Il grande storico Cornelio Tacito fu autore della Germania, un’opera dedicata a studiare i costumi dei popoli germanici, in cui egli individuava il vero pericolo per Roma. I tempo gli avrebbe dato ragione. Alla sua epoca, però, i Germani erano tenuti a bada dietro il limes sul Reno, che segnava il confine tra l’Impero romano e le terre dei barbari. Questo limes si era formato in seguito al disastro a cui l’esercito romano era andato incontro durante gli ultimi anni dell’Impero di Augusto.
Negli anni precedenti, infatti, i Romani erano riusciti a spingersi oltre il Reno, assoggettando buona parte delle popolazioni germaniche, sino al fiume Elba. A governare la nuova provincia della Germania fu inviato, nel 7 d.C., uno dei più fidati generali di Augusto, Publio Quintilio Varo. Il territorio sembrava pacificato. Il progetto di romanizzazione, quello solito di trasformare in cittadini i barbari, nomadi o dispersi in villaggi, mettendoli a parte delle conquiste delle civiltà mediterranee, era già avviato e sembrava che parte della popolazione germanica stesse ormai adattandosi alle nuove forme di vita. Quando però Varo divenne governatore, aumentò le tasse e cercò di imporre con la forza i cambiamenti, suscitando la reazione di buona parte delle popolazioni germaniche che preferivano la loro selvaggia libertà a una civiltà forzata. A organizzare la ribellione fu Arminio, capo della tribù dei Cherusci, il quale conosceva bene le tattiche dell’esercito romano, dove aveva combattuto come ausiliario.
Quando la notizia del disastro fu portata a Roma, Augusto cadde nella disperazione: gli storici riferiscono che si aggirava “come inebetito” nel suo palazzo balbettando “Varo, rendimi le miei legioni!”. Si temette che la ribellione potesse estendersi alle Gallie; ai confini vennero mandate legioni, sotto il comando di Tiberio (il futuro imperatore) che, con una serie di battaglie vittoriose, mise alle corde i Germani, senza tuttavia riuscire a domare la ribellione. La guerra fu proseguita da suo nipote, Germanico, che sei anni dopo, nel 15 d.C., riportò l’esercito sul luogo della disfatta; Tacito racconta che si offrì agli occhi dell’esercito: “nel mezzo del campo biancheggiavano le ossa ammucchiate e disperse. Sparsi intorno sui tronchi degli alberi vi erano dei teschi umani. Nei vicini boschi si vedevano altari su cui i Germani avevano sacrificato i tribuni e i principali centurioni”. Germanico condusse varie campagne vittoriose, ma la guerra fu infine interrotta per ordine di Tiberio, nel frattempo diventato imperatore. I Romani si ritirarono oltre il Reno e lo fortificarono in attesa di una nuova offensiva che non fu mai ripresa. Il confine così rimase per sempre sul Reno. Augusto, comunque, decise di abbandonare ogni impresa ‘transfluviale’ e stabilì – come indicazione per i posteri – che il limite naturale dell’impero dovesse essere sul Danubio e sul Reno, secondo una direttiva che, a parte qualche tentativo di epoca Flavia (la creazione degli Agri Decumates) non verrà mai più abbandonata.
L’Europa continentale si divideva in due campi distinti: un campo romanizzato e latino e un campo germanico…
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