1/5) 238 d.C.: Roma – Il palazzo imperiale viene assalito dalla Guardia Pretoriana che, senza trovare alcuna resistenza, uccide i due imperatori augusti e senatori Pupieno e Balbino, che subiscono anche la damnatio memoriæ. Il cesare Gordiano III viene proclamato unico imperatore.
L’elezione da parte del Senato di due senatori alla guida dell’Impero aveva riacceso le rivalità tra Senato ed esercito: il primo sosteneva i duumviri, il secondo il giovane Gordiano III, che godeva di grande popolarità in quanto nipote dei due Gordiani che si erano ribellati all’autorità dell’usurpatore Massimino il Trace, assassino di Alessandro Severo. Se per qualche mese si era giunti ad un compromesso tra le parti (con la nomina di due augusti e un cesare), la goccia che fece traboccare il vaso fu la nomina di Pinario Ralente (zio del duumviro Pupieno) alla prefettura del pretorio, che impose una politica rigidamente deflazionistica e un programma di assoluta marginalizzazione dell’esercito. Lo strapotere degli eserciti, come dimostrato dalla ribellione di Massimino e confermato dall’assassinio di Pupieno e Balbino, sarà solo l’inizio di un lungo periodo di instabilità politica nell’Impero, la cosiddetta “anarchia militare“.
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2/5) 370 d.C.: Viene emanato un editto da parte dell’imperatore Valentiniano I indirizzato a papa Damaso, che vieta ad ecclesiastici e monaci (in un secondo tempo anche vescovi e monache) di perseguire vedove ed orfani nella speranza di ottenere da loro regali e lasciti. Lo stesso papa impone che la legge fosse strettamente osservata, al fine di fronteggiare il crescente sfarzo del clero romano (condannato anche da San Girolamo).
3/5) 563 d.C.: Verona – La città di Verona, una delle ultime roccaforti ostrogote a cadere nella guerra greco-gotica, insorge contro l’Impero d’Oriente. La rivolta viene repressa nel sangue. A guidare la sedizione gotica, iniziata nel 561, sarebbe stato un tale conte Guidino, superstite dell’alleanza franco-gotica (Amingo e Widin) sconfitta dal generale Narsete nei pressi del fiume Adige.
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4/5) 1014 d.C.: battaglia di Kleidion, fortezza sul fiume Strimone (Tracia) – Tre eserciti bizantini, guidati rispettivamente dall’imperatore Basilio II in persona, dallo stratego di Filippopoli Niceforo Xiphias, e dallo stratego di Tessalonica Teofilo Botaniate attaccano congiuntamente un esercito di 20.000 Bulgari che avevano invaso la Tracia: lo stratego di Filippopoli aggira le fortezze bulgare sullo Strimone, puntando verso il monte Belasitsa che governava la vallata e lo espugna. I Bulgari si trovano circondati su tre parti e sono costretti ad abbandonare precipitosamente la vallata, incalzati dalle truppe congiunte del basileus che la risalivano, da quelle di Xiphias che scendevano dalla montagna e controllati a distanza, da quelle dello stratego di Tessalonica. Tra i Bulgari si diffonde il panico e lo sbandamento: almeno 6.000 guerrieri muoiono sul campo di battaglia, mentre gli altri (14.000) si trovano costretti alla resa. Nella confusione più totale lo stesso zar di Bulgaria, Samuele, che era presente sul campo di battaglia, scampando per un pelo alla cattura, fugge precipitosamente da solo e utilizzando il cavallo di suo figlio.
Il trattamento riservato ai 14.000 prigionieri fu spietato: per vendicare la morte sul campo di battaglia di Teofilo Botaniate, Basilio II fece dividere in gruppi da cento uomini tutti i prigionieri bulgari, e novantanove a gruppo furono accecati e il centesimo del gruppo veniva accecato dell’occhio sinistro in modo che egli potesse condurre gli altri compagni verso la Bulgaria. Per questa vittoria, e per ciò che fece ai 14.000 bulgari, Basilio II passerà alla storia con il soprannome di Bulgaroctono, “lo sterminatore di Bulgari”.
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5/5) 1285 d.C.: Venezia – Viene ratificato il trattato siglato il 15 luglio a Costantinopoli, nel palazzo delle Blacherne, tra la Repubblica di Venezia e l’Impero bizantino. Con il seguente trattato l’Impero si impegnava a dismettere la sua flotta militare (allora composta da circa 80 navi) e a sostituirla con una interamente veneziana e genovese. Andronico II, riluttante verso questo accordo, si lascia persuadere dai suoi consiglieri a smantellare la flotta, ritenendo che Veneziani e Genovesi potessero benissimo provvedere alla difesa delle acque imperiali.
«Gli equipaggi delle sfortunate navi da guerra, avendo poche speranze di trovare un impiego alternativo, presero servizio presso Genovesi, Veneziani, Turchi, o si unirono alle bande internazionali di pirati del mar Egeo. Probabilmente questo gesto provocò dei risultati immediati, ma ben presto si rivelò miope e in ultima analisi disastroso. A poco a poco Costantinopoli arrivò a dover dipendere del tutto dagli Italiani per la sua esistenza oltre che per la difesa.» [Nicol, 2001]
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