La storia dei Parti ha inizio verso la fine del III secolo a.C, quando la parte orientale dell’Impero Seleucide cominciò ad essere interessata dall’arrivo di nomadi Sciti, i quali, condotti dal loro re Arsace, si stabilirono in quella che era la satrapia di Partia-Ircania, ad est del Mar Caspio. Occuparono poi tutta la regione, da cui successivamente presero il nome: le prime attestazioni del nome “Parti” sono sotto il regno del re partico Mitridate I (171-139 a.C.). Dal 166 a.C. i Parti cominciarono ad espandersi e scesero dal mar Caspio verso sud, complice anche il distaccamento delle varie unità politiche che si erano rese progressivamente autonome dal potere centrale seleucide. Nel luglio del 141 a.C i Parti entrarono nella capitale Seleucia-sul-Tigri, impadronendosi così della Babilonia che sarà per un certo periodo devastata da guerre tra i vecchi e i nuovi regnanti: soltanto dopo la morte di Antioco VII, i Parti vittoriosi si stabilirono definitivamente nella regione mesopotamica.
Mentre i Parti avevano molti problemi nella gestione politica della parte orientale dei loro domini – che per la presenza di tribù nomadi fu sempre instabile -, nella regione babilonese essi mantennero un buon grado di relazione con l’elemento locale: come già successo con gli Achemenidi e i Seleucidi, essi insediarono dei funzionari locali a capo delle singole città, mantenendo intatto il sistema di ripartizione feudale dei territori e i trattati bilaterali (privilegi in cambio di appoggio) che rendevano, almeno in politica estera, saldo il loro dominio. I Parti furono detti anche Arsacidi perché introdussero, affiancato al sistema di datazione dell’era seleucide, un altro basato sull’inizio del regno del “fondatore” della dinastia nel 171 a.C., Mitridate I, detto anche Arsace il Grande. Ulteriore elemento di instabilità erano le incursioni di tribù arabe provenienti da sud, che per un certo periodo frammentarono la bassa Mesopotamia in entità politiche indipendenti e in lotta tra loro: la riunificazione fu portata a termine da Artabane I (127-124 a.C.), che riconquistò anche Babilonia.
Il successivo sovrano Mitridate II (123-88 a.C.) concentrò invece la propria politica espansionistica ad ovest, strappando la città fortezza di Doura Europos ai Seleucidi. Nella titolatura regale i sovrani Parti adotteranno quello persiano-achemenide di “re dei re”. Per tutta la seconda metà del I a.C. i Parti si scontrarono più volte con i Romani, che avevano la Siria e controllavano di fatto anche l’Armenia. La linea di confine degli imperi era il fiume Eufrate.
Le continue battaglie con i Romani indebolirono sensibilmente l’Impero partico, che nel I secolo d.C. attraversò un periodo di crisi interna, guerre civili e (nuova) frammentazione politica. Il territorio dove c’era stata l’Assiria, divenuto provincia romana di Adiabene insieme a una parte dell’alta Mesopotamia, divenne nel II secolo una zona di confine nel quale passava il limes romano, cioè il confine fortificato. La capitale Seleucia fu saccheggiata e distrutta nel 165 d.C. sotto il regno di Marco Aurelio, e la sua biblioteca venne data alle fiamme. Il colpo di grazia ai Parti verrà nel 227 d.C.: approfittando delle lotte al potere tra Artabano V e Vologase, il re-vassallo iraniano Ardashir (a sua volta uscito vincitore tra dispute dinastiche locali) si proclamò re di Persia, dopo aver sconfitto sia i Parti che il loro re, Artabano V, quest’ultimo ucciso in battaglia.
Cosa cambia con la presenza partica nella Babilonia? La civiltà babilonese si avviava alla sua scomparsa: l’ultima tavoletta conosciuta scritta in cuneiforme, un testo astronomico, risale al 75 d.C.; ormai la popolazione parlava l’aramaico e il greco. All’epoca arsacide il personale del tempio dell’Esagila di Babilonia estende il suo controllo anche ad altri templi di altre città. Si segnala poi il restauro di vari monumenti di epoca babilonese e il palazzo d’estate di Nabucodonosor II. La cultura babilonese sopravvive comunque nel campo dell’astronomia e dell’astrologia, le cui conoscenze matematiche e profetiche (omina) divennero famose in tutte le regioni del Vicino Oriente fino a Roma. Premettiamo che le conoscenze storiche, architettoniche e artistiche dei Parti, sono condizionate dalla damnatio memoriae imposta dai loro ex vassalli e successori Sasanidi. Esse sono quindi limitate, oltre a fonti storiche esclusivamente non-partiche (per lo più romane), solo a regioni di confine (Hatra, Palmira) o al periodo immediatamente successivo al rovescio dinastico sasanide. Il rovesciamento da parte sasanide cambiò ulteriormente volto a Babilonia, cancellando quel poco che ancora rimaneva delle sue strutture sociali più antiche: cessa il culto ufficiale nell’Esagila e una sua parte fu occupata da costruzioni residenziali. Questo perché, anche se l’Impero sasanide (224-651 d.C.) aveva la sua capitale a Ctesifonte sul Tigri, non lontano da Babilonia, era però di cultura persiana, e pertanto si ricollegava (diversamente dai Parti) direttamente agli Achemenidi.
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