La Sardegna nel Neolitico
Doveroso per questo primo articolo dedicato alla Preistoria il dover accennare, seppur in maniera breve, al significato della parola “Neolitico” per poi passare ad esaminare in particolar modo l’area geografica della Sardegna, la seconda delle isole maggiori del Mare Mediterraneo, nonché culla di una delle civiltà più misteriose di sempre, quella Nuragica di cui si parlerà in altri articoli.
Alcune precisazioni per chi ovviamente non mastica i termini:
- facies: identifica il tipo di ceramica con caratteristiche omogenee tra loro
- BP – Before Present
1. IL NEOLITICO
Il termine “Neolitico” venne introdotto nel 1865 da John Lubbock (1834-1913), un archeologo britannico, per indicare il periodo successivo al Paleolitico caratterizzato dalla comparsa di strumenti in pietra levigata e dalla ceramica. Il termine deriva dalle due parole greche νέος (nèos, “nuovo”) e λίθος (lithos, “pietra”): l’età della nuova pietra’. Durante tutto il periodo del Neolitico avvengono una serie di innovazioni che interessano uno sviluppo sia tecnologico sia sociale sia ideologico. Nuove coltivazioni (cereali) e nuove specie animali (cane, pecora) vennero addomesticate e allevate. Le datazioni si attestano al 9000-6000 a.C.
2. LA NEOLITIZZAZIONE DELLA SARDEGNA
la neolitizzazione della Sardegna pare essere alquanto precoce sulla base delle datazioni radiometriche (Carbonio-14 (C14)), di cui la più antica finora attenuta è quella della Grotta di Su Coloru nel Sassarese (6830±80 BP). Sempre nel Sassarese è avvicinabile la datazione della Grotta di Filiestru a Bonu Ighinu (6710±75 BP) con la presenza della più completa serie stratigrafica del Neolitico Sardo.
Ad una prima fase del Neolitico Antico è riferita ceramica rinvenuta nello strato più basso e riconducibile alla facies della Ceramica Impressa medio-tirrenica, che si data dalla prima metà alla fine del VI millennio a.C. Le forme ceramiche comprendono olle con maniglie e soprattutto scodelle con decorazione sull’intera superficie; inoltre lo stesso tipo di ceramica si attesta nelle stratigrafie delle grotte Corbeddu e Rifugio di Oliena (Nuoro) e del Riparo Su Carroppu (Cagliari).
Dallo strato superiore al precedente invece è riferita un tipo di ceramica differenziata dalle precedenti, riferibile alla facies epicardiale, collocata nella seconda fase del Neolitico antico (V millennio a.C.). Questa ceramica si caratterizza per la decorazione cardiale o ovoide con due, tre o quattro maniglie ed è documentata nella Grotta Verde di Alghero e nella Grotta Sa Korona di Monte Majore (Sassari). Rare risultano invece le forme aperte come scodelle o tazze. Ad una terza fase del Neolitico antico è attribuita la facies di Filiestru, dall’eponima grotta.
Al Neolitico medio è riferita la facies di Bonu Ighinu documentata dalle stratigrafie delle grotte di Filiestru, Sa Korona, Su Coloru e Corbeddu. Sviluppatasi alla metà del V millennio a.C., si caratterizza per una ceramica di alto livello tecnologico e stilistico con vasi e ciotole a collo distinto, ciotole carenate, scodelle; le anse presentano un’appendice plastica zoomorfa o con raffigurazione incisa di un volto umano. La decorazione è graffita, sottilmente incisa; elaborati risultano i motivi impresso a minuto tratteggio o a puntini. Si segnalano le connessioni con la produzione peninsulare, in cui trovano riscontro le forme a collo distinto, le anse e i motivi decorativi anche se realizzati in tecniche diverse.
Tra la facies di Bonu Ighinu o Ozieri è stata collocata la facies di San Ciriaco, individuata nel sito eponimo a Terralba (Oristano) e in altri contesti di tutto il territorio. La ceramica è inornata con superfici lucidate e riscontrate in produzioni peninsulari di tipo chasseano e Diana.
Al Neolitico finale vi è lo sviluppo della facies di Ozieri, così denominata dalla grande abbondanza di materiali ritrovati nella Grotta di San Michele di Ozieri (Sassari) e ampiamente diffusa nel territorio insulare. Questa tipologia ha una lunga durata, dalla fine del IV ai primi del III millennio a.C. La produzione ceramica si distingue per la ricchezza e la varietà nelle decorazioni realizzate con varie tecniche sui vasi a collo, pissidi, scodelle. Inornati sono invece i tripodi. Tra le decorazioni compaiono figure antropomorfe stilizzate.
2.1 LE INDUSTRIE LITICHE
Nelle industrie litiche, nella fase più tarda e corrispondente allo sviluppo della facies di Ozieri, compaiono gli strumenti foliati; l’ossidiana risulta prevalente sulla selce. Precoce risulta l’attività metallurgica attestata dal rinvenimento di scorie di fusione di rame e argento.
2.2 RITUALI FUNERARI
La documentazione relativa ai rituali funerari prelude pratiche o strutture sepolcrali tipiche dell’età del rame: una deposizione secondaria di resti di numerosi individui è stata rinvenuta nella Grotta Rifugio di Oliena e tombe a grotticella artificiale sono comparse nella necropoli di Cuccuru S’Arriu di Cabras, alle pendici di un rilievo su cui si estende un abitato. Ceramica ritrovata nell’insediamento è analoga a quella rinvenuta nelle tombe e farebbe pensare ad una connessione tra abitato e necropoli. Le tombe contenevano un unico scheletro in posizione contratta; le tombe a grotticella sono costituite da una cella e da un pezzetto di accesso. Il rituale risulta ben documentato nella t. 387: il defunto, deposto sul fianco sinistro, aveva il braccio destro piegato con la mano aperta che doveva impugnare una statuetta. Il corredo era costituito da quattro vasi: due ciotole carenate contenete due conchiglie incrostate di ocra rossa, una ciotola a colletto e un boccale. Un mazzo di punte in osso era posto sopra la testa, altre quattro presso le ginocchia.
Alla facies di Ozieri o a quella di San Ciriaco sono riferite le prime utilizzazioni delle cosiddette “domus de janas” (case delle streghe o delle fate), tombe ipogee, destinate a sepolture collettive, con una complessa architettura.
Ben documentate in Sardegna sono le statuette femminili e distinte in due gruppi tipologicamente ben differenziati. Il gruppo “volumetrico-naturalistico” caratterizzato per il corpo obeso con grande testa cilindrica con evidenziati i lineamenti del viso e l’acconciatura; la posizione è stante, con la braccia aderenti ai fianchi, o seduta con le braccia piegate sotto il seno. Si distinguono la statuetta della t.386 di Cuccurru S’Arriu per un copricapo con una sorta di copriorecchi e la Kourotrophos di Sos Badulesos di Perfugas (Sassari) di cui rimane la parte inferiore. Sono tutte in pietra tenera, come la calcarenite; in granito è invece un esemplare di grandi dimensioni (58.5cm), con una fascia incisa all’altezza della vita rivenuta a Sa Mandata di Samassi (Cagliari). Il secondo gruppo comprende statuette a profilo geometrico di due tipi: “cruciforme” e “a traforo”. Il primo, si contraddistingue per la parte superiore del corpo a forma rettangolare o trapezioidale, cone seni ben evidenziati, e quella inferiore conica; è realizzata in pietra o in terracotta.Il secondo tipo, invece, presenta due intagli triangolare che staccano le braccia dal busto.