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La questione agraria nell’antica Roma

In questo articolo a cura del prof Giovanni Pellegrino ci occuperemo della problematica riguardante la questione agraria nell’antica Roma.

La crescita straordinaria dello stato romano portò a una intensificazione dei contatti con le culture diverse e soprattutto a una serie di lacerazioni interne sempre più drammatiche. L’inadeguatezza delle istituzioni tradizionali a sopportare il peso di uno stato così grande già evidente nell’età precedente generò una vera e propria crisi che si potrà considerare superata definitivamente soltanto con l’instaurazione dell’ impero di Augusto un secolo dopo.

La lotta politica dovuta all’azione dei Gracchi investì in pieno la dinamica dei rapporti tra le classi sociali. Non si può parlare come talvolta a sproposito è stato fatto di lotta di classe in senso moderno tutta caratterizzata dai rapporti economici. Le classi a Roma erano diverse, ai rapporti economici si intrecciavano prima la divisione tra patrizi e plebei poi la lotta tra le varie famiglie nobili che creavano e disfacevano le parti politiche. I due fratelli Gracchi furono coinvolti in prima persona nelle vicende riguardanti la questione agraria. Lo stesso programma dei Gracchi che suscitò tante reazioni violente non si può certo considerare rivoluzionario perché in ogni caso si muoveva all’interno delle istituzioni dello stato e non intendeva sovvertirle. Ma la proposta dei Gracchi che comportava il cambiamento di alcuni rapporti sociali ed economici suscitò una tale resistenza che si avviarono con essa le convulsioni dello stato romano destinate a durare per un secolo.

La proletarizzazione dei piccoli possidenti che fu l’esito dell’intenso periodo di guerre che si chiude poco dopo la metà del II secolo a.C. drammatizzò il problema del’ ager pubblicus ovvero delle terre confiscate al nemico che nello stesso periodo raggiunsero una estensione enorme sviluppando una economia essenzialmente latifondistica. E’ vero che un’antica legge fissava il limite della occupazione “ager pubblicus” a 500 iugeri ma tale legge veniva elusa dalla mobilitas senatoriale con l’impiego di prestanomi ed altri sotterfugi. Il primo obiettivo dell’azione riformatrice intrapresa nel 133-132 a.C. dal tribuno della plebe Tiberio Gracco fu quindi innanzitutto quello di ristabilire tali limiti nel possesso dell’ ”ager pubblicus” sia pure in forma attenuata dal momento che per una famiglia con più figli il limite era raddoppiato.

L’opera riformatrice di Tiberio Gracco si proponeva di liberare attraverso una seria opera di revisione un imponente quantitativo di terreni agrari. L’aristocrazia senatoriale contrastò la proposta di legge di Tiberio Gracco tramite il veto posto da un altro tribuno della plebe Marco Ottavio che non era altro che uno strumento nelle mani del senato. Di conseguenza ci fu un conflitto violento che portò alla destituzione illegale di Ottavio e all’approvazione contrastata della proposta di Tiberio Gracco. A tale situazione seguirono dei violenti tumulti nel corso dei quali a Tiberio Gracco fu rimproverata anche la richiesta di avere la carica prolungata per l’anno successivo. Alla fine Tiberio Gracco morì vittima di un’ attentato ordito da un’ estremista del partito senatorio che prendeva il nome di Scipione Nasica. L’opera di Tiberio fu continuata dal fratello Caio Gracco. Contro Tiberio aveva giocato anche l’ostilità degli alleati italici che avrebbero risentito del processo di revisione dell’assegnazione dell ”ager pubblicus” in quanto ne sarebbero stati esclusi. Così quando nel 123 a. C. divenne tribuno della plebe il fratello di Tiberio Gaio Gracco quest’ultimo attuò una politica più lungimirante tentando di indebolire la nobilitas attraverso una serie di riforme che favorivano gli interessi del proletariato urbano, degli alleati italici e della classe dei cavalieri.
Già due anni prima un console Fulvio Flacco aveva cercato di estendere a tutti gli italici la cittadinanza romana o in subordine almeno il diritto di appello contro le delibere dei magistrati. Gaio Gracco consolidò la legge agraria ed ottenne un prezzo politico al quale ogni cittadino poteva comprare il grano dello Stato. Inoltre egli presentò delle proposte che modificavano sensibilmente lo status quo istituzionale come quella che nei comizi centuriati fosse sorteggiato l’ordine di voto anziche partire dalle centurie delle classi che orientavano l’esito del voto. Gaio Gracco presentò anche una proposta di legge per mezzo della quale i giudici delle cause di concussione potessero essere cavalieri oltre che senatori. Dopo un ulteriore fallimento del tentativo di estendere la cittadinanza romana si arrivò a una situazione di altissima tensione nel corso della quale venne decretato lo stato d’assedio dando ai consoli pieni poteri. Gaio Gracco fu sconfitto e si fece uccidere da un suo schiavo nel 121 a.C.

Dobbiamo mettere in evidenza che con la sua morte la questione agraria si arenò in modo definitivo. Conseguenze di questo fatto fu l’ingresso massiccio di lì a pochi anni di proletari nell’esercito. Essi non avendo altre forme di sostentamento si trasformarono in soldati professionisti creando altresì le basi di un rapporto personale con il capo. Tale rapporto stava alla base di una politica altrettanto personale da parte del capo medesimo. Ogni partito ogni fazione erano impegnati a ricercarsi un leader che fosse il più rappresentativo possibile e potesse più o meno esplicitamente aspirare alla guida dello Stato. Sempre più chiaro di conseguenza si prospettava l’idea di un principato in grado di sostituirsi alla Repubblica.
Coloro che ottenevano i più clamorosi successi come generali nelle guerre esterne si proponevano come leader dello Stato romano. Detto ciò riteniamo concluso il nostro articolo sulla questione agraria che causò molti conflitti e molti comportamenti violenti a Roma.

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