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L’eredità linguistica gotico-longobarda nella lingua italiana

I Goti e i Longobardi non ci hanno lasciato soltanto monili d’oro, tombe e frammenti di armi, ma anche un’eredità che resta ancora oggi fissa nella nostra cultura: la lingua.

Il re degli Ostrogoti Totila al cospetto di San Benedetto, miniatura.

Le lingue dei Goti e dei Longobardi appartenevano al ramo delle lingue germaniche orientali, parlate tra il III/IV e il VI secolo d.C. (il gotico sopravvisse in Crimea fino al XVIII sec.), e oggi estinte. I motivi della loro estinzione sono dovuti alla progressiva fusione con la popolazione locale e cristiana cattolica, di lingua latina. Sono circa trecento, le parole che sono entrate a far parte stabilmente del nostro linguaggio e che magari pronunciamo senza conoscerne assolutamente la provenienza. Esse appartengono ad ogni aspetto della vita quotidiana e denotano anche nomi propri e cognomi. Le maggiori eredità sono nei settori con i quali questi popoli avevano più familiarità, come la guerra (esso stesso nome longobardo), la caccia e gli utensili.

Ecco un elenco delle più diffuse assonanze:

Cavaliere longobardo, placca in oro, VII sec.
Elmo ostrogoto, VI sec. d.C.

Altrettanto numerosi sono i nomi propri che ci hanno lasciato i Longobardi. Da notare che talvolta i nomi erano formati dalla metà di quello del padre e la metà di quello della madre. Fra gli altri sono da citare: Adelmo, Adolfo, Alberto, Aldo, Armando, Bernardo, Filiberto, Guido, Leopoldo, Matilde, Rodolfo, Ubaldo…

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