Dopo la vittoria ateniese a Maratona la minaccia persiana non fu definitivamente scongiurata. Dario non aveva potuto attuare i suoi piani di rivincita nei confronti di Atene, e ad interrompere i preparativi di una nuova e grandiosa spedizione furono lo scoppio di due rivolte avvenute nel 486 a.C., a Babilonia e in Egitto, e la morte nello stesso anno del sovrano achemenide. Gli successe il figlio, Serse, il quale nei primi anni di regno si dovette occupare di sedare queste rivolte e fu solamente nel 483 che Serse iniziò i suoi propositi di conquista della Grecia con la preparazione di una gigantesca spedizione sia navale che terreste: infatti fece scavare un grande canale alla base del promontorio dell’Athos, nella regione Calcidica, e la costruzione di strade e ponti in Tracia. Nel 481, ad opera di Arpalo, venne costruito un doppio ponte di imbarcazioni nell’Ellesponto. La spedizione di Serse venne preceduta dall’invio di araldi presso le comunità greche con la tradizionale richiesta di terra e acqua in segno di riconoscimento dell’autorità persiana.
La risposta ai preparativi di Serse da parte delle potenti poleis greche, Atene e Sparta, le quali si sentirono maggiormente minacciata da un’invasione persiana, fu quella, nel 481, di un incontro di rappresentanti degli Stati greci presso l’Istmo di Corinto, con l’obiettivo di organizzare una difesa comune contro l’imminente invasione. Il risultato di tale incontro fu la creazione di una symmachia antipersiana, indicata con il termine di «lega ellenica», nella quale i membri si impegnavano reciprocamente a porre fine alle ostilità interne, a richiamare gli esuli politici e a punire quei Greci che si fossero schierati dalla parte dei Persiani.
A Sparta, principale potenza greca e leader della lega peloponnesiaca, venne conferito il comando supremo delle operazioni militari non solo terrestri ma anche navali.
Purtroppo non si conosce con precisione la composizione originaria di tale lega ellenica, ma si pensa che fosse formata da almeno una trentina di Stati greci: oltre ad Atene e alle poleis della lega peloponnesiaca, ne fanno parte alcune città insulari e dell’Eubea, e comunità della Grecia Centrale delle quali solamente Platea e Tespie rimasero fedeli all’orientamento anti persiano.
Gli appelli rivolti ad Argivi, Cretesi e Corciresi non ebbero esito: i primi subordinarono la loro partecipazione alla symmachia alla condizione di poter condividere il comando supremo con Sparta; i Cretesi si aggrappavano ad un responso dell’oracolo delfico che avrebbe raccomandato loro la neutralità; mentre ambiguo è il comportamento dei Corciresi, i quali ritardarono l’arrivo del contingente navale promesso in aiuto nella convinzione dell’inevitabile vittoria persiana.
Neppure gli appelli alle potenze greche d’occidente non ebbero un esito positivo: Gelone di Siracusa, mosse pretesa di comando delle operazioni militari, la quale venne rifiutata dagli ambasciatori della lega.
Apertamente filopersiana fu la posizione assunta dai Tessali, i cui dinasti, gli Alevadi, avrebbero partecipato alla decisione di Serse di attaccare la Grecia, mentre non è casuale che il santuario delfico, controllato da un consesso nel quale i Tessali detengono la maggioranza, abbia un ruolo non trascurabile, nello scoraggiare i propositi di resistenza ai Persiani.
In definitiva, questa occasione fu lontana dall’essere vista come unità nazionale, ma piuttosto come il trampolino di lancio nel confermare il ruolo predominante dei particolarismi e delle rivalità reciproche delle comunità greche.