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La “Seconda Catilinaria” di Cicerone (63 a.C.)

9 Novembre 63 a.C.: Roma – Cicerone pronuncia nel foro di Roma la seconda Catilinaria.

In seguito alla prima Catilinaria, Catilina ha deciso di allontanarsi da Roma per raggiungere l’esercito radunato dal complice Manlio a Fiesole. Cicerone allora riunisce il popolo nel foro per descrivere la situazione. Il console apre l’orazione felicitandosi per il fatto che Catilina abbia abbandonato Roma senza fare ulteriori danni. Cicerone si rende conto il piano della prima Catilinaria per eliminare l’avversario era sostanzialmente riuscito. Per il resto l’orazione appare come una descrizione a tinte forti della depravazione morale di Catilina e dei suoi seguaci. Questi ultimi in particolar modo vengono inseriti all’interno di un vero e proprio catalogo, in cui si dimostra come la maggior parte dei catilinari non sia composta da altro che giovani corrotti e dediti al piacere, che hanno sperperato il loro patrimonio in orge e che ora vogliono pagare i debiti contratti facendo soldi grazie a nuove proscrizioni, come era successo ai tempi di Silla. L’orazione si conclude dimostrando come l’esercito romano avrà sicuramente la meglio sui catilinari, perché dalla sua parte ci sarà la virtù, mentre dall’altra la depravazione. Inoltre gli dei immortali vegliano su Roma e non permetteranno che essa vada incontro alla distruzione.

«(…) E se il mio consolato riuscirà, visto che è impossibile farli rinsavire, a eliminarli, prolungherà la vita del nostro stato non già per un breve e imprecisabile periodo di tempo, ma per molti secoli ancora. (…) Per terra e per mare tutti i nemici esterni sono stati, grazie al valore di un solo nostro concittadino, vinti e costretti alla pace; è una guerra all’interno del nostro paese quella che resta , all’interno si tramano insidie, all’interno è racchiuso il pericolo, all’interno è il nemico dello stato!»

«(…) Vi esporrò dunque, romani, quali categorie di persone forniscono a Catilina codeste sue forze; subito dopo a ciascuna di esse offrirò con la mia parola, se mi sarà possibile, il rimedio di un saggio consiglio. (…) La prima categoria è formata da cittadini che, pure ingolfati in grossi debiti, hanno delle proprietà più grosse ancora, ma sono a esse così svisceratamente attaccati, che è per loro impossibile disfarsi insieme di esse e dei debiti. (…) Ad ogni modo, però, costoro non sono, a mio avviso, assolutamente temibili, dato che c’è la possibilità di farli ricredere,oppure, se persisteranno nel loro atteggiamento, mi danno l’impressione di essere più pronti a imprecare contro lo stato che non a prendere le armi contro di esso.»

«(…) E in tutta questa faccenda ci si comporterà in modo che a fatti gravissimi si porrà rimedio provocando il minimo scompiglio, a pericoli gravissimi non proclamando affatto lo stato di emergenza, a una guerra civile e interna, la più crudele e grave che mai si sia avuta a memoria d’uomo, facendo esclusivamente ricorso alla mia opera di comandante supremo in abito civile. Una guerra che sarà in modo tale condotta da me, romani, che, sol che mi sarà dato il modo di farlo, non uno che sia colpevole subirà qui a Roma il castigo che la sua scelleratezza merita»

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