Alessandria d’Egitto [epoca romana]
STORIA
Alessandria d’Egitto fu la prima delle città omonime fondate da Alessandro Magno, che ne pose le fondazioni tra il 332 e il 331 a.C.
Dopo la morte di Alessandro a Babilonia nel 323 a.C., il suo corpo venne trasportato e seppellito nella città dal suo generale Tolomeo. Capitale del regno tolemaico ed erede dei traffici commerciali della fenicia Tiro, che era stata distrutta da Alessandro durante la lotta contro l’Impero persiano, divenne rapidamente una delle città più importanti del mondo ellenistico e più tardi una delle principali metropoli dell’antichità, seconda solo a Roma per grandezza e ricchezza. Il suo statuto era quello delle libere città greche e mantenne la sua assemblea cittadina sino alla conquista romana. L’autonomia le fu più tardi restituita sotto Settimio Severo.
Cesare vi soggiornò ospite della regina Cleopatra e dopo di lui Marco Antonio. Antonio e Cleopatra furono sconfitti da Ottaviano nella battaglia di Azio del 31 a.C., in seguito alla quale l’Egitto venne annesso a Roma, come provincia imperiale, governata ossia direttamente da incaricati dell’imperatore invece che del Senato. Questo più stretto controllo derivava probabilmente dalla grande importanza della nuova provincia nell’approvvigionamento di grano a Roma. La città divenne pertanto sede del prefetto d’Egitto, titolo che risente della soppressione della Bulé cittadina voluta da Ottaviano. In quest’epoca la città doveva raggiungere una popolazione di 300.000 abitanti liberi, a cui dovevano aggiungersi gli schiavi. Era la seconda città per numero d’abitanti dopo Roma.
La città ellenistica e romana
La città era suddivisa in tre principali quartieri: quello ebraico nella porzione nord-orientale della città, quello di Rakhotis verso est, occupato dagli Egiziani e il Brucheum, il quartiere greco o reale, che ne costituiva la parte più splendida.
L’impianto urbanistico, le mura, il porto
Le dimensioni della città furono già in partenza più grandi della media delle città antiche: secondo alcuni autori la cinta muraria avrebbe avuto un perimetro di 15 km. Le mura furono modificate già in epoca romana e una seconda cinta più ristretta fu costruita nell’XI secolo dal sultano Ahmad ibn Tūlūn, riutilizzando diversi blocchi di quella più antica.
Due strade principali bordate da portici colonnati, di cui si riferisce una larghezza di circa 60 m, si incrociavano ad angolo retto nel centro cittadino, vicino al punto dove sorgeva il “Soma”, il mausoleo di Alessandro e presso l’odierna moschea di Nabī Dānyāl (Nebi Daniel, “profeta Daniele). La linea della via est-ovest, la via “Canopica” è seguita oggi dal Boulevard de Rosette, dove sono state rinvenute tracce della pavimentazione e del canale vicino alla porta di Rosetta. Un resto consistente ne fu messo in luce nel 1899 da scavatori tedeschi all’esterno delle mura orientali, in un’area ben all’interno della città antica.
La diga dell’Eptastadio, il cui nome deriva dalla sua lunghezza di sette stadi, collegava l’isola di Faro alla terraferma, nel punto in cui oggi si apre la “Grande piazza” con la “Porta della Luna”. Il molo, che divideva i due porti occidentale e orientale, è oggi coperto dal moderno quartiere di Ras al-Tin, che occupa un istmo considerevolmente allargato.
Il porto occidentale (“di Eunostos”) era ampio, ma affiancato da scogliere situate sull’asse dell’isoletta di Faro, come ci racconta Strabone. Racchiudeva un porto più interno artificiale, il Kibôtos (“scatola rettangolare”). Oggi è stato obliterato dall’allargamento per la realizzazione del porto moderno.
Il porto orientale (“Gran Porto”) era protetto dallo sperone di Lochias a Est e dalla punta dell’isola di Faro a Ovest. L’entrata nel porto era pericolosa per la ristrettezza dell’imbocco e numerose navi greco romane naufragate tra il IV secolo a.C. e il VII secolo d.C. sono state scoperte in questa zona. Al suo interno, l’isola di Antirodi delineava una piccola baia detta “porto reale”.
Gli altri monumenti
I palazzi reali occupavano l’angolo nord-orientale della città, sul promontorio di Lochias che dominava il porto occidentale (nella moderna zona di Pharillon). La località è attualmente sotto il livello del mare, così come il “porto privato” e l’isola di Antirrhodos.
Il “Grande teatro” sulla moderna collina dell’Ospedale, nei pressi della odierna stazione Ramle. L’edificio era stato utilizzato da Cesare come fortezza. Nei pressi sorgeva il tempio di Poseidone o “tempio degli Dei Marini”. Proseguendo si incontravano il Timonium, costruito da Marco Antonio, e le strutture portuali. Dietro l’Emporium sorgeva il Cesareo, dove sorgevano i due grandi obelischi chiamati “aghi di Cleopatra”, oggi trasferiti a Londra e a New York: il tempio fu più tardi trasformato in basilica patriarcale e i resti giacciono sotto le case moderne.
Il Ginnasio e la Palestra si trovavano nella zona orientale della città, a una certa distanza dal mare, ma la loro posizione è sconosciuta. Sconosciuta è anche la posizione del tempio di Saturno.
Il Serapeo, dedicato al dio Serapide, era il più famoso dei templi della città e si trovava nella parte occidentale, nel quartiere egizio di Rhakotis, nei pressi della cosiddetta “Colonna di Pompeo”, un monumento eretto sulla bassa acropoli della città in onore di Diocleziano dopo il 297, costituito da una colossale colonna in granito alta circa 30 m.
Nei pressi, verso sud-ovest si trovano le catacombe egizio-romane di “Kom al-Shuqafa”, con camere con architetture scolpite nella roccia e sarcofagi.
Gli scavi del quartiere di “Kom al-Dik” hanno rivelato un piccolo teatro di epoca romana e i resti di terme.
Il Faro e la Biblioteca
Il celebre Faro di Alessandria, iniziato da Tolomeo I e completato da Tolomeo II, aveva un’altezza stimata di ben 135 m e poteva essere visto a 50 km di distanza. Le sue gigantesche proporzioni ne fecero una delle Sette meraviglie del mondo e dal suo nome deriva il termine che designa questo tipo di installazioni. Era costituito da un alto basamento quadrangolare che ospitava le stanze degli addetti e le rampe per il trasporto del combustibile. A questo si sovrapponeva una torre ottagonale e quindi una costruzione rotonda sormontata da una statua di Zeus o Poseidone, più tardi sostituita da quella di Helios. I resti della gigantesca costruzione, crollata probabilmente per un terremoto, sono oggi inglobati in un forte del XV secolo. Numerosissimi blocchi ed elementi architettonici sono stati recuperati in mare, insieme alle colossali statue di Tolomeo II e della moglie Arsinoe II, rappresentata come Iside.
Nell’isola sorgeva inoltre un tempio dedicato ad Efesto.
La non meno celebre Biblioteca di Alessandria fu istituita in epoca tolemaica ed era grandemente celebrata per la sua ricchezza e il grande numero di opere letterarie che vi si conservavano, stimate in circa 700.000 volumi. È diffusa la credenza che la Biblioteca sia andata a fuoco la prima volta per colpa delle truppe romane al seguito di Giulio Cesare, ma al tempo del Bellum Alexandrinum bruciò solo un deposito di copie destinate all’esportazione, mentre fu grande la distruzione attuata dai cristiani al tempo dell’imperatore Teodosio e quella organizzata dai musulmani che alimentarono per anni le terme con i libri raccolti. Un’altra parte (il Serapeum) fu distrutta dal fuoco nel corso del III secolo. Altri tumulti avvennero nel 415 e culminarono con la morte di Ipazia, donna famosa per la sua cultura e capo della scuola neoplatonica. La biblioteca venne distrutta in modo definitivo dopo la conquista islamica dell’Egitto, nel 639. Nel 642 o 646, la datazione è controversa, il destino della Biblioteca di Alessandria si compì tragicamente e definitivamente. La tradizione riferisce che il secondo califfo dell’Islam ʿUmar ibn al-Khaṭṭāb pronunciasse la famosa frase: “Se il contenuto dei libri si accorda con il Corano, noi possiamo farne a meno, dal momento che il libro di Allah è più che sufficiente. Se invece contengono qualcosa di difforme, non c’è alcun bisogno di conservarli.”. La parte relitta di quello che fu centro della cultura classica fu bruciata. Si dice che i rotoli furono usati come combustibile per i bagni termali di Alessandria, che, secondo Eutichio, erano circa quattromila, e ci vollero sei mesi per bruciarli tutti.
Gli scavi archeologici
Le prime ricerche furono condotte da D.G. Hogarth con l’appoggio dell’Egypt Exploration Fund e della Società per la promozione degli Studi Ellenici nel 1895 e altre indagini furono avviate da una spedizione tedesca negli anni 1898-1899. Gli archeologi si trovarono però subito di fronte a due principali difficoltà: in primo luogo a causa della grande crescita della città moderna gli spazi dove è possibile lo scavo sono piuttosto limitati e soprattutto a causa dei fenomeni di bradisismo la parte costiera della città antica è attualmente al di sotto del livello del mare.
Tuttavia Giuseppe Botti, direttore del museo, condusse indagini nei pressi dei “Pilastri di Pompeo”, che condussero al rinvenimento delle sostruzioni di un grande edificio con vasti spazi sotterranei, che è stato ipotizzato fosse il Serapeo. Un grande toro in basalto, oggi conservato nel museo, potrebbe esservi appartenuto.
Più tardi catacombe e tombe furono scoperte a “Kore al-Shuqafa”, a Hadra e a “Ra’s al-Tin”. I tedeschi rinvennero quindi nella zona nord-est della città i resti di un colonnato tolemaico e di strade, mentre Hogarth esplorò una grande costruzione in mattoni presso Kom al-Dik, variamente interpretata.