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Le infrastrutture nel sistema viario romano

Le infrastrutture furono il vero e proprio cuore del sistema viario romano [1][2]. Grazie alla loro ingegneria, essi costruirono delle vere e proprie ‘opere d’arte’ che tutt’oggi continuano ad esistere e ad essere sfruttate: ponti, viadotti, gallerie e tagliate.


La via Appia, iniziata nel 312 a.C., aprì una nuova era nell’ingegneria stradale, tanto che il suo costruttore, il censore Appio Claudio Cieco, passò alla storia come colui che «scavò le alture, pareggio le valli e i baratri con mirabili terrazzamenti» (Diodoro Siculo, XX, 36, 2). Da allora audaci ‘opere d’arte’ furono realizzate lungo la rete stradale, con l’obiettivo di superare gli ostacoli naturali.

Ponte romano sul fiume Volturno

I ponti costituirono un elemento essenziale della viabilità romana e sono ancora oggi una parte importante della documentazione archeologica. In origine e per lungo tempo furono costruiti in legno, due esempi di ponte militare in legno, sono i ponti di Cesare sul Reno. Il primo fu realizzato nel 55 a.C., il secondo fu costruito due anni più tardi nel 53 a.C. In seguito si passò a costruirli anche con passerelle di legno su piedritti in pietra e nel 142 a.C. venne costruito il Pons Aemilius, chiamato successivamente Ponte Rotto, primo ponte interamente in pietra: gli elementi costruttivi erano i pilastri (pilae), per lo più realizzati in opera quadrata e spesso dorati di rostri e di aperture, per ovviare alla pressione dell’acqua in caso di piena, e le arcate in conci lapidei radiali, a tutto sesto o leggermente ribassate. Il ponte romano più esteso fu quello di Traiano, costruito sopra il basso corso del Danubio, realizzato da Apollodoro di Damasco, rimanendo per oltre un millennio il ponte più lungo mai costruito, sia in lunghezza che in larghezza.

Ponte-Viadotto romano a Gard in Francia

In alcuni casi per ovviare a problemi del livello stradale, i Romani ricorsero frequentemente alla costruzione di viadotti, e la soluzione più diffusa fu quella del terrapieno contenuto da poderose strutture murarie, per lo più in opera quadrata.

In altri casi, per regolare la pendenza o per creare un varco sicuro attraverso un rilievo, le strade furono ricavate in trincea, o tagliando il fianco del versante roccioso: documenti significativi sono il tratto scavato in trincea nel tufo lungo la via Campana presso Pozzuoli, che ha assunto il significativo nome di Montagna spaccata.

Ingresso Grotta di Seiano sulla collina del Pausylipon

Del tutto straordinario fu invece il ricorso allo scavo di gallerie: la maggior parte si concentrano in due aree piuttosto ristrette, i monti Cimini e Sabatini, a nord-ovest di Roma, e i Campi Flegrei in Campania, accomunate da una morfologia irregolare di origine vulcanica e da una matrice geologica tufacea, tenera e insieme compatta, quindi facile da scavare e tale da mantenere la sezione voluta, senza richiedere ingenti opere di rivestimento.

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