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L’Atlantide e la Repubblica: le utopie platoniche e l’utopia nel mondo antico

Accanto ai viaggi che si svolgono realisticamente nella dimensione dello spazio fisico, l’esperienza umana conosce anche il viaggio che prende forma nella dimensione ideale della razionalità, come progetto, come creazione mentale che prefigura e anticipa scenari diversi e più ricchi offerti dall’ordine attuale delle cose. Così nascono dei mondi nuovi e alternativi, che sono caratterizzati da modelli e valori che hanno più conto delle esigenze e aspirazioni umane.

Fin dai tempi più antichi gli uomini sono stati attratti dall’idea che da qualche parte potesse esistere un mondo “alternativo”, dove fossero superati i limiti e le incongruenze di quello in cui erano costretti a vivere. Un’idea che poteva esprimersi in vari modi come il recupero di un lontano passato aureo (come la mitica “età dell’oro”) o come l’attesa di un futuro che si ponesse in continuità con gli eventi presenti. Nelle culture antiche la speranza di una vita qualitativamente migliore è testimoniata in molti modi. Solo per dirne alcuni: la nostalgia del paradiso perduto, l’età dell’oro svanita che ha portato a ritmi più duri l’esistenza, la ricerca del continente scomparso di Atlantide. Testi religiosi, filosofici e letterari raccontano tutti, con modi e cadenze diverse, tutta la nostalgia di un’umanità priva di miseria, mali e dolori, che in senso metafisico si trovano, senza limiti e imperfezioni, da qualche parte. Il mito di Atlantide, il più famoso, tramandatoci da Platone, narra di un’isola felice al di là delle colonne d’Ercole. Terra di favolose ricchezze e di esistenza beata, si inabissò nell’oceano dopo un terremoto, lasciando negli uomini un indelebile ricordo e rimpianto per il bene perduto irrimediabilmente.

Nel contesto platonico il lamento sulla fine di Atlantide non rimane tuttavia solo una sterile testimonianza di un passato ormai non più recuperabile, ma diventa più che altro l’incentivo a ripensare le forme del vivere associato proponendo un modello ideale di Stato che sia capace di soddisfare i bisogni e le attese che la coscienza umana chiede, e che allo stesso tempo, fondato sui valori dell’eticità, permetta ai suoi cittadini di realizzarsi al meglio: giustizia, buon governo, ordine sociale, convivenza pacifica, equità distributiva di beni, risorse e ruoli, formazione dell’individuo. Il progetto politico di Platone è delineato nella Repubblica, il dialogo in cui vi è un compendio dell’intero suo pensiero filosofico. Costruire lo Stato ideale per Platone, infatti, significa conoscere l’uomo nella sua totalità ed il suo ruolo nell’universo, perché lo Stato non è altro che la proiezione sociale delle attitudini dell’animo umano. Come l’anima è data dalla convivenza di facoltà (dimensione materia, valori ideali, razionalità), così lo Stato è formato dall’organizzazione dei suoi cittadini.

Nella Repubblica di Platone ogni cittadino che ne fa parte è chiamato a svolgere il ruolo più consono alla propria natura: chi ha un’anima improntata al materiale deve provvedere ai bisogni materiali; chi ne ha una improntata alla forza di volontà e al coraggio devono vigilare sul buon ordine della società e preservarla da eventuali pericoli esterni; chi ne ha una improntata alla razionalità invece ha il compito di governare, guidandola verso bene e giustizia.

Il modello teorico di Platone affrontava il problema dello Stato partendo dalla consapevolezza dell’insufficienza e dei limiti dello Stato ateniese in cui viveva, che poco prima aveva condannato il suo maestro e amico Socrate: la condanna di chi aveva speso la sua vita al servizio della conoscenza e della virtù fu vista come segno di una decadenza morale che non teneva più conto di valori etici e della nobile politica al servizio del bene comune, ma al contrario al servizio di partiti e gruppi di potere. Il progetto di Platone aveva quindi il compito di sollecitare le personalità più vive e sensibili a impegnarsi coscienziosamente nella costruzione di uno Stato che restituisse dignità alla vita associata e valorizzazione dei singoli in un unico complesso. Nasceva così il modello teorico che da lì avrà (sempre teoricamente e intellettualmente) larga fortuna, che si pone come alternativa ideale al presente e di catalizzarne le energie verso il futuro.

Non è casuale che molti modelli teorici di questo genere siano elaborati in momenti di crisi o di forte tensione sociale. Tutti questi modelli hanno un comune modello: raffigurazione del mondo ideale, spazio indefinito, approdo casuale e fortuito, visita e conoscenza di leggi e consuetudini locali. Il viaggio, ideale, è un viaggio della ragione che assumeva i contorni di un vero e proprio viaggio verso terre lontane, dove la lontananza è reale e ideale allo stesso tempo. Il termine “utopia” – letteralmente “non-luogo” – coniato da Tommaso Moro, rende il senso di questa estraneità: denominazione di un luogo che non traeva riscontro nell’esperienza reale ma che esisteva nelle attese e nelle speranze di chi non si identificava nella società del suo tempo.

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