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Storia della pittura romana [1]: Età Repubblicana

Ripercorriamo la storia della pittura romana attraverso l’esposizione esemplificativa di alcune delle sue più importanti testimonianze artistiche: nel seguente articolo le principali pitture di età repubblicana (IV-I secolo a.C.).

Scena storica della Necropoli dell’Esquilino (Roma, Museo dei Conservatori). Uno dei documenti più antichi della pittura (storica) romana proviene dalla necropoli esquilina, utilizzata ininterrottamente per sette secoli fino al I secolo a.C.: si tratta di un piccolo frammento di un affresco a fondo bianco suddiviso in più registri, di cui quattro sono ben definiti. Nel primo registro sono visibili solamente delle gambe di un personaggio, che è proporzionalmente più grande degli altri personaggi (delle altre fasce superstiti). Nel secondo vi sono due personaggi, uno armato di lancia ed elmo e un altro togato e armato di lancia (con resti di iscrizione recante il suo nome); accanto a loro vi sono dipinte le mura di una città popolata da individui. Il terzo, più complesso, occupa gran parte del frammento: vi sono affiancate le rappresentazioni di due scene, una di un combattimento e un’altra, che è molto simile a quella del registro superiore, con due individui che si fronteggiano di fronte a un gruppo di soldati. Nel quarto registro vi è un duello tra un soldato romano e uno sannita.

La lettura dell’iscrizione superstite della terza fascia ([…]anio(s) St(ai) F(ilios) e Q. Fabio(s)) conferma l’ipotesi che ad essere rappresentati nell’affresco possano essere episodi collocabili durante la Seconda Guerra Sannitica, guerra che vide tra i capi romani Quinto Fabio Massimo Rulliano. La sua datazione presumibilmente non dovrebbe superare l’inizio del III secolo a.C., e potrebbe quindi riproporre quelle pitture, tramandateci dalle fonti, di Fabio Pittore che nel 304 a.C. dipinse con scene della Seconda Guerra Sannitica l’interno del tempio di Salus. Gli elementi artistici e stilistici – la suddivisione in fasce, le proporzioni gerarchiche e i contrasti cromatici – appaiono molto simili a quelli del mondo italico e alla pittura pestana.


Parete di I Stile della Casa Sannitica (Ercolano). Nella prima metà del II secolo a.C. si assiste ad una progressiva diffusione dell’uso di dipingere le pareti delle case, e non più solo dei templi o degli edifici pubblici. Lo stile adottato riprendeva quello già adottato nel V secolo a.C. e diffusosi nel mondo ellenistico di III secolo a.C. di ornare gli spazi interni ed esterni con la riproduzione di una muratura isodoma con cornici di coronamento. Giunta a Roma dal mondo greco, questa tecnica da qui conoscerà ampia diffusione in tutto l’ambito artistico italico, con tutte le influenze barocche: a cornici dentellate in stucco e alla muratura isodoma (classica) si affiancano anche elementi ellenistici, come la policromia che intende imitare marmi rari e preziosi.


Parete di II Stile della Casa dei Grifi (Roma, Antiquarium Palatino). Alla fine del II secolo a.C. la pittura policromatica di imitazione marmorea prende progressivamente il posto delle decorazioni delle pareti a stucco; ma non solo, vi si aggiunge anche una complessità stilistica alla pittura, riscontrabile nella presenza – sempre dipinte – di elementi architettonici “reali” come colonne e architravi. Si sviluppa così un nuovo stile, il cosiddetto II Stile o “stile architettonico”, che dominerà nell’arte romana fino alla fine del I secolo a.C. Esso è riscontrabile nella Casa dei Grifi sul Palatino. Lo stile è illusionistico: “incorniciate” con lastre in marmo e cornice a dentelli, le pareti sono dominate da una decorazione di cubi in prospettiva (scutulatum) da cui sporgono colonne con basi prospettiche ornate da rombi chiari su sfondo scuro; le colonne ionico-corinzie sorreggono un architrave di cui è ampiamente visibile (in prospettiva pittorica) la parte inferiore. Il pavimento invece è costituito da un mosaico finissimo in tessere a scutulatum. La cronologia della case e delle sue decorazioni (ricoperte dalla Domus Flavia in età imperiale) hanno indotto gli archeologi a collocarla tra il 120 e il 110 a.C..


Cubicolo della Villa dei Misteri (Pompei). L’adozione di un sistema decorativo che si rifaceva all’architettura fece sì che col tempo si tentasse a mettere sempre più in evidenza la prospettiva e allo stesso tempo di cercare lo “sfondamento” della parete, ossia lasciando intravedere sullo sfondo altri elementi architettonici (o edifici) o semplicemente lo spazio. Già intorno ai primi anni della colonia romana (70 a.C.) Pompei ci fornisce un esempio del genere: in alcune sale adibite ad uso privato (le altre mantengono uno stile vicino a quello della Casa dei Grifi), come oeci o cubicoli, si assiste a questo sperimentalismo spaziale: su un alto plinto si ergono dei pilastri che sostengono una cornice decorata; in secondo piano è invece collocato un prospetto con colonne corinzie e architravi che sono uniti da un arco a tutto tondo (che pare sospeso) e che si raccorda ad un (ulteriore) muro di fondo di cui sporge l’architrave. Al centro dell’ambiente si intravede, sullo sfondo, una struttura a tholos corinzia. Così, con quattro distinti piani di architetture e con la veduta a cielo aperto, viene realizzato un ampio gioco prospettico di grande ricchezza decorativa.


Salone con scene misteriche della Villa dei Misteri (Pompei). Il nome di questa villa prende nome proprio dagli affreschi del suo grande salone, raffigurante i riti di iniziazione ai misteri dionisiaci nel seguente ordine: lettura del rituale da parte di un giovane alla presenza di due matrone, sacrificio effettuato da una donna, scena mitica con Dioniso e Arianna circondati da Sileni, Satiri, Panische e Menadi durante lo scoprimento del phallos e della flagellazione rituale. Le scene avvengono su un falso podio dipinto, così come lo sfondo marmoreo. Le figure si rifanno a modelli monumentali e non presentano una certa cromaticità, ma al contrario, sembra che l’attenzione del pittore si concentri sui complessi panneggi e sulle espressioni patetiche dei volti.


Cubicolo della Villa di Boscoreale (Metropolitan Museum, New York). Tornando alle decorazioni di II Stile, grande importanza rivestono le decorazioni del cubicolo della Villa di Fannio Sinistore, databili intorno al 60 a.C.. Sui suoi lati lunghi vi è un prospetto tripartito nel seguente modo: al centro vi è una prospettiva di un piccolo tempio (naiskos), mentre ai lati vi sono un prospetto di casa, di piccoli altari e di un simulacro su colonna (una fuga prospettica di edifici e giardini). Nella parete di fondo, sempre tripartita, vi domina l’elemento naturalistico (giardini con fontane, pergolati, grotte) che potrebbero essere interpretate (secondo il pensiero vitruviano, non teorizzato comunque per il cubicolo) rispettivamente come una riproposizioni di scenari – scenografie teatrali – comici, tragici e drammatici. Queste decorazioni rientrano nell’ambito del tanto ricercato “sfondamento” della parete, ma in questo caso sovrabbondano di decorazioni e di complessità al punto da non avere una coerenza decorativa, ma anzi, molto varia e senza una certa logica.


Pittura con paesaggio dell’Odissea della Casa di via Graziosa (Roma). Le pitture su pannelli di quella che doveva essere stata una ricca casa provengono dall’Esquilino e si possono datare intorno alla metà del I secolo a.C.. L’origine del tema dipinto, il viaggio di Ulisse con sfondo di paesaggio, è comunque molto antica, e potrebbero risalire all’età ellenistica, periodo in cui inizia a svilupparsi e a diffondersi la rappresentazione miniata o a scala ridotta, diffusasi poi a Roma dall’Oriente già nel II secolo a.C. di pari passo con i poemi omerici, artisticamente sfociata in quel genere che Vitruvio chiama “Ulixis errationes per topia“. L’episodio del pannello, l’assalto dei Lestrigoni, mantiene uno stile “impressionistico” e un tono uniforme, e in questa chiave anche la minuziosità dei personaggi e dei particolari. Questa forma artistica conoscerà ampia diffusione, specie nei fregi minori e nei quadretti votivi (pinakes) fino a quasi la età imperiale.

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Seguiranno prossimamente altri articoli sulla pittura romana nelle varie fasi dell’età imperiale.

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