Tra il VI e il VII secolo, sul piano formale, Roma apparteneva ancora all’Impero d’Oriente, e il suo vescovo era un suddito dell’imperatore bizantino. Il ruolo di Roma non era però equiparabile a quello di nessuna altra sede vescovile: essendo già stata l’antica capitale imperiale (avendo pertanto una grande importanza storica), sin dalle prime invasioni i suoi vescovi avevano ricoperto un ruolo non più gestito da un’autorità imperiale in declino, ossia svolgendo un importante ruolo politico e diplomatico che aveva assicurato – nel limite del fattibile – la difesa della città e la tutela dei suoi abitanti. Oltre al potere politico, la chiesa di Roma possedeva un vasto patrimonio di terre e beni che si andava ad incrementare nel corso del tempo: gran parte di questi erano appartenuti ad esponenti di spicco dell’alta società romana che, entrando a far parte della gerarchia ecclesiastica, lasciavano in eredità o donavano le loro proprietà alla stessa Chiesa, il cui patrimonio era gestito e tutelato dal vescovo di Roma. Le ragioni del prestigio di Roma sono anche dovute a motivazioni religiose: a Roma era infatti morto l’apostolo Pietro, cui Gesù aveva affidato il ruolo di capo supremo della Chiesa, e dunque il vescovo di Roma si considerava depositario di questo potere conferito da Cristo stesso. Per questi motivi insomma l’autorità e il prestigio della Chiesa di Roma erano in continua crescita e per questo sempre meno dipendenti dal controllo dell’imperatore.

Se alcuni episodi avevano in precedenza messo a serio rischio i rapporti tra Roma e Costantinopoli, un’accelerazione fluida si ebbe con l’invasione dei Longobardi. Fu subito chiaro, come già verificatosi nella guerra greco-gotica, che i Bizantini non erano in grado di contrastare l’avanzata longobarda e di garantire la difesa del territorio di Roma e del Lazio, dove si concentravano le principali proprietà ecclesiastiche. La strategia di difesa romana fu innanzitutto improntata alla ricerca di nuovi e più potenti alleati e interlocutori che si facessero garanti della sua salvaguardia: già alla fine del VI secolo il papa iniziò a prendere contatti diplomatici con i re franchi, chiedendo e ottenendo un loro intervento militare in Italia contro i Longobardi.

La figura più importante fra i papi dell’età longobarda è quella di Gregorio I, detto Magno (590-604). Questi diede grande impulso al progressivo sganciamento dell’autorità pontificia dal controllo dell’imperatore e del patriarcato di Costantinopoli. In secondo luogo egli realizzò anche un programma amministrativo che permise alla Chiesa di Roma di provvedere da sé anche all’approvvigionamento e alla difesa militare delle città, facendosi carico di questioni che la lontana autorità bizantina non era in grado di garantire o risolvere in maniera efficace. I contatti diplomatici avviati da Gregorio ebbero risonanza in tutto l’Occidente anche sul piano religioso: durante il suo pontificato vi furono le prime aperture longobarde al cattolicesimo, favorite dalla regina Teodolinda, moglie del sovrano longobardo ariano Agilulfo; nel 595 poi partì una missione diretta in Inghilterra con lo scopo di convertire Angli e Sassoni, che nel 601 fondò con il monaco Agostino a Canterbury la prima sede episcopale in territorio britannico (ancora oggi la più importante del Paese, sede del primate anglicano).

I rapporti fra Papato e Impero peggiorarono sensibilmente all’inizio dell’VIII secolo, quando in Oriente prese piede il movimento degli iconoclasti, che considerava il culto prestato alle immagini sacre un residuo della religione pagana. Gli imperatori bizantini ebbero un atteggiamento che a seconda dello stesso personaggio al trono alternava le posizioni favorevoli o di condanna in merito, mentre il papa di Roma condannò come eretica la dottrina: la presa di posizione ebbe implicazioni anche politiche. Scegliendo una linea di opposizione all’imperatore, per quanto suddito, il papa intendeva sottolineare infatti la sua assoluta indipendenza dall’autorità orientale. Episodio rivelatore di rottura in tal senso potrebbe essere proprio l’ultima visita di una papa alla corte d’Oriente, nel 711: da quell’anno in poi nessun pontefice romano si sarebbe recato lì o avrebbe accettato di prendere ordini dall’imperatore. La definizione delle rispettive sfere di influenza rimase legata comunque all’ambito geografico e politico: se il papa agiva incontrastato in Italia, lo stesso imperatore dal canto suo contribuì a portare sotto il controllo del patriarcato di Costantinopoli alcune regioni precedentemente collocate sotto la giurisdizione ecclesiastica romana (come la Grecia e la Macedonia). Un discorso del genere può essere esteso anche alla nomina della massima autorità religiosa dell’Impero, dipendente dallo stesso imperatore che poteva così controllare il potere religioso più di quanto non potesse fare con la lontana Roma. Alla frattura politica tra i due poteri fece così seguito una separazione religiosa che portò le due chiese cristiane a delinearsi indipendenti tra loro.

Il problema politico e religioso raggiunse il culmine nell’anno 712. Mentre a Costantinopoli infuriavano i contrasti civili legati alla questione iconoclasta, in Italia salì al trono longobardo Liutprando, la cui politica aggressiva contro Roma stravolse i precari equilibri degli anni precedenti. Le motivazioni che spinsero il re longobardo ad attaccare il ducato romano sembrano essere legate a ragioni di carattere politicamente più pratico (continuità territoriale): i territori della Chiesa infatti si interponevano tra territori longobardi dell’Italia centro-settentrionale a quelli più meridionali (ducati di Spoleto e Benevento), con questi ultimi che godevano di larga autonomia al punto da non riconoscere l’autorità del re. Le politiche di Liutprando riuscirono ad essere arginate dagli sforzi congiunti di papa, imperatore d’Oriente e duchi longobardi ribelli. La ritirata del re verso nord (728) segnò però un punto di svolta, che per quanto piccolo ha una sua importanza cruciale: Liutprando donò alla Chiesa il castello di Sutri insieme ad alcuni villaggi conquistati durante le campagne militare a danno dei Bizantini. Donando territori che appartenevano formalmente all’Impero, il re longobardo mostrava di considerare il papato come un’autorità autonoma (sganciato dalla subordinazione all’imperatore), ma soprattutto pose le basi dell’autonomia politica dei pontefici di Roma.

Una nuova crisi politica si ebbe nel 751, quando il re Astolfo riuscì ad espugnare Ravenna, il principale centro bizantino della penisola italiana. Il significato di questa conquista fu altamente simbolico: da un lato rendeva chiaro l’abbandono bizantino e la sua perdita di interesse nello scacchiere politico italiano, dall’altro fece sì che anche la stessa Roma iniziasse a sentirsi in pericolo. Il papa Stefano II, salito sul soglio pontificio nel 752, agì di conseguenza: egli riprese i contatti con la monarchia franca. Perché i Franchi furono scelti come interlocutori privilegiati: essi erano cattolici, la Chiesa di Roma era presente in modo capillare nei territori del loro regno, e soprattutto, i Franchi erano la maggiore potenza militare dell’Occidente. La consacrazione di Pipino il Breve a re dei Franchi da parte del papa fu solo il primo passo di un rafforzamento delle suddette relazioni: il riconoscimento papale di Pipino valse alla Chiesa l’impegno del re franco a scendere in Italia contro i Longobardi. Così tra il 754 e il 756 Pipino liberò Ravenna e il suo entroterra; anche lui, come nel caso di Sutri, non restituì i territori occupati all’Impero d’Oriente, ma li donò invece al papa, che vide accrescere i possedimenti da lui controllati. Grazie alle donazioni di Liutprando prima e di Pipino poi la Chiesa controllava ormai una striscia di territori che si estendevano dal Lazio fino alla Romagna. Nacque così il “Patrimonio di San Pietro” (denominazione che già designava dal IV secolo le donazioni fondiarie alla Chiesa), il primo nucleo del futuro Stato della Chiesa.

L’asse Roma-Bisanzio fu presto sostituito da quello Roma-Parigi, che durerà per secoli e che segnerà i destini differenti di Oriente e Occidente. La consacrazione papale dell’autorità franca e l’autonomia del papato furono proprio alla base di questa solida alleanza.

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By Antonio Palo

Laureato in 'Civiltà Antiche e Archeologia: Oriente e Occidente' e specializzato in 'Archeologie Classiche' presso l'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'. Fondatore e amministratore del sito 'Storia Romana e Bizantina'. Co-fondatore e presidente dell'Associazione di Produzione Cinematografica Indipendente 'ACT Production'. Fondatore e direttore artistico del Picentia Short Film Festival.

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