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La Prima Guerra Punica e l’organizzazione delle prime conquiste romane

West_Mediterranean_sea_areas_of_influence_509BC-it.svgI rapporti tra Cartagine e Roma. Per i Romani, i Cartaginesi, ancor prima delle guerre puniche, erano delle vecchie conoscenze: nell’anno dell’abbattimento della monarchia a Roma, essi avevano sottoscritto un trattato che definiva le zone di influenza dei rispettivi popoli. La situazione dal 509 a.C. era tuttavia diversa da quella che si presentava alla vigilia della guerra. I Romani avevano conquistato tutta la penisola, ed erano perciò entrati in attrito con i Cartaginesi riguardo i traffici commerciali nell’Italia meridionale peninsulare. Se fino ad allora non vi erano stati motivi validi che avevano posto le due potenze in competizione, nel 264 a.C. la città di Messina (la Sicilia ricadeva nella sfera cartaginese) chiese aiuto ai Romani proprio in funzione cartaginese, e ciò diede luogo ad un lungo dibattito interno con i Romani consci del rischio di un confitto.

La decisione di dichiarare guerra a Cartagine non fu cosa scontata. Era chiaro a tutti che un’eventuale guerra avrebbe mutato radicalmente la natura della politica estera romana. I nemici, poi, erano superiori culturalmente e militarmente rispetto ai nemici galli e sanniti avuti fino ad allora da Roma, che si avvaleva del fatto di difendersi o difendere i propri alleati: l’alleanza con Messina avrebbe quindi permesso loro di “entrare” nelle questioni politiche siciliane. Un altro problema che si presentava erano i tempi di un eventuale scontro: i soldati (contadini che alternavano attività agricole ad attività militari) sarebbero stati impegnati a lungo lontano da casa e in ambienti poco familiari come il mare: questi fattori erano pressoché inesistenti a Cartagine, che, al contrario, aveva un esercito composto in prevalenza da truppe mercenarie. Stesso discorso in campo economico, dove la sconfitta di Cartagine avrebbe significato l’eredità di un impero commerciale con i suoi traffici e commerci.

Lo scoppio della guerra. La scelta di impegnarsi in un conflitto fu dunque molto combattuta a Roma. La classe dirigente come non mai si ritrovò divisa sulla decisione da prendere: prevalsero alla fine gli interessi di quanto vedevano un futuro improntato alla creazione di un vasto impero che spingevano in direzione della guerra. Il teatro dei primi scontri fu la Sicilia, nello stesso 264 a.C.: le legioni romane avanzarono nell’isola, senza però ottenere vittorie risolutive contro le roccaforti cartaginesi che venivano costantemente rifornite via mare dalla madrepatria. Roma provvide anche a costruire rapidamente una flotta che non aveva mai avuto, poiché non ne aveva mai avuto bisogno fino a quel momento. La prima vittoria navale romana avvenne nel 260 a.C.; l’esito non fu comunque compromesso per i Cartaginesi dotati di enormi risorse.

Tra i vari tentativi, si cercò anche di portare la guerra direttamente sul suolo africano, al fine di bloccare i rifornimenti via mare alle città e agli eserciti e alle flotte in Sicilia, ma il corpo di sbarco romano fu annientato (255 a.C.) e la strategia fu abbandonata. Tornando a puntare sulla flotta, nel 241 a.C. i Romani ottennero una grande vittoria nella decisiva battaglia delle isole Egadi: nel trattato di pace stipulato subito dopo i Cartaginesi cedevano la Sicilia (la stessa sorte toccherà qualche anno più tardi alla Sardegna).

I rapporti con i popoli sottomessi. Quello che viene definito “dominio romano” nella penisola consisteva in realtà in una serie di accordi tra le città sottomesse e Roma. Sappiamo che queste erano tenute a combattere al fianco dei Romani in caso di guerra, ma per il resto mantenevano una propria autonomia, erano governate da propri magistrati e continuavano a valersi delle proprie leggi. Roma aveva così il vantaggio di controllare senza troppo sforzo il territorio e di assicurarsi un sostegno militare, mentre le classi dirigenti delle città sottomesse vedevano il loro potere e i loro privilegi garantiti e protetti dall’autorità romana.

Le prime province. La Sicilia e la Sardegna, al contrario, furono gestite da Roma in modo molto diverso: una differenza che dimostrò come davvero la Prima Guerra Punica avesse rappresentato una rottura con il passato. Gli abitanti di Sicilia e Sardegna, infatti, non furono considerati alleati, sia pure su un livello di inferiorità, ma sudditi, e pertanto erano assoggettati al governo di un magistrato romano, che rappresentava la suprema autorità presente sulle due isole. A differenza degli alleati italici, poi, essi erano tenuti al versamento di un tributo fissato dallo Stato romano. Normalmente il magistrato inviato a governare questi nuovi territori era un ex console o un ex pretore che alla scadenza del proprio incarico a Roma si vedeva prorogato il mandato in qualità di proconsole o propretore. Poiché l’incarico affidato ad un magistrato si definiva in latino provincia, questo termine passò ben presto ad indicare il territorio governato dal magistrato stesso. Da quel momento in poi, la creazione di nuove province fu uno degli strumenti più usati dai Romani per amministrare i territori conquistati.

L’espansione romana verso nord. Come già accennato agli inizi dell’articolo, una parte dell’aristocrazia romana si opponeva alla decisione di dichiarare guerra a Cartagine: si tratta, nello specifico, non di una politica contraria alla guerra (al di là dei risvolti), bensì di una strategia improntata sempre sulle conquiste. Infatti questi gruppi politici vedevano nel controllo della terraferma una forma di conquista più tradizionale, che avvantaggiava in primo luogo i piccoli e i medi proprietari terrieri, da sempre componenti maggioritarie della società e dell’esercito romano. Quindi essi non furono scontentati, e nel periodo immediatamente seguente alla fine della Prima Guerra Punica, ritroviamo Roma impegnata in una serie di campagne militari contro i Galli della pianura padana (non appartenente geograficamente all’Italia di allora, peninsulare), che culmineranno nel 222 a.C. con l’annessione di tali territori, subito suddivisi in lotti assegnati a cittadini romani e latini e nei quali verranno create colonie come Piacenza e Cremona. L’avanzata romana non si arrestò infine alla pianura padana ma anche al litorale adriatico orientale, nell’Illiria, infestato dalla pirateria.

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