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Le Grandi Dionisie

Dioniso_Museo_Archeologico_Napoli
Statua di Dioniso – Museo Archeologico di Napoli
Menade Rilievo Romano – Museo del Prado

Ad Atene, oltre alle Grandi Panatenee, vi era un’altra grande festa, le Grandi Dionisie li quali vennero fondate o riorganizzate da Pisistrato nel 535 a.C.; era dedicata alla celebrazione di Dioniso Eleuterio. Dioniso è una divinità complessa e contraddittoria, diversa dalle altre divinità dell’Olimpo, dovuto all’ipotesi dell’origine orientale di Dioniso, origine non reale e nella formazione della figura divina in età più antica confluirono elementi di cultura sia ellenica sia preindoeuropea. Il mondo greco era popolato da una civiltà che parlava una lingua sconosciuta. Il dio Dioniso è attestato nel mondo greco arcaico e classico inoltre compare anche nel mondo miceneo ad alcune tavolette provenienti da Piro e Creta attestano il suo nome. La parola Dioniso significa “Figlio di Zeus”, secondo il mito nacque da Zeus e Semele, figlia di Cadmo, re di Tebe; l’unione di Zeus suscitò le ire di Era, moglie di Zeus, e per sottrarre il neonato alle sue ire Zeus lo affidò ad Ermes che a sua volta lo affidò alle ninfe dei boschi. Allevato nella località immaginaria detta Niisa, sulla sua figura vi sono infinte leggende: una volta divenuto adulto, Dioniso scopre la vite, impara a coltivarla e a trarne il vino e questo vino lo dà a bere alle ninfe e a tutti i demoni dei boschi, figure mitiche che costituivano il suo corte: Satiri, Centauri, Parri, Sileni, tra l’umano e l’animale. Dioniso girovaga con questo corteo ebbro dispensando il vino, la gioia, la liberazione dal dolore, ma anche la follia e la perdita d’identità. Principali seguaci di Dioniso sono le donne ma anche gli uomini, ma le donne in maggioranza e lasciano il focolare domestico per andare a seguire il dio, i riti erano orgiastici, queste donne, dette menadi, andavano nei boschi agitando in mano fiaccole e tenendo il tinso, un bastone con attorcigliate la vite. Al suono di tamburi, flauti si davano in vorticose danze andando in trans, momento di fusione tra il dio e l’essere umano, si chiama estasi, dal greco ecstasy che significa “uscire fuori di se”. Altro nome delle menadi era baccanti, le infuriate, le invasate, piadi, lenee in riferimento alla pigiatura dell’uva. Queste donne in preda alla follia, prendevano gli animali e li squartavano divorandone le carni, vi sono molte raffigurazioni di queste scene, la pratica viene detta diasparacos.

Raffigurazione di Penteo su un vaso greco

Queste modalità sono riflesse anche nelle tragedie, un episodio famoso è rappresentato da Euripide nell’opera “Le Baccanti”, si racconta che il re Penteo, era ostile a Dioniso e allora si vestì da baccante per assistere ai riti, ma viene scoperto e viene squartato e fatto a pezzi dalla madre e sorelle che vi stavano partecipando ai riti.

Dioniso nascendo da Zeus e Semele, è un dio che muore e rinasce, subisce la morte ma ritorna alla vita, ci sono vari episodi che lo vedono ucciso, ad esempio: un eroe della città di Argo, Perseo, uccide Dioniso e lo getta nella palude di Lerna ma Dioniso risorge. E’ un di che scende nell’Ade ma ne riesce fuori, va per recuperare la madre Semele, e portarla sull’Olimpo. Nel suo legame con la morte egli rappresenta il ciclo della vita. Altra particolarità è un dio che si sposta da una parte all’altra, tra campi per il mondo umano e animale. Nell’estasi il dio entra nel corpo dell’individuo creando una fusione e le menadi a loro volta, tornano al loro stadio originario di selvagge perché divorano tutto gli animali sbranandoli. Tutti gli aspetti strani di Dioniso, ne fanno un dio diverso tra i dodici dell’Olimpo, non fa parte dell’elenco ufficiale ma viene comunque inserito nella religione ufficiale.

Maschera di Dioniso

L’iconografia di Dioniso, riflette la mutevolezza del dio, viene rappresentato come una figura di uomo adulto con la barba, una lunga veste stile orientale, con una corona di foglie di vite in testa; accanto all’immagine di Dioniso adulto, si affianca anche l’immagine di Dioniso giovane a partire dal V Secolo, senza barba e un po’ effemminato. Un altro modo di raffigurarlo è con una maschera di terracotta, figura di uomo barbato visto frontalmente con occhi finti per ipnotizzare chi lo guarda con cerchietti concentrici. La maschera veniva fissata in cima ad un palo, vestito come un dio a simularlo portandolo in giro e venerato dalle donne, inoltre vi sono molte sue raffigurazioni su vasi. La figura di Dioniso è anche strettamente collegata al teatro, con le rappresentazioni perché Dioniso rappresenta l’intelletto ma anche le passioni umane, il tutto è il contrario di tutto, ed è rappresentativo della complessità umana. Il teatro mette in scena queste complessità con le sue caratteristiche a cui Dioniso è legato.

Di feste per il dio ce ne sono parecchie, distribuite tutto l’anno:

Per quel che riguarda le cerimonie, qualche giorno prima della festa, la statua arcaica lignea del dio veniva trasferita dal santuario che era nella città, voluto da Pisistrato, e veniva portata fuori città, simbolicamente doveva essere portata ad Eleuthere, ma di fatto non lo facevano, allora portavano questa statua in un piccolo santuario che stava nell’accademia dove era fatto oggetto di riti, sacrifici, ecc. dopodiché alla vigilia della festa, la statua veniva riportata in città, tutto ciò a simboleggiare l’arrivo del dio ad Atene, il 10 di Elafebolione. Vi era una grande processione e possiamo solo immaginare che partisse dal Dipilon, e non doveva salire probabilmente sull’Acropoli, ad un certo punto svoltava e doveva fare la Via dei Tripodi, e arrivava al santuario di Dioniso. Era un grande corteo di portatori d’offerte, si portavano animali da sacrificare che si svolgevano nel santuario, prevalentemente tori, poi c’erano gli scophetoroi, i portatori di dolcetti al miele, gli askophoroi che erano i portatori di askoroi, le otri piene di vino, poi vi erano le konephoroi, portatrici delle konùn, ceste piene di frutta. Particolarità della cerimonia era la presenza di grandi organi maschili, che venivano portati dalle città alleate di Atene e riflettevano un antico mito, secondo il quale, quando Dioniso arrivò ad Atene, questi si mostrarono ostili al dio, non onorandolo cercando di allontanarlo, e furono colpiti da una malattia agli organi sessuali; si recarono dall’oracolo a Delfi chiedendo cosa dovessero fare e l’oracolo rispose loro che dovevano veneralo adeguatamente. Un modo per venerarlo era di portare in processione questi organi. Ennesimo episodio in cui gli uomini sono ostili a Dioniso perché sconvolge l’ordine delle cose con il suo arrivo. Dopo il banchetto, la festa continuava durante la notte, con lo svolgimento del Chomos, gli uomini andavano in giro per la città ballando, cantando, urlando e tipico erano gli atti osceni, da chomos deriva la parola commedia. La mattina dopo, anche con un gran mal di testa, si svegliavano e andavano a teatro per le rappresentazioni drammatiche, secondo la tradizione la prima tragedia fu messa in scena nel 534 a.C., autore fu il poeta Tespi, che portò un’importante innovazione, introdusse il canto corale anche per la parte recitata di un attore. Gli attori poi aumentarono, ma di poco, Eschilo introdusse il secondo attore e Sofocle il terzo, e non ce ne furono di più. Questi tre attori, rigorosamente maschi, facevano tutte le parti, sia maschili che femminili, ed erano mascherati. Nella grande tragedia del VI e V Secolo a.C., un grande ruolo lo ebbe il coro. Inizialmente ciascun autore metteva in scena una tragedia, ma già alla fine del VI Secolo, ciascun autore doveva presentare una tetralogia: tre tragedie più un dramma satiresco, una sorta di farsa sui temi mitologici e questi autori gareggiavano tra loro su chi aveva scritto la migliore. Si iniziava con la tragedia ma non mano col tempo si vanno aggiungendo anche altre rappresentazioni, nel 509 a.C. viene arricchito con il canto corale dei Dipirandi, odi in onore di Dioniso, non c’erano attori ma solo un coro che cantava i componimenti poetici il cui contenuto aveva elementi di mitologia dionisiaca. Poi nel 486 vengono introdotte le commedie.

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