TERMINE
Il termine latino Damnatio Memoriae nel suo significato italiano significa letteralmente ‘condanna della memoria’. Nel corpus del diritto romano, con tale termine, si andava ad indicare una pena consistente nella cancellazione della memoria di una persona e della distruzione di tutte le tracce della sua esistenza che potesse essere tramandata ai posteri. Questa pensa venne utilizzata dal Senato di Roma contro gli hostes, ossia i nemici reali o presunti o divenuti tali dopo essere caduti in disgrazia del potere politico.
La damnatio memoriae in eta’ repubblicana
Durate in periodo repubblicano la pena poteva essere inflitta ad una maiestatis e prevedeva l’abolitio nominis: ossia il prenomen della persona colpita non si sarebbe più tramandato alla famiglia e sarebbero stati cancellati tutti i ricordi da iscrizioni e raffigurazioni del condannato. alcune volte a questa pena, se il Senato era positivo, poteva seguire la rescissio actorum, ossia la completa distruzione di tutti gli atti/opere realizzate dal condannato nell’esercizio della propria carica poiché diveniva un pessimo cittadino. Se veniva applicato durante la vita, questa condanna sanciva una vera e propria morte civile.
la damnatio memoriae in epoca imperiale
Durante tutto il periodo imperiale la pratica però subì un processo di degenerazione, e giunse a colpire anche dopo la morte persino la memoria degli imperatori spodestati o uccisi. La pena comportava la cancellazione del nome da tutte le iscrizioni e le raffigurazioni dalle opere pubbliche con l’abbattimento delle statue, monumenti e lo sfregio del ritratto sulle monete.
persone colpite da damnatio memoriae
- Seiano
- Caligola
- Cornelio Gallo
- Agrippina minore
- Nerone
- Vitellio
- Otone
- Domiziano
- Avidio Cassio
- Commodo (poi revocata, e sostituita dall’apoteosi)
- Bruzia Crispina
- Didio Giuliano
- Pescennio Nigro
- Clodio Albino
- Geta
- Fulvia Plautilla
- Macrino
- Eliogabalo
- Giulia Soemia
- Aquilia Severa
- Giulia Mamea
- Massimino Trace
- Treboniano Gallo
- Emiliano
- Cornelia Supera
- Caro
- Numeriano
- Carino
- Massimiano
- Massimino Daia
- Massenzio
- Licinio
- Fausta
- Crispo
- Costantino II
- Foca
esempi di damnatio memoriae
1/2) Nerone: Sicuramente il caso di Damnatio Memoriae più famoso e noto a tutti. Nerone (Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico, nato come Lucio Domizio Enobarbo) fu il quinto e ultimo imperatore della dinastia Giulio-Claudia, e regnò dal 54 al 68 d.C. Succeduto al padre adottivo Claudio, il suo regno fu molto controverso; ebbe alcuni innegabili meriti, soprattutto nella prima parte del suo impero, quando governava con la madre Agrippina e con l’aiuto di Seneca, filosofo stoico, e di Afranio Burro, prefetto del pretorio, ma fu anche responsabile di delitti e atteggiamenti dispotici. Nerone fu considerato un tiranno e un folle, ma non pare che avesse problemi mentali, né che fosse particolarmente crudele, o perlomeno era assai simile ai predecessori Tiberio e Claudio. Furono Tacito, senatore e nemico di Nerone, Svetonio e gli storici cristiani a rivestirlo della ‘leggenda nera’ che ancora lo accompagna, soprattutto quella che lo vuole folle incendiario (incendio di Roma del 64 d.C.). È innegabile che fu responsabile di gravi persecuzioni (martirii di San Pietro e Paolo), ma in maniera simile ad altri governanti. Nella dinastia giulio-claudia erano all’ordine del giorno gli omicidi fra parenti (fece uccidere la madre Agrippina Minore). Sui delitti di Nerone molto si è detto: spesso si tratta di falsi storici, delitti ed esecuzioni volti a difendere la propria persona da possibili congiure (la congiura di Pisone e altri senatori che doveva avvenire nel 65 d.C. le cui motivazioni erano per rancori personali nei confronti dell’imperatore), assassinii voluti da altri in nome suo. Alla sua morte il Senato decretò la Damnatio Memoriae ma ne permise tuttavia i funerali in forma privata. Tutti i suoi monumenti onorari, come la colossale statua in bronzo che si trovava nei pressi dell’Anfiteatro Flavio o l’arco di trionfo fatto costruire dal Senato nel 58 d.C. in seguito al successo sui Parti, vennero tutti distrutti.
2/2) Commodo: Questo è l’unico esempio di Damnatio Memoriae trasformata in apoteosi. Cesare Lucio Marco Aurelio Commodo Antonino Augusto, nato Lucio Elio Aurelio Commodo, è stato un imperatore romano, membro della dinastia degli Antonini; regnò dal 180 al 192. Figlio dell’imperatore filosofo Marco Aurelio, avverso al Senato e da questi odiato, governò in maniera autoritaria, esibendosi anche come gladiatore e in prove di forza, e facendosi soprannominare l’ ‘Ercole romano’. Nonostante la fama di despota, Commodo esercitò un’ampia tolleranza religiosa, ad esempio ponendo fine alle persecuzioni contro i cristiani dopo alcuni anni dall’ascesa al trono, le quali ricominciarono dopo la sua morte. Egli stesso praticò culti orientali e stranieri. Il regno di Commodo diede anche un nuovo impulso alle arti, che si svilupparono rispetto all’arte dei primi Antonini. Durante il suo regno eresse vari monumenti celebranti le imprese del padre Marco Aurelio, tra i quali la Colonna Aureliana, e forse completò anche la statua equestre di Marco Aurelio che si trova oggi sul Campidoglio. Amato dal popolo e appoggiato dall’esercito, al quale aveva elargito consistenti somme di denaro, riuscì a mantenere il potere tra numerose congiure, fino a quando venne assassinato in un complotto ad opera di alcuni senatori, pretoriani e della sua amante Marcia, finendo strangolato dal suo maestro di lotta, l’ex gladiatore Narcisso. La notizia della morte del Principe spinse il Senato ed il popolo a chiedere che il cadavere fosse trascinato con un uncino e precipitato nel Tevere, così come voleva un’antica usanza per i nemici della Patria. Pertinace diede tuttavia incarico affinché Commodo fosse segretamente sepolto nel mausoleo di Adriano. Avutane notizia, il Senato dichiarò allora Commodo hostis publicus e ne decretò la Damnatio Memoriae: venne ripristinato il nome corretto delle istituzioni, mentre le statue e gli altri monumenti eretti dall’Imperatore defunto venivano abbattuti. Appena due anni dopo tuttavia, nel 195, l’imperatore Settimio Severo, cercando di legittimare il proprio potere ricollegandosi alla dinastia di Marco Aurelio e in aperta contrapposizione con il Senato, riabilitò la memoria di Commodo, ordinando che ne fosse decretata l’apoteosi. Commodo passò quindi dall’essere un nemico dello Stato alla condizione di divus, con un apposito flamine preposto al proprio culto.
« Che il ricordo dell’assassino e del gladiatore sia cancellato del tutto. Lasciate che le statue dell’assassino e del gladiatore siano rovesciate. Lasciate che la memoria dell’osceno gladiatore sia completamente cancellata. Gettate il gladiatore nell’ossario. Ascolta o Cesare: lascia che l’omicida sia trascinato con un gancio, alla maniera dei nostri padri, lascia che l’assassino del Senato sia trascinato con il gancio. Più feroce di Domiziano, più turpe di Nerone. Ciò che ha fatto agli altri, sia fatto a lui stesso. Sia da salvare invece il ricordo di chi è senza colpa. Si ripristinino gli onori degli innocenti, vi prego. » |
(Historia Augusta, Commodo, 19.1.) |