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Storia delle Province Romane [4]: Egitto

Dopo la battaglia di Azio l’ Egitto diventa “proprietà privata del principe” e i personaggi più in vista del ceto aristocratico o equestre dovevano avere l’autorizzazione dell’imperatore per accedervi. L’Egitto era la regione più popolosa e ricca dell’Impero ed era presidiata militarmente. Con il tempo diminuirà l’importanza strategica che lascerà il posto all’importanza economica e produttiva. Le aree inondate dal Nilo erano molto fertili e garantivano un’elevata produzione di cereali che venivano prontamente imbarcati insieme a vino e papiro al porto d’Alessandria verso Roma (l’Egitto verrà soprannominato “il granaio dell’Impero”). La posizione geografica inoltre era estremamente favorevole: da occidente si apriva al commercio del Mediterraneo, da oriente ai mercati indo-asiatici. La ricchezza di questa regione non era solo nei trasporti marittimi, ma anche carovanieri. Un’altra fonte di ricchezza erano le risorse minerarie, e in particolar modo granito, porfido e alabastro. La popolazione era distribuita quasi totalmente lungo la valle del Nilo, il Sinai e le oasi come Fayum e Siwa, quest’ultima nota per il suo santuario di Ammone.

La vita sociale della provincia romana è turbata da forti tensioni, dovute sia alle imposizione romane che ai rapporti con le comunità ebraiche. Il culmine di questi contrasti si ha all’inizio del III secolo, quando Caracalla reprime nel sangue una rivolta ebraica ad Alessandria, divenuta il principale centro ebraico dopo la distruzione di Gerusalemme. In seguito ad un tentativo di usurpazione Diocleziano divise l’Egitto in quattro province (Aegyptus, Augustamnica, Arcadia e Tebaide). Successivamente la Cirenaica fu annessa all’Egitto, con cui ne condivise le sorti fino al VII secolo.

 

Dal punto di vista artistico, sin dall’epoca tolemaica si svilupparono due filoni artistico-architettonici: l’uno tradizionalista legato al mondo dei faraoni, l’altro innovativo legato all’arte greco-ellenistica (e romana).

Un esempio di convenzioni artistiche coesistenti di questo periodo è il complesso monumentale di Agilkia nei pressi del lago Nasser, dove troviamo sia edifici faraonici che ellenistici con interventi di restauro romani. I Romani intervenivano sugli edifici sacri in qualità di capi religiosi dell’Egitto, anche se molto probabilmente non erano considerati tali dalla popolazione locale. Una cesura sia nella pittura che nella scultura si ha nelle raffigurazioni imperiali a Dendera: se nell’età ellenistica ad essere rappresentati erano i membri della famiglia imperiale, dall’epoca romana questo “privilegio” spetterà al solo imperatore.

 

 

 

Non mancano interventi in chiave ellenistica all’urbanistica (soprattutto ad Alessandria, dove nel 48 a.C. andò distrutta la Biblioteca), dove vengono intrapresi interventi di ingegneria idraulica volti a migliorare i collegamenti con il delta del Nilo e con il mar Rosso. Viene anche fondata una nuova città da Adriano, Antinoopolis in memoria del favorito dell’imperatore, concepita secondo lo schema romano della città con pianta ortogonale, vie colonnate e archi quadrifronti.

 

 

In chiave artistica le più importanti opere dell’Egitto romano sono i ritratti del Fayum: si tratta di dipinti a encausto (cera usata come legante dei colori) o tempera su legno o tela commissionati per essere applicati sulle mummie dei defunti. Questa pittura fu molto diffusa in tutto l’Impero, ma non si è conservato quasi nulla a causa della deperibilità dei supporti: i dipinti del Fayum, invece, si sono conservati perfettamente grazie al particolare clima della regione del delta del Nilo. Un’ultima caratteristica della regione è la lavorazione del vetro, i cui manufatti venivano commercializzati dentro e fuori l’Impero (alcuni esemplari sono stati ritrovati persino nell’odierno Afghanistan).

 

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