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HISPANIA
L’interesse romano per i territori della penisola iberica è strettamente legato all’occupazione cartaginese della regione meridionale e, soprattutto, alla presenza di Annibale e del suo potente esercito. Alla fine della seconda guerra punica, quando riescono, se pure con qualche difficoltà, a controllare i territori a nord del fiume Ebro, i Romani iniziano uno sfruttamento sporadico delle risorse della penisola, basato soprattutto sui saccheggi.
Per alcuni decenni la presenza romana rimane legata allo stanziamento degli eserciti, il cui pagamento e mantenimento venivano garantiti dalla raccolta dei tributi dalle popolazioni locali. L’ordinamento territoriale realizzato nel corso del II secolo a.C., in una regione che conosceva il fenomeno urbano per la presenza di colonie fenicio-puniche, non è noto, ma non sembra tuttavia che vi sia stato un consistente stanziamento di coloni italici e non pare programmata la creazione di nuovi centri urbani. Dalla metà del II secolo a.C. inizia lo sfruttamento regolare dei giacimenti della regione mineraria di Cartagena e numerosi italici giungono nella penisola iberica probabilmente in cerca di argento, ma mercurio e piombo. L’attività estrattiva nella penisola iberica avrà il suo periodo di massimo sviluppo durante la prima età imperiale, ma l’area di Cartagena entrerà in crisi già alla fine del I secolo e, in età severiana, inizierà una fase di declino anche per le miniere delle regioni nord occidentali.
All’inizio del I secolo a.C. era ormai ben avviato anche il commercio dei prodotti iberici attraverso i centri della costa, tra i quali avevano importanza Emporiae (attuale Ampurias): oltre all’argento e gli altri minerali, abbondante era la produzione di vino, grano e olio nella valle del Guadalquivir, mentre le coste meridionali e quelle atlantiche si distinguevano per la pesca e la lavorazione dei prodotti ittici. In particolare erano fiorenti le attività di salagione e conservazione del pesce e la raccolta del giunco marino (sparto) utilizzato per realizzare cordami e tappeti, ma fondamentale anche per l’edilizia. Vitruvio nel De Architectura scrive infatti:
«Una volta sistemate le capriate, con una corda di sparto di Spagna vi si legheranno le canne greche, schiacciate nella forma richiesta. (…) In mancanza di canne greche, se ne raccoglieranno di sottili fra quelle palustri (…).»
La colonizzazione della penisola iberica alla metà del I secolo a.C. appare ormai pianificata, con la nascita di città legate ad un territorio ben delimitato e centuriato, organizzato per uno sfruttamento razionale e ottimale dei terreni. Un notevole sforzo tecnico, ma anche amministrativo e politico, porta alla bonifica di ampie zone, alla creazione di canalizzazioni e reti stradali e alla definizione giuridica delle diverse proprietà.
L’atteggiamento dei popoli della penisola iberica di fronte al dominio di Roma però non era omogeneo, perché troppo diverse erano le singole situazioni così come lo erano stati i modi e i tempi della conquista. I grandi latifondisti della Betica, gli impresari e i commercianti, ma più in generale tutto il ceto medio delle città costiere, peraltro già abituato da secoli alle occupazioni straniere, traeva indubbi benefici dalla pax romana e si adattava facilmente a usi e costumi di tipo greco-romano, dimenticando le antichissime tradizioni dei popoli iberici e raggiungendo un grado di romanizzazione molto profondo. Invece tutte le popolazioni “pacificate” da Augusto e Agrippa, nelle quali sopravvivevano le strutture sociali, la lingua e i culti indigeni, mal sopportavano la dominazione, anche perché erano sottoposte a un regime coloniale nel quale nessuno era obbligato ad adeguarsi alle autorità occupanti, ma il non farlo significava la discriminazione, oltre all’impossibilità di raggiungere il benessere. Tracce evidenti della mancata omologazione alla cultura romana sono ancora oggi riscontrabili nella sopravvivenza della lingua basca, un idioma pre-indoeuropeo.
Il processo di romanizzazione della penisola iberica giunge a compimento nella tarda età repubblicana, ma già in un’epoca precedente, per lo meno in alcune città della penisola, lo stile di vita del ceto abbiente aveva raggiunto livelli degni della capitale. Lo testimonia per esempio la descrizione che le fonti fanno dei festeggiamenti riservati, dopo la sua vittoria su Sertorio, a Metello, invitato a sontuosi banchetti nelle case dei maggiorenti locali, tra tappeti di Pergamo e statue, mentre un complesso macchinario calava dal soffitto trofei e una statua di Vittoria incoronava il condottiero.
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