Il banchetto

Nella tradizione letteraria romana dell’ultimo periodo della repubblica, frequenti sono i riferimenti agli Etruschi dediti ad una vita di feste e di mollezze.

Diodoro Siculo, erudito greco vissuto a Roma nel I sec. a.C., parlando del lusso degli Etruschi dice: «Essi abitano in una regione che produce di tutto e, impegnandosi nel lavoro, hanno frutti con cui possono non solo nutrirsi a sufficienza, ma anche concedersi una vita di piaceri e di lusso. Difatti per ben due volte al giorno apparecchiano una tavola ricca e vi mettono tutto ciò che serve a un lusso spinto, preparano coperte ricamate con motivi floreali, usano vasi d’argento di varie forme e sono serviti da molti domestici.»

Anche autori latini come CatoneLucullo, secondo vecchi suggerimenti moralistici, condannano un esagerato interesse per il mangiare e vedono nel corpo adiposo di alcuni personaggi sdraiati sui sarcofagi la peggior espressione del “grasso etrusco”.

Queste citazioni si riferiscono però agli ultimi tempi della cultura etrusca in quanto per i periodo più antichi le informazioni le abbiamo solo attraverso le fonti archeologiche.

La prima rappresentazione sicura di un banchetto la si ritrova sul coperchio di un vaso cinerario del VII sec. a.C. in cui appare un unico banchettante, un robusto signore con ampia veste, regalmente seduto su un trono. Dinanzi a lui c’è una tavola circolare con delle vivande, probabilmente pane, focacce e formaggio. A fianco della tavola un grande vaso forse contenente vino con acqua ed ai suoi piedi si intravede una treccia, appartenente probabilmente ad una schiava che faceva vento al padrone con un flabello.

Il cinerario apparteneva sicuramente ad un ricco signore ed è stato ritrovato nella valle del fiume Cecina, zona ricca di minerali, il che fa supporre che le ricchezze del defunto fossero collegate allo sfruttamento delle miniere della zona.

Dal VI secolo in poi scene di banchetto diventano molto frequenti nell’arte etrusca. I banchettanti non sono più rappresentati seduti ma sdraiati su un letto, da soli o in coppia, avvolti in una coperta. Questa abitudine la ritroviamo nello stesso periodo anche in Grecia (relativamente ai soli uomini) e diventerà un’espressione di lusso di una parte della società di quel tempo.

Rispetto al banchetto greco ci sono però delle differenze: le donne etrusche mangiano accanto al marito, gli uomini poggiano il gomito sinistro su di un cuscino, durante il banchetto c’è la presenza di animali come cani, gatti, gallinacei, topi (nelle scene greche si trovano solo cani) pronti a divorare i rifiuti del pasto che venivano buttati sul pavimento.
Dal V secolo in poi si assiste ad un cambiamento: la moglie che banchetta col marito non è più sdraiata ma seduta ai piedi del letto, abitudine che viene in ogni caso criticata da Aristotele e da molti altri scrittori greci e romani che, per offendere le donne e per indicare che erano di facili costumi usavano chiamarle etrusche.


l’etrusco ghiottone

Ma gli Etruschi erano davvero così mangioni? E, se è vero, cosa mangiavano?

Nulla in effetti lascia intravedere che la dieta etrusca fosse eccessiva, anzi recenti indagini paleonutrizionali su rinvenimenti della popolazione di Tarquinia e Pontecagnano dal VII al III sec. a.C. hanno rilevato, attraverso esami mineralogici ossei, che la dieta etrusca era prevalentemente “agricola” come quella dei Greci arcaici.

Alcuni ricercatori come G. Fornaciari e F. Mallegni, attraverso tecniche ultramoderne hanno rivelato che l’alto tasso di stronzio nelle ossa etrusche evidenzia una dieta ricca di vegetali, mentre il basso tasso di zinco conferma uno scarso consumo di carni, pesci e molluschi.

Nella zona del Gran Carro a Bolsena indagini archeologiche hanno dimostrato che i primi etruschi si cibavano in gran parte di farro, orzo, piselli, veccia, ghiande, cicoria, fave, fichi, prugnolo ed altri frutti selvatici, più latte e formaggi, mentre l’unico tipo di carne disponibile era quella di maiale.

Qualche secolo più tardi ai vari cereali si aggiunge il miglio. Tra i semi carbonizzati si è ritrovato anche quello del loglio, cereale capace di provocare convulsioni, segno questo che tutti i cereali erano coltivati insieme.

Data l’abbondanza di cereali la pietanza tradizionale etrusca era quindi la farinata ricordata anche da Giovenale. I cereali venivano tostati e poi macinati o pestati nel mortaio di pietra e con la farina si facevano delle polentine da mangiare con contorni di ortaggi cotti in acqua salata. Aglio e cipolla condivano i vari alimenti, ma la cipolla era mangiata cruda dai servi e cotta dai signori. Agli etruschi piacevano poi anche minestre di cavolo, rape, bietole e porro.

Il pane senza sale, mangiato anche a Roma, era probabilmente tipico della Tuscia, questa caratteristica del pane insipido è infatti tutt’ora rimasta nel Viterbese, in Umbria ed in Toscana.

Probabilmente gli etruschi conoscevano anche le castagne anche se questi frutti sono citati solo a partire dal I sec. a.C. (ma i Greci li conoscevano già dal 300 a,C,) in quanto tutta la zona dei monti Cimini nell’Amiata e a Viterbo è una zona ricca di castagni e il castagnaccio fiorentino e la minestra di castagne sono ricetti piuttosto antiche.

L’Etruria era comunque una zona molto ricca dal punto di vista agricolo e gli etruschi divennero ben presto esperti agricoltori tant’è vero che il miglior grano veniva dalle valli tra Chiusi e Arezzo, e Roma prese il grano proprio dalla Tuscia per rifornire la spedizione di Scipione l’Africano.

L’Etruria però era soprattutto la terra dell’olio e del vino. Per primi gli etruschi usarono l’olio per condire ed a conferma di ciò sulla targhetta di un’anfora si legge “Aska mi eleivana” ossia “sono un’anfora da olio”; il nome oliva deriva infatti da eleiva che a sua volta viene dal dorico-greco eleiwa; numerosi sono inoltre i noccioli di oliva trovati nelle tombe.

Per quanto riguarda il vino c’è da dire che la coltura della vite era già nota nel 900 a.C. e che il termine latino vinum deriva dall’etrusco uniom. Era famosa all’epoca l’uva di Todi, la “sopina” di Firenze e la talpona di Perugia; inoltre molte sono state le anfore ritrovate con tracce di zucchero e di pece.

Il vino era la bevanda più bevuta durante il banchetto e durante il simposio; al banchetto esso veniva mescolato con acqua in crateri o olle e naturalmente era una bevanda riservata ai ricchi. Nelle fonti letterarie sono frequenti gli apprezzamenti al vino etrusco e non mancano accenni alla sua esportazione.

Sapatro, commediografo del IV secolo, nell’opera “Le lenticchie” dirà: «prendo la mia porzione di carne e vado a prendere insieme con otto persone vino dall’Etruria!.»

Tra le carni, come già detto, spicca quella di maiale e quella di pecora, anche se nella tomba Golini I di Orvieto su una pittura murale si vedono una mezzena di manzo, un capriolo, una lepre ed alcuni volatili pronti per essere cucinati. La cacciagione è comunque riservata alle classi aristocratiche che mangiavano anche carne di cinghiale, di cervo, di capriolo, di lepre, di bue selvatico e di orso.

Sembra che gli etruschi si cibassero anche di ghiandaie, di corvi, di tassi, di arvicole e di topi di campagna. Lungo le coste e nelle tante lagune esistenti era naturalmente abbondante la pesca riservata ai più poveri.

Latte e formaggio erano comunque abbondanti e dove non si produceva vino si preparava latte fermentato usato come bevanda-alimento.


la cottura degli alimenti

Ma quali erano le tecniche di cottura degli alimenti?

Nelle capanne dell’età del ferro c’era un focolare centrale, nelle case in muratura il fuoco veniva acceso all’esterno e poi portato dentro solo quando non faceva più fumo.

Diffuso era l’uso di piccoli fornelli di terracotta aperti sotto e bucherellati sopra. Naturalmente nel periodo di splendore della civiltà etrusca le cose cambiarono e soprattutto nelle case dei ricchi furono costruite ampie cucine dove la preparazione degli alimenti, anche quella del pane, era accompagnata dal suono del flauto.

Da buoni orientali i Tusci amavano sfarzo e ricchezza per cui nella sala del banchetto si apparecchiavano sontuose tavole dove facevano bella mostra di sè eleganti bracieri e candelabri, vasellame prezioso e cuscini damascati.

Posidonio d’Apamea riferisce che «presso i Tirreni si apparecchiavano sontuose tavole due volte al giorno e si dispongono tappeti, fiori e coppe d’argento d’ogni specie…».

In realtà nulla sembra giustificare la fama di ghiottoni attribuita agli etruschi perché, a parte la ristrettissima cerchia di dignitari e di potenti, il popolo mangiava polentine, verdure, legumi, pane, olive (quelle cadute per terra), frattaglie, pesci in salamoia.

Con la fine poi della signoria etrusca il cibo di questo popolo amante del bello e della buona tavola diventerà il cibo del popolo romano.


due tipiche cene etrusche

Antipasto: olive nere, malve tenere in insalata, marinata cruda di pesci di Orbetello, melcas

Portata principale: minestra di cavolo ai porri, gallette all’antica con rape, zuppa di castagne, lardo cotto all’aneto, tonno alla griglia, pesce di Bolsena nella creta, porchetta con finocchio

Fine pasto: lagane dolci alle noci, uva, nocciole

Vino Est est est

Antipasto: uova bazzotte in salsa di pinoli, tortino di asparagi, pane all’uva, sampsa, muscari in tegame, frutte di mare in guazzetto

Portata principale: minestra di farricello, aragosta al miele, cinghiale della Tuscia, pollo farcito, apotermum, anatra in tegame, capretto allo spiedo

Fine pasto: sferette di castagne, uva passa, mele, crema dolce

Vini di Orvieto e Chianti

By Simone Riemma

Studente del corso in Civiltà Antiche ed Archeologia: Occidente dell'Università degli Studi di Napoli - Orientale. Sono CEO e founder dei siti: - www.storiaromanaebizantina.it assieme al mio collega dott. Antonio Palo (laurea in archeologia) - www.rekishimonogatari.it assieme alla dott.ssa Maria Rosaria Formisano (laurea magistrale in lingua e letteratura giapponese e coreana) nonché compagna di vita. Gestisco i seguenti siti: - www.ganapoletano.it per conto dell'Associazione culturale no-profit GRUPPO ARCHEOLOGICO NAPOLETANO Le mie passioni: Storia ed Archeologia, Anime e Manga.

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