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La storiografia di Tacito attraverso le sue citazioni

Publio Cornelio TACITO (55-120 d.C. circa)


Campagne di Agricola in Caledonia

“AGRICOLA” (98 d.C.): biografia del suocero Gneo Giulio Agricola e della sua campagna militare in Britannia e in Scozia. Tacito contrappone le figure di Agricola, che rappresenta l’uomo al servizio dello Stato e dei suoi valori che ne hanno determinato la grandezza nel mondo, all’imperatore Domiziano, che minaccia la continuità politica, la tradizione e la libertà individuale.

Anche sotto cattivi principi possono esistere dei grandi uomini.

Il riferimento è ai grandi generali dell’Impero (Agricola,Trasea Peto ed Elvidio Prisco) che con le loro azioni individuali, degne di fama presso i posteri, offuscano il clima di terrore instaurato dai principi che si è creato a Roma: intrighi di corte, invidie, accuse. Di fronte al susseguirsi degli eventi, essi sono chiamati a scegliere tra il mantenere l’integrità morale e la morte esemplare. Agricola sceglie la prima soluzione, allontanandosi dalla scena politica. Peto e Prisco invece affrontano imperturbabili la loro sorte; tuttavia essi non contribuiscono con il loro gesto estremo a migliorare la società.

Memoria della passata tirannide e testimonianza della felicità presente.

Questa è la definizione data da Tacito alla storiografia. Egli, nonostante si compiaccia per la nuova linea politica adottata da Nerva e Traiano, ripensa alle tanti morti ingiuste e crudeli di illustri cittadini di cui è stato spettatore. Da qui la riflessione tra due elementi tanto distanti quanto importanti della storiografia: la necessità della sopravvivenza e l’impulso alla virtù. Tacito accetta la forma politica del principato, nonostante venga definito una degenerazione del potere: al momento è l’unico governo possibile, un “male necessario”.

Là dove fanno il deserto, gli danno il nome di pace.

Tratto dal discorso di Calgaco, comandante dei Calèdoni, prima della decisiva battaglia contro i Romani. Tacito denuncia i veri motivi dello scontro bellico, ovvero fatto al solo scopo di conquistare, saccheggiare e fare schiavi. Con questa condanna Tacito invita i suoi contemporanei ad anteporre alla virtù militare lo spirito di sacrificio e la disciplina morale di valorosi uomini (Agricola) che hanno reso grande Roma e che ora, essendo sempre meno presi in considerazione, rischiano di causarne il declino.


 

La provincia di Germania prima della disfatta di Teutoburgo (P.Q.Varo)

“GERMANIA” (98 d.C.): descrizione dei popoli germanici, dei loro costumi e delle loro tradizioni. Tacito rielabora testimonianze indirette che devono fungere da insegnamento per i Romani: i barbari hanno le stesse virtù e la stessa moralità che avevano i Romani alle origini.

Senza cupidigia, senza sfrenatezza, tranquilli e appartati non provocano guerre, non devastano con razzie e rapine. È precipuo del loro valore e prova capitale della loro forza che la loro superiorità non deve ricorrere alla violenza, ma tutti hanno pronte le armi e, se la situazione lo richiede, un esercito imponente di uomini e cavalli; ma anche in pace godono dello stesso rispetto.


 

Busti imperatori della dinastia Flavia.

“HISTORIÆ” (100-110 d.C.): opera storiografica nella quale sono narrati gli eventi storici avvenuti tra la morte di Nerone (68 d.C.) e quella di Domiziano (96 d.C.). L’anno 69 occupa una posizione fondamentale all’interno dell’opera. Dopo la morte di Nerone segue un periodo di anarchia militare e si susseguono nel giro di un anno quattro generali-imperatori: Galba, Otone, Vitellio e infine Vespasiano. Quest’ultimo darà inizio alla dinastia dei Flavi.

Si era scoperto ormai un arcano del potere: si poteva divenire imperatore anche al di fuori di Roma.

Ad eccezione dell’aristocratico e filo-repubblicano Galba, i successivi tre imperatori ricoprono cariche militari: Otone è nominato imperatore dai pretoriani, Vitellio dalle legioni della Germania, Vespasiano dalle legioni d’Oriente. Tacito prova a motivare i fallimenti dei primi tre imperatori, causati rispettivamente dalla rigidità, dalla depravazione morale e dalla brutalità. Ne emerge però un’immagine storica molto chiara: il potere e la legittimazione imperiale non dipendevano più dalla città di Roma, ma da tutte le aree dell’Impero.

Per consenso di tutti capace del regno, se non avesse regnato.

Rif. all’imperatore Galba.


 

Processione della famiglia di Augusto sul lato sud dell’Ara Pacis: la gens Giulio-Claudia.

“ANNALES” (113-?): narrano gli avvenimenti che vanno dalla morte di Augusto (14 d.C.) alla morte di Nerone. Tacito si sofferma sugli aspetti psicologici dei principi della dinastia giulio-claudia.

Il compito degli annali è non passare sotto silenzio le virtù, e, di fronte alle parole e alle azioni malvagie, accendere il timore dell’infamia presso i posteri.

Lo scopo fondamentale di Tacito è quello descrivere le azioni esemplari di uomini illustri e allo stesso tempo di ricercarne le cause. La valutazione morale dei personaggi tiene conto della libertà e dell’obiettività, quindi Tacito cerca di mantenersi sempre equilibrato e perciò senza alcun pregiudizio nei loro confronti. Rifacendosi a Tucidide e alla sua razionalità, Tacito rimane consapevole sulla difficoltà dell’accertarsi della verità. Inizialmente gli eventi sono narrati secondo il nesso causa-effetto (tornando indietro fino alla morte di Augusto), ma alla fine egli riconosce che la storia è ciclica, ovvero che gli eventi (e le loro cause) si ripetono costantemente nel tempo in contesti storici e sociali differenti. Per quanto riguarda le fonti, Tacito aveva accesso ad archivi sia pubblici che privati oltre che a innumerevoli fonti letterarie.

Ma i fasti e le sventure del popolo romano antico sono stati narrati da storici illustri: ai tempi di Augusto non sono mancati validi talenti, finché non furono ostacolati dalla crescente adulazione.

Tacito decide di esporre gli avvenimenti della dinastia giulio-claudia poiché gli storici che vissero in quel periodo o esaltarono o avversarono eccessivamente l’operato dei principi. Precisa poi di non avere né odi né simpatie per i personaggi trattati, a conferma della sua imparzialità di storico. Gli storici illustri a cui fa riferimento sono Marco Servilio e Cremuzio Cordo, oltre ai famosissimi Sallustio e Tucidide (di cui ne imita lo stile e il linguaggio). Tacito inoltre critica molti storici (nonché fonti) dell’epoca narrata, e in particolar modo Seneca (da lui a lungo analizzato), dando voce a coloro che lo accusavano di doppiezza politica e ipocrisia.

Se gli fruttò un pericolo mortale, non fu di utilità al resto dei cittadini.

Rif. alla morte di Trasea Peto.

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