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La ricezione delle scene di battaglia ellenistiche nell’arte romana

Con la conquista della Grecia venne accolta a Roma la tradizione ellenistica delle rappresentazioni di battaglia. Un ruolo fondamentale devono aver svolto i quadri su tavola, noti dalle soli fonti letterarie, che venivano esposti nei cortei trionfali e successivamente nel luoghi pubblici, nei quali erano raffigurate le campagne romane vittoriose con tanto di precise indicazioni geografiche e topografiche. Questa forma artistica era tipicamente ellenistica e inizialmente aveva una funzione puramente rappresentativa; dall’ultimo secolo della Repubblica essi posero sempre più l’accento sull’aspetto sensazionalistico che doveva suscitare in chi lo vedeva una sorta di commozione. L’elemento patetico corrisponde ad ogni modo alle tendenze della storiografia “tragica”. Rappresentazioni artistiche in tal senso e con tali fini le ritroviamo nei trionfi di Pompeo (61 a.C.) e di Cesare (45 a.C.), i cui quadri raffiguranti rispettivamente la morte di Mitridate e di Lucio Scipione, Petreio e Catone fecero scoppiare in gemiti la folla che li vide.

Anche in età imperiale si mantiene questa tradizione, come dimostrato da più monumenti. Dopo la vittoria di Azio si ha nel tempio di Apollo in circo l’aggiunta di un fregio che reca delle monomachie molto vicine allo stile classico; nello stesso tempo si hanno però anche rappresentazioni di battaglie (rilievo di Palestrina, fregio di Mantova) in cui l’elemento ellenistico emerge nell’addensamento e nella distribuzione di figure tipiche ellenistiche. L’elemento romano, che esalta la superiorità del vincitore, è fortemente accentuato dal posizionamento dei vinti e degli sconfitti: i primi sono posti in una fascia più alta, i secondi sono più in basso in atteggiamenti di spasimo giacenti per terra. Anche l’elemento tragico emerge in tutta la sua pateticità e nel suo dettaglio: nonostante vinti e vincitori sono distanti tra loro, entrambi sono rappresentati con una ricchezza di dettagli che ne esalta la rispettiva miseria o gloria.

La separazione totale dal nemico la si ritrova anche su vari manufatti come la Gemma Augustea o sul Grand Camée, ed è assimilabile ai monumenti pergameni relativi alle vittorie sui Galati. A volte viene volutamente omessa la scena dello scontro, e al contrario, per esaltare la compassione del nemico, lo si rappresenta già sconfitto e afflitto, accrescendo la grandezza e la portata della figura dell’imperatore. Così, continuando nel paragone tra arte ellenistica e romana, ritroviamo la composizione del dipinto di Alessandro (replicato su mosaico, a Pompei ndr) sul fregio traianeo dell’arco di Costantino (ivi reimpiegato). Ancora una volta, anche in questo caso, la concezione romana modifica in parte la tipica scena ellenistica: Traiano guida i suoi soldati allo scontro con il nemico, ma non vi è alcun capo nemico che viene posto sul suo stesso piano; gli elementi di pathos sono molto più forti, e i volti dei nemici in fuga si confondono con quelli delle teste mozzate. L’elemento tragico viene ancora più esaltato nella Colonna Traiana, dove la tragicità fa da soggetto ad una serie di scene. Ad esempio, nell’assedio romano di una città dacia, con i Daci che decidono di suicidarsi in massa con del veleno, abbiamo un quadro completo e vario della tragedia: c’è chi protrae le braccia per prendere il veleno, chi si accascia, chi è già morto, chi viene sorretto, chi cerca la fuga. Stessa cosa nella raffigurazione del monumento di Lucio Vero ad Efeso e in quella (sempre della Colonna Traiana) del suicidio di Decebalo (re dei Daci) che si sottrae alla cattura cui però non riescono a sfuggire i suoi figli.

La rappresentazione, oltre all’accrescimento della gloria del vincitore e il pathos della lotta, aveva – nella maniera ellenistica – anche l’obbiettivo di legare l’esito della battaglia al grande sforzo che vi si sosteneva e, per quanto vi fosse un progressivo distacco tra sovrani o generali dal tumulto della battaglia, l’esercito, che era la parte attiva dello scontro, rimase sempre legato a questa concezione della fatica.

Se fino ad ora abbiamo parlato solo di battaglie in determinati spazi, apriamo una breve parentesi sulle rappresentazioni di eventi militari complessi in riferimento ad ambientazione in ampi spazi, ovvero gli assedi, che erano parte dei soggetti dei quadri trionfali. Nonostante non resti molto di questo tipo di soggetti (e dei quadri in generale) un eco lo si può avere dalla rappresentazione della famosa rissa tra Nocerini e Pompeiani del 59 d.C. e dalle successive raffigurazioni della Colonne di Traiano e di Marco Aurelio e dell’Arco di Settimio Severo. Tutte queste forniscono elementi importanti del pensare romano, come l’indicazione nel dettaglio delle condizioni geografiche e culturali con cui si viene a contatto.

Anche la storiografia opera in maniera analoga: che lo stile sia o meno classicista o che i mezzi di rappresentazione usati siano ellenistici, i modelli eterogenei sono scelti in prospettiva del tema e infine integrati in uno stile quanto più possibile unitario.

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