Uno degli argomenti più bistrattati sui libri di storia è l’età ellenistica. Già di per sé è una storia liquidata in un paio di pagine, figuriamoci quella dei singoli regni, soprattutto quello seleucide. Eppure – nel caso di questo – si parla di ben due secoli e mezzo di storia, che vanno dalla morte di Alessandro Magno (323 a.C.) alla conquista romana (64 a.C.). Abbiamo scelto di affrontare l’articolo suddividendolo in vari punti, cui ogni affermazione verrà discussa con relativa argomentazione. Buona lettura!
La divisione nasce da un problema basico della categorizzazione dei vasti imperi dell’oriente antico a struttura mista – Achemenide, Seleucide o Maurya. Il discorso (nel caso dell’Impero achemenide) tende ad essere articolato e si riduce in termini esclusivi: lo stato come centralizzato (e quindi forte), o decentralizzato (e quindi debole). Le autonomie locali possono coesistere e coesistono con la forte supervisione dell’autorità centrale. Gli aspetti caratteristici di molti antichi imperi – che all’aumentare della distanza e del tempo che si impiega dal centro aumenta il potere dei rappresentanti indipendenti dell’autorità centrale – sono modificabili nel tempo (problemi dinastici, o invasioni) come le forze centrifughe, ma possono ugualmente essere un punto di forza per tempi considerevoli. C’è anche una tendenza a scrivere sui Seleucidi, e sul mondo ellenistico in generale, a “comprimere” tre interi secoli di storia e affermare (spesso inconsciamente) che è caratteristica di un solo secolo, o di una parte di essa, il che è ugualmente vero. “Debolezza” e “declino” lo si legge a partire dalle sconfitte di II secolo che i Seleucidi riportarono contro la Partia e Roma e finito per caratterizzare il primo periodo – l’approccio della “lenta agonia”. Infatti per circa 50 anni i primi due re Seleucidi governarono con continuità una regione assolutamente vasta – gli odierni Turchia, Siria, Libano, Iraq, Kuwait, Afghanistan, Iran, Armenia, Tagikistan, Uzbekistan, Turkmenistan. Nella Babilonia il dominio seleucide durò addirttura per circa 200 anni.
Il baricentro politico dell’Impero era orientato verso Occidente (Siria). FALSO
Vi era un rapporto di netta separazione e subordinazione tra la classe dominante macedone e le popolazioni locali. FALSO
Nel 1958 lo storico C. Habicht ritenne che i Successori voltarono le spalle alla politica di Alessandro verso i non-Greci, elevando a ruoli importanti solo Greci e Macedoni. Questa teoria autorevole è alla base di molte moderne analisi del carattere dei nuovi regni ellenistici. Da ciò deriva la convenzionale figura di una minoranza ristretta greco-macedone, culturalmente impermeabile all’ambiente non-greco. Sulla base di un campione di circa 250 nomi (di tre secoli) Habicht giunse alla conclusione che solo quasi il 2,5% di non-Greci occupò posizioni di autorità. Recenti studi ottenuti parzialmente su nuovo materiale stanno gradualmente rivelando che nella burocrazia, nell’amministrazione, nella corte e negli eserciti, i primi Seleucidi e Tolomei contavano più su personale non-greco di quanto si immaginasse. Il famoso 2,5% di personale non-greco nell’Impero seleucide e in Egitto è statisticamente sbagliato da quando l’evidenza era (e tuttora è) così incompleta e varia geograficamente e cronologicamente. Il campione era in ogni caso limitato (dalla selezione delle principali fonti letterarie) ai più alti gradi dell’esercito, burocrazia e corte. C’è da aspettarsi che le posizioni più alte siano ricoperte soprattutto da Macedoni e Greci, così come sotto gli Achemenidi esse erano state ricoperte da Iraniani. Ciò che va a livelli immediatamente inferiori, in posizioni medie e basse, rivela molto della politica verso i soggetti non-Greci. È qui che abbiamo il ruolo di non-Greci in alte posizioni come governatori di città, burocrati e ufficiali dell’esercito. La singolare e più importante nuova parte dell’evidenza è un decreto di Amyzon in Caria datato al 321 a.C.. Non solo contraddice l’idea dell’esclusione da parte dei Successori dei non-Greci ma attesta precisamente la tendenza opposta – la loro elevazione in posizione-chiave attraverso il personale intervento di un governatore macedone.
L’Impero aveva due capitali: Antiochia e Seleucia sul Tigri. FALSO
L’Impero seleucide non aveva una singola capitale prima della conquista definitiva dei Parti della Mezzaluna Fertile (130 a.C.) e dei Romani dell’Asia Minore a nord del Tauro (188 a.C.). Come gli Achemenidi, varie capitali erano usate come corti, amministrazione reale, esercito. L’autorità centrale, rappresentata dal re, dalla corte e dall’esercito era ristretta, esattamente come gli Achemenidi.
La fondazione di Seleucia sul Tigri è alla base del declino della vicina città di Babilonia. FALSO
I rapporti con gli altri regni ellenistici erano conflittuali. VERO
Non ci fu mai una stabilità nel quadro della politica estera dei regni ellenistici. L’Impero Seleucide fu impegnato a lungo e su più fronti con gli altri regni: basti pensare al lungo conflitto che vide la Celesiria finire sotto il dominio tolemaico, la separazione del regno greco-battriano in Oriente, o anche la crescente autonomia dell’area anatolica (Regno di Pergamo) e pontica.
Le interazioni culturali greche in Oriente avevano dei limiti. VERO
Altri fattori sono rilevanti nel contare l’esistenza di limiti alle interazioni culturali dei Greci (e di qualsiasi altro popolo). Innanzitutto, lo stato e la disponibilità di linguaggio che si impara nella società. Né nell’educazione greca classica né in quella ellenistica vi erano comprese lingue straniere; né la loro conoscenza era apprezzata. Solo coloro che propendevano a imparare quelle professioni o condizioni che lo rendevano appetibile: mercanti, soldati, dottori, viaggiatori, uomini di frontiera, schiavi avrebbero potuto acquisire un vocabolario di base o più ampio a seconda delle necessità.
La lingua ufficiale dell’Impero Seleucide era il greco. FALSO
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