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Le 10 peggiori sconfitte subite dai Romani e dall’Impero Romano

1. Sacco di Roma – Invasione gallica [390 a.C.]. Mentre Roma era impegnata nel conflitto contro la città etrusca di Veio, nell’Italia settentrionale si insediarono numerosi gruppi di Galli. L’ultima tribù a stabilirsi in territorio italico fu quella dei Senoni, che occuparono il territorio chiamato ager Gallicus (attuali Romagna meridionale – Marche settentrionali). Proprio i Senoni nel 390 a.C. avrebbero assediato e conquistato Chiusi (città etrusca) e disperso l’esercito romano arruolato frettolosamente presso il fiume Allia. Lasciata Roma priva di difese, i Senoni poterono saccheggiare la città. La tradizione storiografica romana provò sin da subito ad “attenuare” questo episodio. I Galli invece, una volta lasciata Roma, si diressero a sud, dove pochi mesi più tardi furono arruolati come truppe mercenarie dal tiranno di Siracusa Dionisio.

 


2. Forche Caudine [321 a.C.]. I Romani nel corso della seconda guerra sannitica sconfissero in breve tempo la guarnigione che i Sanniti avevano installato a Napoli, ultima città greca della Campania rimasta indipendente, edecisero di penetrare nel Sannio per assestare il colpo definitivo ai nemici. Il comandante sannita Gaio Ponzio Telesino decise di diffondere la notizia presso i Romani che i Sanniti stavano assediando Luceria. I Romani si misero subito in marcia verso la colonia latina e, per risparmiare tempo, scelsero di percorrere la strada più breve (e più pericolosa): intrappolati nei pressi di Caudio, i consoli Tiberio Vetruvio Calvino e Spurio Postumio Albino e le legioni che essi guidavano furono fatti prigionieri. In seguito a trattative diplomatiche si decise di rilasciare i prigionieri, che prima di essere liberati furono fatti passare sotto un giogo di lance sannite e addirittura sodomizzati.


3. Battaglie di Eraclea e Ascoli Satriano [280-279 a.C.]. Queste due battaglie videro impegnati i Romani contro Pirro (re dell’Epiro) e una coalizione di Greci, Lucani, Bruzi e Sanniti, questi ultimi nel giro di settant’anni presero per la quarta volta le armi contro Roma. L’esito, dovuto in parte anche all’utilizzo di elefanti da guerra, fu di due sanguinose vittorie per Pirro che costarono però molto a lui in termini di perdite umane: mentre l’esercito epirota composto da circa 25000 uomini si andava riducendo, quello romano poteva contare anche sugli alleati italici che fornivano truppe in continuazione e sui capite censi (nullatenenti) arruolati per l’occasione. Pirro dovette così imporre tributi per supplire alle perdite e reclutare altri mercenari.


4. Canne [216 a.C.]. Dopo aver attraversato le Alpi, il condottiero cartaginese Annibale attraversò indisturbato le regioni adriatiche, complice anche la politica attendista del dittatore Quinto Fabio Massimo detto Cunctator (“il temporeggiatore”). Al termine dei sei mesi del mandato di Fabio Massimo si riprese la guerra aperta, e i Romani puntavano molto sulla loro superiorità numerica. Nella piana di Canne invece ad avere la meglio fu Annibale, che con una manovra d’accerchiamento sconfisse gli eserciti congiunti dei consoli Marco Terenzio Varrone e Lucio Emilio Paolo. Questa sconfitta costò ai Romani la perdita di numerose città alleate dell’Italia meridionale e di Siracusa. Solo il ritorno alla strategia attendista si riuscì a rovesciare le sorti del conflitto punico.


5. Arausio [105 a.C.]. La battaglia fu combattuta contro la tribù germanica dei Cimbri nei pressi dell’attuale Orange. A causare la sconfitta romana furono i disaccordi tra il console Massimo (homo novus) e il proconsole Cepione (aristocratico). Vi è anche una spiegazione leggendaria che giustifica la sconfitta: secondo la tradizione Cepione avrebbe trattenuto per sè una parte dell’oro (Aurum Tolosanum) trovato in un tempio celtico di Tolosa (portato lì da Celti che avevano saccheggiato il Santuario di Delfi). Per questo “sacrilegio” fu accusato di malversazione e condannato.

 


6. Carre [53 a.C.]. Crasso aveva cercato di inserirsi nella contesa dinastica del regno dei Parti sia per i problemi dei confini della Res Publica, sia per avere una fama pari alle imprese di Cesare (Gallia e Britannia) e Pompeo (pirati, guerre siro-mitridatiche). Sconsigliato dal re d’Armenia, decise di marciare nelle steppe mesopotamiche dove non incontrò nulla e non seppe niente del nemico. Gli eserciti romano e partico vennero in contatto nella pianura di Carre, dove la cavalleria corazzata partica (catafratti) e gli arcieri a cavallo furono determinanti. Il figlio di Crasso cadde sul campo e furono catturate le aquile di sette legioni. Crasso invece fu ucciso mentre era in ritirata. Da allora i Romani in chiave di politica estera cercheranno sempre di vendicare questa sconfitta.


7. Teutoburgo [9 d.C.]. Uno degli obbiettivi della politica estera augustea era quello di sottomettere la Germania. Nel 6 d.C. il confine fu portato al fiume Ebla, ma questi territori non furono mai sottomessi definitivamente tanto meno romanizzati. Tre anni dopo le tribù germaniche riuscirono a far fronte comune contro i Romani: attirati da Arminio nella foresta di Teutoburgo, i Romani guidati da Publio Quintilio Varo furono massacrati (per un totale di tre legioni). Solo pochi riuscirono a salvarsi, mentre i più o caddero sul campo o furono fatti prigionieri e torturati a morte. Le aquile delle tre legioni verranno recuperate dal generale Germanico (età giulio-claudia).


8. Edessa [260 d.C.]. L’anziano senatore Valeriano, dopo essere diventato imperatore, associò al trono il figlio Gallieno e gli affidò il compito di difendere le province occidentali. La sua campagna orientale fu disastrosa: mentre cercava di strappare il controllo di Antiochia ai Persiani che l’avevano occupata, fu sconfitto ad Edessa dal re Sapore I che lo fece prigioniero e lo deportò in Persia, dove lavorò alla costruzione di una diga e dove vi morì lo stesso anno. Valeriano fu il primo imperatore romano a morire prigioniero di un re straniero.


9. Adrianopoli [378 d.C.]. Gli Unni, popolazione nomade dell’Europa centro-orientale, premevano sui Goti che a loro volta premevano sulla frontiera danubiana dell’Impero. Quando oltrepassarono il limes l’imperatore Valente non volle attendere i rinforzi dell’imperatore d’Occidente e preferì affrontare da solo i Goti, andando incontro ad una disfatta che vide l’imperatore stesso morire sul campo. Le conseguenze della sconfitta di Adrianopoli furono il preludio della separazione tra Oriente e Occidente (formalizzata alla morte di Teodosio I nel 395 d.C.) e della barbarizzazione dell’esercito.


10. Sacco gotico di Roma [410 d.C.]. Dopo la condanna a morte del generale Stilicone l’Italia fu di fatto abbandonata nelle mani di Atalarico, re dei Visigoti, che ad agosto occupò e saccheggiò Roma. L’evento suscitò impressione dato che la “Città Eterna” non cadeva in mano nemica dal 390 a.C.; inoltre i pagani incolparono dell’accaduto i cristiani per aver abbandonato gli antichi riti che avrebbero reso invincibile Roma. Tra questo saccheggio e quello che seguirà nel 455 d.C., l’autorità imperiale occidentale viene sempre meno, e pone le basi per la formazione dei regni romano-barbarici.

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