Nei primi secoli della sua storia Roma era governata da un rex, ma l’ordinamento monarchico (regnum) fu presto abbattuto dai capi delle famiglie romane più influenti, i patres familias, che iniziarono una gestione collettiva del potere (res publica, lett. “cosa pubblica, del popolo”) basata su un consiglio di anziani (senatus), sei magistrature ordinarie a termine e tre assemblee popolari composte secondo criteri diversi.
Il Senato, nato in età monarchica, fu il più importante organismo politico della Roma repubblicana. Diventavano senatori a vita (senatores o patres conscripti) coloro che avevano ricoperto le magistrature maggiori, normalmente membri delle famiglie più illustri e più ricche, talvolta però anche homines novi, ossia coloro che, come Mario e Cicerone, erano riusciti ad accedere al consolato pur non potendo vantare antenati che avessero a loro volta esercitato la massima carica. Il numero dei senatori variò nel tempo dai 30 originari fino a 600. Le sedute del Senato erano convocate dai consoli o dai pretori ed erano presiedute dal membro più anziano e autorevole (princeps senatus). Il Senato esprimeva le proposte di legge da far votare nei comizi, controllava le finanze, stabiliva l’assegnazione di province e reclutava l’esercito. Con una particolare deliberazione (senatusconsultum ultimum) il Senato poteva, in caso di grave pericolo per lo Stato, conferire pieni poteri a un dittatore o anche a uno o più magistrati ordinari.
L’elezione dei magistrati e l’approvazione delle leggi spettavano alle assemblee popolari (comitia), che venivano convocate con diversi giorni d’anticipo dal magistrato che poi le presiedeva, e che si tenevano nel Foro o nel Campo Marzio. Esistevano a Roma tre diverse assemblee: i comizi curiati, centuriati e tributi.
I comizi curiati (comitia curiata), istituiti anch’essi in epoca regia, erano la forma assembleare più antica, in cui si riunivano in origine solo i patrizi, divisi in 30 curiae, 10 per ognuna delle tre antiche tribù gentilizie. In età repubblicana questi comizi avevano ormai scarsa importanza: si limitavano a ratificare formalmente (con la lex curiata de imperio) la nomina dei magistrati maggiori e si occupavano di questioni religiose o di diritto privato, come adozioni o testamenti.
I comizi centuriati (comitia centuriata) erano l’assemblea popolare più importante dell’età repubblicana. Vi si riunivano tutti i cittadini in armi con più di 17 anni divisi in centuriae, gruppi distinti su base censitaria in cinque classi che servivano per il reclutamento militare. La prima classe, pur numericamente esigua, forniva all’esercito la maggioranza assoluta delle centurie (98 su 195) e, poiché nelle votazioni ogni centuria contava un voto, essa possedeva da sola la maggioranza assoluta dei suffragi. Inoltre la prima classe votava per prima e, poiché le votazioni si interrompevano una volta raggiunta la maggioranza, alle altre non era concesso il più delle volte nemmeno di esprimere il proprio parere, seppur minoritario. I comizi centuriati erano convocati da consoli e pretori e avevano funzioni di rilievo: eleggevano i magistrati maggiori (consoli, pretori e censori), approvavano le leggi presentate dai magistrati o dal Senato e ratificavano le dichiarazioni di guerra e i trattati.
I comizi tributi (comitia tributa), infine, comprendevano tutti i cittadini, divisi in 35 tribù territoriali (4 urbane e 31 rustiche) sulla base del luogo di abitazione. Convocati dai tribuni della plebe e poi anche dai consoli e dai pretori, i comizi tributi eleggevano alcune magistrature minori (questori, edili) e prendevano provvedimenti legislativi di minore rilevanza.
Esistevano infine le assemblee della plebe (concilia plebis) in cui si eleggevano i tribuni della plebe e gli edili plebei e si prendevano decisioni (plebiscita) che dal III secolo a.C. ebbero valore di legge per tutta la popolazione.