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L’Impero di Costantino (324-337) tra vecchie politiche imperiali e nuove politiche religiose

Alcune considerazioni sul regno di Costantino da imperatore unico (324-337), tra continuità e ripresa ‘innovativa’ delle politiche del predecessore Diocleziano.

La politica imperiale: fallimento della tetrarchia, divisioni interne e continuità del decentramento amministrativo. L’ascesa di Costantino e Massenzio ai vertici dell’Impero segnò il fallimento del sistema tetrarchico, che era stato ideato da Diocleziano proprio per scongiurare il pericolo di nuove lotte per il potere: a scatenare la tensione furono le nomine dei Cesari da parte di Costanzo Cloro (ad Occidente) e di Galerio in Oriente, che assegnarono parte dell’Impero a personaggi poco conosciuti scontentando sia Costantino che Massenzio, che speravano di essere designati grazie al ruolo avuto dai loro rispettivi genitori Costanzo e Massimiano. Alla sconfitta di Licinio e alla conseguente proclamazione di Costantino (324) quale totius orbis imperator “sovrano di tutto il mondo”, fu ufficialmente abolita la divisione tetrarchica a vantaggio di un unico sovrano che reggeva l’Impero. Molte delle precedenti riforme vennero comunque mantenute, come ad esempio il decentramento amministrativo voluto da Diocleziano: l’Impero continuò ad essere diviso in quattro prefetture (Oriente, Illirico, Gallia, Italia) con 14 diocesi e 117 province. Il regno di Costantino non si risolse però in una successione “pacifica”: la sua morte fu segnata da nuove lotte interne per la successione all’interno della stessa dinastia costantiniana, tra figli e nipoti del defunto imperatore, ma anche dalla presenza di nuovi usurpatori, che nel loro insieme impediranno di avere una stabilità politica e militare.

La politica religiosa e l’Editto di Milano. Il principale atto di governo di Costantino e del suo collega di allora Licinio fu la circolare dell’Editto di Milano, che giuridicamente non fu una vera e propria disposizione di legge. L’uguaglianza dei diritti di tutte le religioni e la libertà religiosa andarono in senso opposto alla linea delle persecuzioni intrapresa da Diocleziano, così come si prendeva ufficialmente atto che la divinizzazione del sovrano era inattuabile e non imponibile ad una parte della società. La restituzione dei beni confiscati e il riconoscimento ad agire sul piano politico e sociale consentirono al cristianesimo di diffondersi in concorrenza ‘(legalmente) perfetta’ con la religione tradizionale romana. Nonostante il cristianesimo fosse all’epoca una minoranza religiosa soprattutto in Occidente (e segnata allo stesso tempo da un pluralismo a livello locale e dogmatico) e il paganesimo rimanesse forte tra la popolazione rurale, le classi sociali più abbienti e gli ambienti culturali, lo stesso potere imperiale però contribuì – ai fini di un rafforzamento della propria autorità – ad includere nella vita politica i cristiani: in tal senso si spiegano le nomine ad importanti cariche di personaggi cristiani, come quella di Ablabio alla prefettura del pretorio o quella di Acilio Severo alla prefettura di Roma, nel 326). Un altro aspetto caratterizzante dell”inclusione’ cristiana fu la possibilità dei vescovi di partecipare ai consigli delle città delle province o di delegare qualcuno di loro fiducia: un privilegio importante, dato che i partecipanti dei consigli dovevano pagare di tasca loro se il gettito fiscale era inferiore a quello preventivato dall’autorità imperiale.

La prevalenza dell’Oriente e la monarchia ‘orientale’. La suddivisione amministrativa di Diocleziano delle diocesi aveva già reso chiara l’intenzione di far prevalere la parte orientale dell’Impero rispetto a quella occidentale; Con Costantino ci si rese conto che questa tendenza era ormai irreversibile. La fondazione della nuova capitale Costantinopoli, per quanto un affiancamento a quelle – in Oriente come in Occidente – già esistenti, fu tuttavia carica di elementi ideologici e simbolici che per certi versi l’assimilavano e allo stesso tempo l’opponevano a Roma. La figura e l’autorità dell’imperatore, che erano stati i punti forti della propaganda imperiale sotto Diocleziano, con Costantino ebbero la definitiva evoluzione verso un regimo monarchico di stampo assolutistico orientale: vi fu infatti un rigido cerimoniale di corte che sottolineava il carattere divino della figura dell’imperatore, che circondava la sua persona di un’aura religiosa. Stesso discorso va fatto per la concezione del rapporto degli uomini con l’imperatore: sotto Costantino non vi erano più cittadini, ma solo semplici sudditi, così come le stesse cariche erano conferite su esplicito volere del sovrano che poteva disporne come meglio credeva.

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