato definitivamente intorno al I secolo a.C. in 23 lettere: dopo la lettera g, furono introdotte dal greco anche la y (o “i greca”), per indicare il suono della /u/ chiusa, e la z (aggiunta in coda all’alfabeto, dal momento che il sesto posto che essa occupa nell’alfabeto greco era stato preso dalla g). I Latini, inoltre, avevano un solo segno che rappresentava la /u/ sia vocale (/u/) sia semivocale (/v/): ad esempio si scriveva uiuo, e non vivo. I segni u e v furono distinti solo dal periodo Umanista da Pierre de la Ramée (1515-1572).

Fibula Prenestina (VII sec. a.C. - autenticità contestata): MANIOS MED FHEFHAKED NUMASIOI (= Manius me fecit Numerio) -> "Manio mi ha fatto per Numerio"
Fibula Prenestina (VII sec. a.C. – autenticità contestata): MANIOS MED FHEFHAKED NUMASIOI (= Manius me fecit Numerio) -> “Manio mi ha fatto per Numerio”

Dai più antichi esempi di scrittura latina giunti fino a noi (prima metà VII secolo a.C.) si ricava anche una diversa direzione della scrittura rispetto a quella in seguito consueta: nella cosiddetta “fibula prenestina” essa è disposta da destra verso sinistra, come nell’etrusco, cioè in senso retrogrado (o “sinistrorso”). Nel cippo del Foro Romano o nella lamina bronzea di Lavinio (coeva al cippo del Foro) essa ha invece un orientamento “bustrofedico” (così detto per la somiglianza con il tragitto che i buoi effettuano nell’arare i campi: dal greco bous, “bue”, e strépho, “volgo”), cioè cambia direzione a ogni riga, iniziando da destra verso sinistra e proseguendo poi da sinistra verso destra, quindi di nuovo da destra verso sinistra eccetera.

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Cippo Foro Romano (1)
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Cippo Foro Romano (2)

Accanto a una scrittura maiuscola (detta “capitale”), usata per le iscrizioni, era diffusa anche una scrittura di tipo corsivo per i testi privati e poi per quelli letterari. Solo più tardi una scrittura simile alla capitale epigrafica fu usata anche per la produzione libraria.

Fonti:
A. Traina, L’alfabeto e la pronuncia del latino, Bologna 1973
A. Petrucci, Breve storia della scrittura latina, Roma 1992

By Antonio Palo

Laureato in 'Civiltà Antiche e Archeologia: Oriente e Occidente' e specializzato in 'Archeologie Classiche' presso l'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'. Fondatore e amministratore del sito 'Storia Romana e Bizantina'. Co-fondatore e presidente dell'Associazione di Produzione Cinematografica Indipendente 'ACT Production'. Fondatore e direttore artistico del Picentia Short Film Festival.

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