Etruscologia e Archeologia Italica

La pittura e la ceramografia etrusca

Età Geometrica. Le più antiche testimonianze in Etruria di elaborazione decorativa complessa sono risalenti all’età del ferro, di tipo geometrico, tramandate delle urne cinerarie incise (vasi biconici) o a capanna. La tradizione geometrica in Italia tuttavia è molto più antica e affonda le sue radici all’epoca neolitica, avendo un patrimonio di segni comuni all’area mediterranea ma proprie forme artistiche. Le decorazioni dei vasi biconici vengono concepite per armonizzarsi con quella che è la forma del vaso e le sue aree più importanti: dalla parte del collo vi sono segni paralleli, a zig-zag o a triangolini disposti circolarmente; l’area di massima espansione è invece interessata da riquadri all’interno delle cui cornici vengono sviluppati motivi più complessi come croci, scalette, e soprattutto svastiche, che simbolicamente richiamano al culto solare e alla ciclicità della vita che si rinnova. Sempre in ambito funebre, il vaso andrebbe idealizzato come il corpo del defunto la cui testa sarebbe data dall’elmo (coperchio) che richiama ad una forma sferica. Alla fine del IX secolo a.C. l’incisione lascia gradualmente il passo alla pittura, come testimoniato da ritrovamenti (Veio, Bisenzio) di vasi con vernice rosso-bruna e decorazioni bianche.

L’VIII secolo segna un punto di svolta nella produzione ceramica etrusca, specie nell’Etruria meridionale, grazie all’influenza e ai contatti con la cultura greca del Golfo di Napoli. Le aristocrazie non si limiteranno a recepire le forme greche, ma anche ad importare direttamente in Etruria nuovi materiali e maestranze elleniche: entrano a far parte del repertorio decorativo cerchi concentrici, segni a S, ovali, quadrettature, ed elementi figurativi come cavalli, cerbiatti, uccelli e pesci. Le forme vascolari rimangono grossomodo quelle tradizionali etrusche. Le botteghe artigianali più attive del periodo si hanno a Veio, Vulci e Tarquinia; il primato spetta a Vulci, con le decorazioni “Metopengattung”, ossia da metope separate da gruppi di linee e occupate da losanghe quadrettate. La tradizione vulcente (di matrice euboica) si applica sia a forme vascolari rare (askoi e recipienti a forma d’uccello) che pittoriche (bicromia rosso-nero). Nuovi elementi protocorinzi, come file di animali o raggi alla base, vengono introdotti sul finire del secolo VIII da personalità di Tarquinia (Pittore di Bocchoris, Pittore delle Palme).

Età Orientalizzante. La tradizione del Metopengattung si protrae anche in epoca orientalizzante a Vulci e Tarquinia, mentre in centri del sud come Caere e Veio le decorazioni ceramiche hanno come soggetti pesci e aironi resi tra motivi geometrico-lineari. Gli interni delle figure vengono ulteriormente decorati con puntini, tratteggi o linee ondulate. Le tecniche maggiormente utilizzate sono sia quella a vernice rosso-bruna su fondo chiaro che quella white-on-red. La prima grande innovazione sta nel superamento del repertorio geometrico. Ne è un esempio l’Anfora del Pittore dell’Eptacordo, che racchiude tutte le innovazioni del primo quarto del VII secolo: l’attenzione dell’artista si concentra sulle figure umane e sulla narrazione; le linee di contorno sono spesse e al loro interno vi sono puntini, le figure vengono disegnate con linee ondulate che ne accentuano la muscolatura o l’elemento di copertura. Altre caratteristiche – riscontrabili anche in altre opere dello stesso periodo – sono i tratti umani (fisionomici del volto, il corpo e le gambe robusti e gli arti superiori filiformi) e animali (corpo allungato, lingua all’infuori indicante il ruggito, zampe sottili).

L’ostentazione del lusso giunge anche nel mondo funebre con la pittura parietale. Da segnalare due tombe conservate a Veio, la Tomba delle Anatre e la Tomba dei Leoni Ruggenti (scoperta nel 2006):

Tomba dei Leoni Ruggenti / Necropoli di Grotta Gramiccia (690 a.C.): la parete di fondo è ornata da due file di anatre, mentre al di sotto vi sono quattro leone (due che si affrontano e due in teoria). Tutti gli animali hanno una linea di contorno incisa finemente. Il tutto, specie nella resa dei leoni, si avvicina a modelli greco-euboici.

Tomba delle Anatre / Necropoli di Riserva del Bagno (680-670 a.C.): la decorazione si basa su quattro colori fondamentali (rosso, giallo, nero, bianco) che sono disposti in modo da esaltare ogni parte architettonica. In particolar modo il rosso e il giallo sono alternati nella pittura delle pareti e le falde del soffitto, nel caso delle pareti delimitate da uno spesso bordo nero. La parete di fondo presenta un fregio figurato composto da cinque volatili (anatre) rivolti verso sinistra (verso la deposizione), la cui tecnica di rappresentazione alterna la silhouette all’outline.

Nell’orientalizzante medio (670-630 a.C.) la pittura funeraria è diffusa in particolar modo a Cerveteri e nei suoi dintorni; la sua applicazione su pareti tufacee ne ha reso molto difficile la conservazione. Il repertorio decorativo (che utilizza sempre i colori rosso, giallo, nero, bianco) è di tipo geometrico anche se non mancano nuovi motivi figurativi come palmette (identificative della Fenicia) e rosoni. Oltre alle architetture dipinte vi sono anche delle megalografie, come quella della Tomba della Nave (oggi quasi scomparsa). Altre decorazioni dell’epoca – Tomba degli Animali Dipinti, Tomba dei Leoni Dipinti – si avvicinano più ad uno stile propriamente orientalizzante, come le scene di uomini che combattono con animali feroci (leoni o belve simili, iconograficamente di matrice siro-fenicia). Tutte queste scene hanno lasciato presupporre ad una funzione simbolica come metafora della morte.

Per quanto riguarda la ceramografia, lo stile white-on-red “sfocia” in una produzione artistica dove elementi animali e floreale vengono combinati in una cornice interamente orientalizzante. Il processo di uniformità stilistica trova pieno risvolto nel medio-orientalizzante, dove tra le tante cose si hanno opere su commissione (oinochoe di Tragliatella) e la produzione di recipienti ceramici di piccole dimensioni (aryballoi).

L’ultima epoca orientalizzante, quella tarda, si caratterizza da un lato per la continuazione (Caere) di stile medio, dall’altro per nuove sperimentazioni che riguardano soprattutto la pittura parietale. Un esempio, ricavabile solo grazie ai disegni effettuati al momento del ritrovo, è la Tomba Campana di Veio (620 a.C.). Gli elementi sono un misto tra geometrizzanti (cornici) e orientalizzanti, nei quali la natura è protagonista alla pari degli animali e degli uomini su piani sovrapposti a creare una – mai tentata prima – profondità di campo. Lo stile parietale della Tomba Campana è riscontrabile anche in alcune produzioni ceramografe a Trevignano di fine VII secolo, con figure a risparmio rosse con interni neri.

L’ultimo impulso di questa età viene dato da artisti immigrati in Etruria, di provenienza per lo più corinzia, come il Pittore della Sfinge Barbuta: nell’omonimo vaso (anfora) sono scelti soggetti esclusivamente zoomorfi con aggiunta di elementi orientali come appunto la sfinge. Altro punto di rottura è la preferenza dei pittori/ceramografi del tempo per la pittura a figure nere a discapito di quella policroma, che comunque continueranno a coesistere per tutta la “seconda generazione” di pittori. Con l’avvento della “terza generazione” la ceramica etrusco-corinzia, seppur qualitativamente inferiore alle precedenti, raggiunge la massima diffusione in ambito mediterraneo, che si protrarrà fino al ventennio 560-540 a.C. Sul finire dell’orientalizzante, quindi, si riducono le grandi produzioni sia a livello di ceramica (limitata a vasi per bere o per unguenti) che di pittura (solo la parete interna di facciata viene decorata).

Età arcaica. Gli eventi che sconvolgono l’area mediterranea a seguito delle ribellioni anti-tiranniche a Corinto e a Samo e dell’esodo dei Focei nel Tirreno hanno come conseguenza il passaggio dell’Etruria dall’orbita artistico-culturale corinzia a quella ionico-attica. Le immagini diventano più dinamiche e di struttura esile e raffinata; il tutto con l’introduzione a Cerveteri di nuove produzioni vascolari come i Dinoi e le Hydriai da simposio. Le tematiche prevalenti sui dinoi sono la danza (sempre in riferimento al simposio, mentre quelle delle hydriai si rifanno a soggetti mitologici su richiesta di committenza. Lo stile ionico influisce anche sulle tavole lignee dipinte in uso nelle case.

A Tarquinia l’arrivo di maestranze ioniche – oltre all’evoluzione socio-economica – stravolge la pittura funeraria, sino ad allora dominata da sterili decorazioni (finta porta dipinta, rievocazione ambiente domestico) frutto evidentemente di ideologie restrittive. La “svolta” artistica è segnata dalle tombe dei Tori e Bartoccini.

Tomba dei Tori: al centro della parete di fondo, tra le due camere, vi è il più antico dipinto mitologico di Tarquinia rappresentante l’agguato di Achille a Troilo (figlio di Priamo), simboleggiante il sacrificio cruento.

Tomba Bartoccini: il soffitto e le pareti sono dipinte rispettivamente a scacchi bianco-neri e bianco-rossi, ma sul frontoncino della porta di accesso al secondo vano vi si trova una scena di simposio con uomini distesi, donne sedute e giovani inservienti.

Con la tomba degli Auguri (530-520 a.C.) si ha la definitiva conferma che le immagini hanno sempre un maggior spazio all’interno delle tombe, e non più confinate.

Tomba degli auguri, parete di fondo
Tomba degli Auguri, particolare: scena con lottatori.
Tomba degli Auguri, particolare.

Rimanendo nel campo decorativo, il V secolo a.C. vede l’affermarsi dello schema decorativo di età classica (tipico del secolo successivo): scena di banchetto o simposio sulla parete di fondo, danzatori, musicisti ed elementi floreali sulle pareti laterali (Tomba delle Bighe, Tomba del Triclinio, Tomba della Nave, del Letto Funebre, dei Leopardi). Le caratteristiche si rifanno chiaramente ad elementi ceramografi di V secolo, mantenendo in parte sia aspetti ionizzanti che arcaicizzanti. La diffusione di questa tipologia pittorica giunge da Tarquinia fino a Chiusi, nel nord dell’Etruria, anche se qualitativamente inferiore.

Tomba del Gorgoneion
Tomba dei Pigmei

Età classica. Mentre in Grecia fiorisce il classicismo e il ruolo primario di Atene, in Etruria la recezione di questi nuovi elementi è piuttosto tardiva a causa di eventi – guerre con Cuma e Siracusa – che ridimensionano le committenze e la produzione artistica soprattutto delle città sulla costa. Nelle tombe le pareti non presentano più quell’affollamento di figure tipico dell’arcaicismo, ma ritroviamo solo elementi marginali, come gli alberelli e le decorazioni floreali, prima usati come semplici distanziatori tra figure. Vediamo due casi sinonimi di innovazione e/o conservatorismo: a) nella Tomba del Gorgoneion, si hanno solo elementi floreali quali palmette e alberelli; scompaiono anche gli elementi animali. Le uniche figure umane sono due uomini che si scambiano un gesto di saluto. b) nella Tomba dei Pigmei vengono mantenuti i tradizionali elementi arcaici, ma in uno spazio appartato vi è dipinto il tema di Pigmei che combattono contro le gru in un paesaggio idealizzato che rimanda alla meta ultima del defunto. La visione dell’aldilà emerge in maniera più esplicita nella Tomba dei Demoni Azzurri: la scena è unica, senza interruzioni, e ripercorre da sinistra verso destra il corteo funebre fino a giungere alla parte finale nella quale vi è rappresentato l’Ade. Un personaggio femminile accoglie due defunti in un paesaggio roccioso, dove vi si trova Caronte (su una barca e con un remo) e altri quattro demoni. I personaggi ultraterreni si distinguono dal resto dei soggetti per l’aspetto demoniaco “inedito”: carnagione azzurra o nerastra, capelli rossicci, mani con artigli, bocca con denti aguzzi.

Tomba dei Demoni Azzurri, particolare

Nel settore della ceramografia, vi sono botteghe di vasi a figure rosse con stile atticizzante tra Chiusi e Orvieto; dopo la guerra del Peloponneso giungono dalla Grecia nuovi artisti attici, come il Pittore di Meidias, che si contraddistinguono per la cura dei particolari nelle decorazioni vegetali e per le decorazioni – su grandi vasi – di quadri affollati con personaggi in piani sovrapposti i cui soggetti possono essere sia divinità che personaggi mitici. Le figure presentano un’elevata elaborazione che riflette anche nell’uso di particolari sovradipinti in bianco e giallo. I temi riguardano sempre l’ambito simposiaco, con accento sul vino e sui piaceri della vita. Nella seconda metà del IV secolo (intorno al 340 a.C.) il livello stilistico e tecnico di queste “officine” diminuisce gradualmente, fossilizzandosi su temi dionisiaci e determinate forme di vasi: a risentirne è la diffusione al di fuori dell’Etruria.

La fine del IV secolo vede da un lato l’inizio della conquista romana (Veio, 396 a.C.), dall’altro un riassetto interno alle città etrusche che vede l’emergere di nuovi gruppi non-aristocratici sulla scena politica. Questo riassetto coinvolge irrimediabilmente anche le forme artistiche ivi presenti. Nell’architettura funebre compare il modello dell’ipogeo familiare, nel quale le sepolture sono multiple: l’attenzione artistica si sofferma sui sarcofagi e, raramente (per la difficoltà di conservazione del pigmento), è lo stesso sarcofago ad essere dipinto o inciso. Da Tarquinia ne provengono due (350 a.C.) di gran pregio:

  • sarcofago del Sacerdote, tomba di Partunu a Monterozzi: decorato su un lato lungo e i due lati brevi. In secondo piano appaiono demoni alati che sostengono i guerrieri caduti (tema tipicamente etrusco), al centro vi è invece la scena di sacrifici umani – Achille sulla tomba di Patroclo – sempre sotto la supervisione di un demone e di una divinità femminile dell’oltretomba.
  • sarcofago delle Amazzoni di Ramtha Huzcnai: ornato su tutti i lati con scene di combattimento tra Greci e Amazzoni in movimento centripeto.

La pittura all’interno dei sepolcri vede la presenza sempre maggiore, accanto al consueto banchetto, di figure eroiche, divine, mitologiche e demoniache, come nella Tomba dell’Orco (I e II). Compaiono anche figure eroiche locali etrusche, come i fratelli Vibenna e Mastarna, quest’ultimo identificato con Servio Tullio. L’interpretazione più convincente per il ciclo troiano è in riferimento a delle probabili vittorie etrusche su Roma (“nuova Troia”).

Più articolata e tematicamente varia è invece la rappresentazione nelle Tombe Golini, con la preparazione del convivio. Per tutto il periodo tardo-classico l’arte mantiene una certa staticità, forse in relazione delle progressive tensioni sociali e alla graduale romanizzazione degli Etruschi.

Mastarna libera dalle catene Celio Vibenna.

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Antonio Palo

Laureato in 'Civiltà Antiche e Archeologia: Oriente e Occidente' e specializzato in 'Archeologie Classiche' presso l'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'. Fondatore e amministratore del sito 'Storia Romana e Bizantina'. Co-fondatore e presidente dell'Associazione di Produzione Cinematografica Indipendente 'ACT Production'. Fondatore e direttore artistico del Picentia Short Film Festival.

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