Con la morte di Filippo II termina la prima parte del viaggio nel mondo di Alessandro Magno. Da questo momento in poi il vero protagonista sarà il suo genio militare che negli oltre 10 anni di campagne militari gli hanno permesso di espandere i confini del suo impero oltre ogni immaginazione dell’epoca antica…
L’eredità di Filippo
Alessandro aveva vent’anni quando Filippo fu assassinato a Ege nell’estate del 336 a.C. e dovette farsi carico della corona, cosa che fece con il piglio rapido e deciso che lo contraddistingueva. Era stato educato per essere re, aveva vissuto con suo padre come erede al trono, negli ultimi anni aveva rivestito incarichi di governo, amministrando il regno per un breve periodo durante l’assenza di Filippo, e aveva soffocato una rivolta in Tracia. Inoltre aveva dimostrato la sua tempra eroica a Cheronea e in altre campagne condotte dal padre.
Da tempo circolavano profezie divine sulla sua predestinazione alla grandezza. Olimpiade raccontava di aver sognato, appena rimasta incinta, che un fulmine le colpiva il ventre. E si diceva che il giorno della sua nascita il tempio di Artemide a Efeso fosse stato incendiato e distrutto da un fulmine (come se la dea lo avesse abbandonato per vegliare sul parto del principe macedone). Gli aneddoti sul suo conto, come quello che raccontava dell’incredibile modo in cui egli aveva domato Bucefalo, il destriero che amava cavalcare durante le sue temerarie campagne, o quello che narrava come aveva cacciato gli ambasciatori Persiani venuti a reclamare il consueto tributo, dicevano molto della sua intelligenza e della sua nobiltà d’animo.
Filippo aveva fatto in modo che Alessandro ricevesse un’istruzione completa e impeccabile, sia nell’arte militare che nella tradizionale paideia greca, cercando per lui i tutori migliori. Fra questi figurava innanzitutto il saggio Aristotele, invitato personalmente da Filippo a insegnare poesia e cultura ad Alessandro per tre anni. Nella vicina Mieza venne istituito un apposito ritiro scolastico per il principe e i suoi compagni di studi. Lì Alessandro si fece prendere dall’entusiasmo per l’epica omerica e la letteratura greca e da lì uscì deciso a emulare le gesta dei grandi eroi del mito, come i suoi antenati Eracle e Achille, Aristotele non lo educò per diventare un filosofo, ma di certo ne stimolò l’intelligenza, instillandogli il desiderio di esplorare la natura e le sue meraviglie.
Già da allora Alessandro aveva dimostrato le sue capacità come reggente e audace stratega, ma fu dopo la morte di Filippo che dovette impegnarsi a fondo per confermare queste doti. I vicini barbari che minacciavano le frontiere della Macedonia e alcune città greche credettero che la scomparsa dell’astuto ed energico monarca fosse una buona occasione per ribellarsi contro il dominio macedone. Alessandro, però, decise di marciare subito contro i Triballi della Tracia, che avevano invaso alcune zone di confine, e con fulminea rapidità li sottomise nel 335 a.C. Poi avviò una campagna contro gli Illiri e i Celti della frontiera nord, fino alle sponde del Danubio. E lì lo raggiunse la notizia della rivolta anti- macedone di varie città greche.
L’opposizione di Tebe e Atene
Sia l’ateniese Demostene che altri politici greci festeggiarono l’assassino di Filippo e sottovalutarono troppo presto il suo erede, considerandolo un giovane sognatore e inesperto. Le rivolte contro il dominio macedone di estesero rapidamente a tutta la Grecia, con Atene e Tebe a capeggiare il crescente fronte dell’opposizione. Alla fine la guarnigione macedone appostata nella cittadella di Tebe si ritrovò sotto assedio e fu invitata ad arrendersi. Ma Alessandro agì di nuovo con impressionante rapidità.
Come lo riassume lo storico Diodoro Siculo, <<ricorrendo a marce forzate, giunse in Beozia e, accampandosi vicino alla Cadmea, suscitò il terrore nella città dei Tebani. In quella circostanza gli Ateniesi, appresa la notizia dell’entrata del re in Beozia, abbandonarono il disprezzo che in precedenza avevano nutrito nei suoi riguardi>>. I Tebani furono colti dal panico e dalla sorpresa e si arresero senza nemmeno combattere. E lo stesso fecero subito dopo di loro anche gli Ateniesi, non appena videro il Grande esercito appostato davanti alle loro muraglie, a dispetto del arringhe di Demostene.
Ma mentre Alessandro si trovava a nord, impegnato nella difficile battaglia contro gli Illiri, i Tebani si ribellarono do nuovo, uccisero alcuni Macedoni e incitarono gli altri Greci a preparare gli eserciti per una rivolta generale. Forse fu la voce – falsa – del grave ferimento di Alessandro a innescare la rivolta tebana. Appena Alessandro venne a saperlo, quando già aveva dato per conclusa la sua campagna contro gli Illiri, intraprese una marcia spettacolare – oltre 400 km in meno di sette giorni – e tornò con le sue truppe in Beozia. Le forze tebane furono subito sconfitte dal grande esercito macedone e stavolta Alessandro punì la rivolta con durezza implacabile. Nella battaglia morirono 6.000 Tebani e il resto della popolazione, tutti gli uomini, le donne e i bambini, furono venduti come schiavi e la città fu rasa al suolo (tranne alcuni templi e la casa natale del poeta Pindaro, il cantore degli eroi greci). L’inesorabile castigo doveva essere un deciso monio a tutti gli altri Stati ellenici. Dopo la distribuzione di Tebe, Alessandro si mostrò nuovamente benevolo con gli Ateniesi, che chiesero e ottennero un’ampia amnistia. Nel concedere un perdono così generoso, può darsi che Alessandro abbia tenuto conto del prestigio della famosa città, << la scuola di Grecia >> secondo Pericle, e forse anche di un interesse personale, visto che Atene aveva l’unica flotta greca di una certa importanza nel Mar Egeo.
Il passaggio dell’Ellesponto
La campagna asiatica cominciò nella primavera del 334 a.C. Alessandro lasciò in Macedonia Antipatro come reggente, mentre lui guidava le truppe affiancato da Parmenione, un veterano compagno di Filippo che gli faceva da comandante in seconda. Sia lui che Parmenione, che aveva più di sessanta anni, erano strateghi esperti. Lo era anche Antigono. Altri capi della cerchia più ristretta di Alessandro erano invece giovani audaci della sua generazione, nonché compagni di studi, come Filota, figlio di Parmenione, Clito, Efestione, Tolomeo e Arpalo, il tesoriere. Cronista ufficiale della spedizione era Callistene, promettente nipote di Aristotele.
In totale, l’esercito di Alessandro contava circa 40.000 uomini, di cui quasi 32.000 erano fanti e circa 6.000 cavalieri. Provenivano da vari Paesi, ma i Macedoni erano in maggioranza: dei soldati di fanteria 12.000 venivano dalla Macedonia, 7.000 dalle città della lega di Corinto e 6.000 circa dalle zone barbare del nord (Traci, Illiri e Agriani). Altri erano mercenari di professione. Nel reparto di cavalleria i Macedoni erano 1.800, i Tessali 1.200, gli alleati greci circa 1.000; poi c’erano circa 900 fra Peoni e Traci e circa 600 mercenari di altri Paesi. Accompagnavano l’esercito vari specialisti: ingegneri ed esperti di assedi, sacerdoti e indovini, nonché geografi e artisti.
La spedizione attraversò senza problemi l’Ellesponto. La forza navale, invece, era piuttosto limitata: si riduceva alla sola flotta di Ateniesi e alleati, ovvero circa 160 triremi. Gli approvvigionamenti bastavano solo per i primi mesi e l’esercito contava sull’appoggio delle città costiere, grazie ai preparativi messi in atto qualche anno prima. Le risorse economiche erano alquanto scarse: appena 60 o 80 talenti in tutto. Alessandro confidava di rimpinguare presto con un ricco bottino.
In un primo momento gli interessava molto porre l’accento sul carattere emblematico della spedizione: la Grecia intera, alla fine, si metteva in marcia per vendicarsi dei nemici asiatici. Ecco perché i suoi gesti altamente studiati , che evocavano gli antichi eroi conquistatori di Troia, ostentava una ritualità dal valore simbolico e dai fini propagandistici. Durante la traversata Alessandro offrì a Poseidone un bicchiere d’oro e quanto attraccò getto a terra una lancia sul suolo d’Asia, proclamando che il paese era stato <<preso con la lancia>> (doriktetos), secondo il diritto militare, e poi fu il primo a sbarcare, con tutta l’armatura, come fosse un nuovo Protesilao, l’eroe che aveva compiuto lo stesso gesto durante la guerra di Troia. Subito dopo ordinò la costruzione di diversi altari in onore di Zeus, Atena ed Eracle.
Dopodiché si spostò sulla collina dove un tempo sorgeva Troia. Offrì una libagione agli eroi achei, lasciò la sua armatura sul piccolo tempio locale come dono alla dea Atena e portò via delle armi antiche; poi celebrò un rito conciliatorio in onore del vecchio re Priamo (ucciso su un altare, secondo il mito, dal suo antenato Neottolemo, il figlio di Achille) e depose delle corone di fiori sulla tomba del grande eroe degli Achei. E lo stesso fece il suo compagno Efestione sulla tomba di Patroclo.
Alessandro si impegnava così ad evocare il mondo eroico dell’Iliade e, ricordando Erodoto, la rivalsa che la sua spedizione rappresentava dopo l’invasione di Serse I. Così si ritrovavano a combattere di nuovo i Greci contro i Persiani, l’Europa contro i barbari asiatici. Presentandosi come discendente di Achille e ricordando gli eroi Achei, Alessandro non voleva solo dare un tono di eroicità alle sue gesta, ma anche assumere in prima persona un profilo mitico.
La saga di Alessandro:
L’impero di Alessandro Magno; Filippo II, generale di Macedonia; La morte di Filippo II e la sua eredità; L’ascesa di Alessandro Magno; La battaglia del Granico; La battaglia di Isso: la sconfitta di Dario III, il Gran Re dei Persiani e la fondazione di Alessandria d’Egitto; La battaglia per l’Impero Persiano: Gaugamela; Il dominio sull’Asia e il saccheggio di Persepoli; Alessandro Magno: sulle tracce di Dario