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L’Ara Pacis Augustæ

Il ritorno di Augusto dalla Hispania e dalla Gallia nel 13 a.C. fu salutato dal Senato romano con l’edificazione di un altare dedicato alla Pax Augusta, dedicato a lavoro terminato nel 9 a.C. e posto originariamente sulla via Flaminia.

L’altare consiste in un recinto quasi quadrato (11x10m) scoperto, con due porte porte sui lati minori che davano rispettivamente verso la via Flaminia e verso il Campo Marzio, e di un altare centrale sul quale venivano celebrati i sacrifici. Il recinto poggiava su una piccola base rialzata, e l’accesso all’Ara era possibile attraverso una rampa di nove gradini; esso è scandito dalla presenza di pilastri angolari ai quattro angoli, sia interni (lisci) che esterni (decorati con motivi floreali), che ritroviamo anche ai lati delle singole porte. L’architrave, nella ricostruzione attuale messo ex novo poiché andato perduto, doveva essere ricoperto da acroteri, come si evince da alcune rappresentazioni su moneta. La facciata esterna del recinto si presenta orizzontalmente suddiviso in due parti, separate da una fascia ornata con motivi geometrici ripetuti: la parte alta è costituita da un fregio figurato, mentre la parte bassa da un fregio di girali d’acanto. La stessa suddivisione la si ritrova all’interno, con il alto un motivo a festoni e in basso da una riproposizione della palizzata provvisoria (eretta durante la constitutio), separate da un fascia decorata con fiori di loto.

I fregi figurati, a seconda del loro posizionamento, riportano scene tematicamente differenti: i quattro pannelli posti sui lati delle porte riportano scene allegoriche e mitiche, mentre quelli posti sui lati lunghi una scena di processione.

I fregi mitico-allegorici. I due pannelli sulla porta principale raffigurano il Lupercale (Marte e il pastore Faustolo che assistono all’allattamento di Romolo e Remo da parte della lupa) a sinistra e il sacrificio di Enea, velato capite, con mantello e sceptrum, ai Penati (con figlio Ascanio e due camilli) a destra. Nell’altro lato corto vi sono a destra la personificazione di Roma su una catasta d’armi (il fregio è molto frammentario), mentre a sinistra un pannello con la personificazione della cosiddetta Saturnia Tellus. Soffermiamoci su quest’ultima, l’allegoricamente più complessa: il soggetto è una grande figura di matrona seduta ornata con diademi di frutti, e circondata da putti e primizie, accompagnata da due ninfe marine che siedono rispettivamente su un dragone marino e su un cigno. Il paesaggio si presenta tripartito (da destra a sinistra) tra mare, terra e montagna con paesaggio fluviale con rispettive flore e faune. Questa allegoria è di non facile comprensione e sono state avanzate varie proposte in merito al soggetto femminile raffigurato: potrebbe trattarsi – in linea con l’ideologia augustea nei suoi vari aspetti – di Venere Genitrice (madre di Enea, capostipite della gens Iulia), di una personificazione dell’Italia (centro augusteo) o di un’allegoria della stessa Pax.

Lupercale
Enea
Roma
Saturnia Tellus

I fregi della processione possono essere distinti fondamentalmente in due parti, da un lato una processione “ufficiale” sacerdotale e dall’altro una “semiufficiale” alla quale presenziano i familiari di Augusto; anche la lettura di queste due processioni è differente: (premettendo che ogni lato è stato suddiviso in due) se la lettura di quella “ufficiale” è consecutiva, quella “semiufficiale” deve essere letta come affiancata.

 

La processione “inizia” dal lato meridionale (quello che dava verso la città), e vi si possono riconoscere alcuni littori (probabilmente dodici) che aprivano il corteo, un camillo con la cassetta sacra del collegio del pontefice (acerra), il lictor proximus che cammina all’indietro per non dare le spalle secondo il rito le spalle al magistrato e al sommo sacerdote, un gruppo di togati al centro dei quali vi è Augusto come pontifex maximus col capo velato. La processione si chiude con un quattro personaggi aventi un caratteristico copricapo (galerus), i flamines maiores: il Dialis, il Quirinalis, il Martialis e lo Iulialis (in secondo piano, quest’ultimo nelle sembianze del parente di Augusto Sextus Appuleius); e dal flaminius lictor con un’ascia (simbolo del potere antico).

Sull’altro lato la processione continua secondo l’ordo sacerdotum: auguri (con dipinti o litui), quindicemviri sacris faciundis (con acerra e simboli apollinei), septemviri epulones (con acerra).

Il corteo dei familiari di Augusto si apre – sempre sul lato sud – con la figura imponente di Agrippa, erede principale in linea dinastica ma, al momento della dedicatio (9 a.C.), già scomparso da tre anni. Alla tunica di Agrippa si aggrappa Gaio Cesare, nipote e figlio adottivo di Augusto; seguono poi Livia (col capo velato), Tiberio, (un personaggio non meglio identificato), il figlio minore di Livia Druso con la moglie e nipote di Augusto Antonia Minore e il figlio di loro Germanico con toga e bulla. La parte conclusiva del corteo familiare – una donna, un togato e due fanciulli – molto probabilmente è costituita invece da Antonia Maggiore con il marito Lucio Domizio Enobarbo e i loro due figli Domizio (il futuro padre di Nerone) e Domizia. Dopo i due ultimi bambini compare un personaggio – da alcuni proposto come Mecenate o Orazio – che fa loro cenno di silenzio, che potrebbe essere il fratello del flamen Iulialis, Appuleius, Marco.

Tornando all’altro lato, continua anche il corteo dei familiari di Augusto, ma questa volta in parallelo con la prima parte: la sequenza è aperta dalla figlia di Augusto, Giulia, con il bambino Lucio Cesare che la precede; seguono: un fanciullo abbigliato da camillo (il figlio di Iulo Antonio?), Iulo Antonio e Marcella Maggiore con la figlia Giulia Minore; Marcella Minore con il marito Sesto Appuleio e il figlio Sesto Appuleio.

I rami della successione augustea appaiono quindi divisi tra metà lato nord e metà lato sud. La loro rappresentazione nel complesso non corrisponde comunque ad un evento realmente accaduto, ma di una raffigurazione puramente ideale della situazione politica della dinastia giulio-claudia di quel periodo: Augusto nel 13 a.C. non era ancora pontefice massimo, così come Agrippa era morto nel 12 a.C., e Druso e Tiberio erano nello stesso anno impegnati in Illirico e in Germania. Augusto dunque riassume in sé tutti i valori della storia e della simbologia romana, che da Enea giungono al florido periodo della Saturnia Tellus, passando per la gens Iulia, la fondazione di Roma e il suo trionfo con Augusto.

L’altare. Dell’altare originario vi sono pochi resti. Tra questi: un fregio con personificazioni (province?) in basso e con processione di Vestali e Vittimarii in alto (nell’atto di compiere il sacrificio annuale del votum), e un pulvino con protomi leonine e coronamento a girali. I fregi del recinto e quelli dell’altare si presentano infine molto diversi tra loro: mentre i primi sono in rilievo non eccessivo e in piani sovrapposti, i secondi hanno un rilievo più ampio e le figure presenti sono molto distaccate tra di loro.

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