La sottomissione del regno ellenistico di Macedonia (168 a.C.) costituì un momento importante nella storia dell’ellenizzazione della cultura romana: Lucio Emilio Paolo, dopo aver sconfitto a Pidna il re macedone Perseo, trasportò la biblioteca reale a Roma e rese così possibile ai Romani la lettura diretta di una grande quantità di autori greci; inoltre la Lega Achea, che aveva mantenuto durante la guerra tra Roma e la Macedonia un contegno ambiguo, dovette consegnare ai Romani mille suoi cittadini del partito filo-macedone perché fossero processati: tra questi figurava, per esempio, lo storico Polibio, a cui Emilio Paolo affidò l’educazione dei figli. Proprio intorno ad uno di questi, Publio Cornelio Scipione l’Emiliano, si sarebbe poi radunato, negli anni 160-130 a.C. circa, un gruppo di intellettuali romani e greci che avrebbe costituito quello che è stato definito il “Circolo degli Scipioni”: la fortunata formula risale al grande storico dell’antichità Theodor Mommsen (1817-1903). Tra le persone più vicine a Scipione, oltre all’amico Gaio Gellio, figuravano gli storici Sempronio Asellione, Rutilio Rufo, lo storico e oratore Gaio Fannio, il giurista e oratore Quinto Mucio Scevola l’Augure, ma soprattutto il filosofo greco Panezio e lo storico greco Polibio; fra i letterati, il poeta comico Terenzio e il poeta satirico Lucilio.
Nei maggiori rappresentanti di questo gruppo si può cogliere una notevole apertura al pensiero greco e alle più moderne tendenze culturali: essi promossero l’assimilazione da parte dei Romani di certi aspetti fondamentali della cultura greca e posero così le basi di un originale amalgama tra le due civiltà. Il filellenismo di molti di loro fu comunque sempre moderato e mai completamente staccato dalla conservazione dei valori romani tradizionali, come emerge da certe condanne della degenerazione dei costumi e dell’insorgere di vizi collegato ad una troppo spregiudicata educazione “alla greca”. Panezio, in particolare, filosofo di scuola stoica, cercò di attuare una fusione di stoicismo e platonismo, creando un pensiero dominato dalle idee di humanitas (“umanità”), amicizia e urbanità: nel trattato Sul conveniente, per esempio, offrì una base teorica su cui regolare il proprio comportamento, che contemplava il rispetto dell’ideale romano di virtus e una giustificazione dell’imperialismo romano nei confronti degli altri popoli. Proprio con Scipione, del resto, prevalse anche in campo politico l’idea di una classe dirigente più “moderna” e capace di guidare il processo di espansione imperialistica di Roma.
A dare consistenza all’idea di un “circolo” di intellettuali riunito intorno a Scipione ha contribuito in maniera decisiva il quadro che Cicerone fornì poi di questi personaggi, con alcune affermazioni – egli parla di “gruppo di Scipione” – e, in particolare, facendo di Scipione l’Emiliano e di alcuni suoi amici i protagonisti di alcuni dialoghi (De re publica, Laelius de amicitia, Cato de senectute). In queste opere Cicerone dà l’impressione di un ambiente molto coeso e unito ideologicamente e culturalmente, caratterizzato dai forti legami di amicizia tra i suoi membri. In tempi recenti si è comunque dubitato della verosimiglianza storica di questi dialoghi ciceroniani e più in generale è stato messo in discussione il concetto stesso di circolo degli Scipioni: è improbabile, infatti, che si sia trattato di una congregazione in qualche modo istituzionalizzata o di un club esclusivo, ma è comunque sicuro che Scipione (anche per la sua posizione politica di primissimo piano) sia entrato in contatto con numerosi membri dell’aristocrazia romana e con i maggiori intellettuali del periodo. Con questi intellettuali Scipione ebbe probabilmente comunanza di vedute politiche, come pure di interessi culturali e di idee filosofiche ed educative; tuttavia non è certo che tutti i personaggi menzionati si identificassero negli stessi valori e nelle stesse concezioni culturali.