L’Arabia è la seconda penisola al mondo dopo l’India per estensione: essa è costituita da un vasto altopiano per lo più arido e desertico ma con ampie zone steppose dove è praticabile la pastorizia; le poche terre fertili corrispondono alle oasi e alle fasce costiere. Nell’Arabia meridionale, in particolare, le condizioni climatiche favorirono tra il I millennio a.C. e i primi secoli d.C., il formarsi di alcuni prosperi regni, di cui parlano anche le opere degli storici greci e romani: una ricchezza che fece meritare alla penisola il nome di Arabia Felix “Arabia Felice (o Prospera)”. La spiegazione di questo appellativo si può far risalire alla presenza di pietre preziose, di oro e soprattutto di aromi quali la mirra e, in particolare, l’incenso, che poteva essere estratto solo da piante coltivate in quella regione. Erodoto a tal proposito scrive che «da ogni luogo dell’Arabia spira un soave profumo di aromi». Per questo motivo la penisola arabica fin dai tempi antichi si trovò a essere il centro nevralgico di una fitta rete di commerci che coinvolgevano Asia Minore, Africa e India.
Nelle zone desertiche che si estendevano nella parte centrale della penisola arabica vivevano tribù nomadi di “beduini” (così chiamati dal termine arabo bedewi), dedite alla pastorizia, ai commerci e anche alle razzie. Nelle oasi e sulla costa del Mar Rosso, cioè dove le condizioni ambientali erano migliori, si erano stanziati agricoltori, artigiani e commercianti che popolavano centri di modeste dimensioni. la presenza del deserto sembra aver segnato alcuni tratti del carattere e del comportamento della popolazione araba e in particolare di quella nomade: un forte senso di appartenenza al proprio clan e un forte attaccamento alla propria libertà; accanto a questi tratti bisogni ricordare il vivissimo senso dell’ospitalità: per chi vive nel deserto, infatti, trovare rifugio e ospitalità significa salvezza. La donna, come spesso accade in condizioni di vita particolarmente ostili e dure, partecipava alla vita comunitaria in una posizione non molto dissimile da quella dell’uomo. Alla base dell’organizzazione sociale delle popolazioni nomadi vi era la tribù, a capo della quale veniva eletto uno sceicco (in arabo sayyid); lo sceicco, in realtà, deteneva poteri piuttosto limitati (per esempio, non poteva emanare leggi). In tempo di guerra lo sceicco veniva talvolta veniva sostituito nel ruolo di capotribù da un comandante militare (rais). La tribù era responsabile collettivamente degli atti di tutti coloro che ne facevano parte: così, se un suo membro commetteva un crimine, la responsabilità veniva condivisa dall’intero gruppo. In questo modo tra le diverse tribù scoppiavano spesso vere e proprie guerre, anche perché il ricorso alla vendetta per rifarsi dei torti subiti (in particolare razzie o dispute per il controllo di pascoli o sorgenti) era largamente diffuso.