1/2) 363 d.C.: Seleucia-Ctesifonte – L’imperatore Giuliano giunge fino alle mura della capitale sasanide e affronta in battaglia un contingente nemico numericamente superiore e dotato di un gran numero di cavalieri armati pesanti (clibanarii e cataphracti) e arcieri, disposti rispettivamente al centro e ai lati dello schieramento, nonché di elefanti da guerra. La battaglia viene vinta dai Romani grazie alla tattica di Giuliano che fa disporre i soldati nella formazione “a mezzaluna”, che evitava l’accerchiamento e sua volta lo consentiva nei confronti del nemico. Le offerte di pace del re sasanide Sapore/Shapur II vengono respinte da Giuliano, che era intenzionato a conquistare la capitale nemica e fregiarsi del titolo di Parthicus. L’assedio si rivela infruttuoso e l’esercito romano, privo di rifornimenti e non raggiunto da nord dalle truppe del generale Procopio e del re d’Armenia (alleato di Roma), è costretto a ritirarsi entro l’Impero, anche per evitare un contrattacco sasanide, dato che il grosso dell’esercito con a capo lo stesso Sapore II era lontano dal luogo di battaglia e non era stato impegnato fino ad allora in alcuno scontro.
«La città e gli edifici sono miei, ma i prigionieri e il bottino, i tesori d’oro e di bellezza li lascio al vostro valore: siate ricchi e siate felici. Molte sono le province del mio impero: l’intrepido soldato che arriverà per primo sulle mura di Costantinopoli sarà ricompensato con il governo di quella più bella e più ricca, e la mia gratitudine accumulerà i suoi onori e i suoi beni oltre la misura delle sue stesse speranze.» Maometto II
«Darti la città, non è decisione mia né di alcuno dei suoi abitanti; abbiamo infatti deciso di nostra spontanea volontà di combattere, e non risparmieremo la vita.» Costantino XI Paleologo
1453 d.C.: Costantinopoli – Maometto II decide di sferrare l’attacco generale alla capitale bizantina. La sera della vigilia, mentre il sultano preparava le sue truppe alla battaglia, Greci e Latini assieme avevano celebrato a Santa Sofia la loro ultima funzione religiosa. Dopo la funzione i soldati tornano alle loro postazioni e per tutta la notte l’imperatore Costantino XI Paleologo ispeziona le fortificazioni. Alle prime ore dell’alba ha inizio la battaglia, con la città che viene attaccata da tutti e tre i lati. I difensori resistono, contro ogni aspettativa, a lungo all’assalto e respingono i nemici. Allora Maometto II ricorre alle sue truppe di riserva, i reparti di elite, le schiere dei Giannizzeri, e dopo una dura lotta queste truppe scelte dell’armata ottomana riescono a scalare le mura. Il comandante delle truppe, il genovese Giustiniani Longo, che combatte a fianco dell’imperatore, nel momento decisivo viene mortalmente ferito e deve essere portato via: la sua scomparsa crea confusione nel campo di battaglia per i difensori, e così, complice una progressiva ritirata, si accelera l’espugnazione turca. L’imperatore Costantino XI combatte fino all’ultimo momento e nella battaglia trova la morte che tanto cercava. La città viene sottoposta ad un saccheggio che durerà tre giorni: vengono distrutti beni di inestimabile valore, monumenti d’arte, manoscritti, immagini sacre e arredi vari. Maometto II entra nella città conquistata e si proclama Basileus (“imperatore (dei Romani, ndr)”), sottolineando un’alquanto contraddittoria continuità ideologica tra l’Impero bizantino e quello ottomano. Costantinopoli, cambiando completamente assetto urbano e volto, diviene la capitale dell’Impero ottomano.
La popolazione viene decimata dai vincitori. Le principesse della famiglia imperiale riescono a fuggire a bordo di una nave e si rifugiano in Occidente; i Veneziani di Girolamo Minotto con i resti di quella che era la flotta si imbarcano verso Venezia con le navi stracolme di profughi, i Genovesi si rifugiano nella colonia di Galata, sulla sponda opposta del Corno d’Oro. La basilica di Santa Sofia viene trasformata in una moschea e una buona parte dei mosaici dorati che la decoravano verranno coperti da uno strato d’intonaco.
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