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La musica nell’antichità

arte sumera.05La musica accompagna l’uomo fin dai tempi più remoti. Mentre è impossibile ricostruire le musiche delle antiche civiltà preistoriche, almeno sappiamo che presso le popolazioni antiche a noi più note la musica veniva senz’altro praticata. Uno dei momenti fortemente legati alla pratica musicale era quello religioso: canti di preghiera erano intonati presso tutte le popolazioni che abitarono la Mesopotamia a partire dal 4000 a.C.; nell’antico Egitto, come si sa anche grazie a magnifici affreschi trovati all’interno di alcune tombe reali, già erano in uso strumenti musicali di vario tipo; gli antichi Ebrei avevano, invece, l’usanza di leggere i Salmi dell’Antico Testamento intonando una specie di elaborata cantilena.

La nostra cultura musicale, come del resto tutta la nostra civiltà di oggi, ha radice nell’antica Grecia. Se, purtroppo, abbiamo pochissimi reperti che direttamente ci danno un’idea di come fosse la musica presso i Greci, sappiamo però che questa era tenuta in grande considerazione, anche per il potere magico e terapeutico che le si attribuiva. I Greci elaborarono una teoria musicale piuttosto complessa; c’erano vari tipi di armonia, basati su diversi tetracordi: il tetracordo era semplicemente una scala musicale discendente, composta da quattro suoni (da qui il nome), sulla cui base i musicisti dell’epoca componevano improvvisando le loro melodie. La musica poi era parte integrante sia delle rappresentazioni teatrali che delle opere poetiche. Anche presso l’antica Roma la musica ebbe la sua importanza; i Romani assorbirono a pieno la cultura greca, così da avere consuetudini musicali del tutto simili a quelle di costoro, compresa quella di associare la poesia ad una melodia accompagnata dal suono di uno strumento. A Roma, inoltre, fiorirono più tardi anche i primi canti cristiani, di derivazione ebraica ma probabilmente influenzati anche dalla civiltà musicale greco-romana.

Generi, forme e stili: musica per ogni occasione. Nelle varie cerimonie pubbliche dell’antica Grecia si usavano composizioni come l’imeneo, che è un canto di nozze; il threno che è un canto funebre; l’inno in onore degli dei; il ditirambo, canto dionisiaco; l’epinicio, canto per il vincitore dei giochi olimpici. I nomoi (che significa letteralmente “leggi”) erano invece delle sequenze caratteristiche basate su una determinata melodia unita a un determinato ritmo che si utilizzavano, senza mai essere cambiate, ciascuna in una specifica circostanza rituale. A Roma, ancor prima dell’influenza della civiltà greca, esistevano già: dei carmi sacrali; dei canti conviviali (carmina convivalia); dei canti per celebrare le vittorie in guerra (carmina triumphalia); delle lamentazioni funebri (neniae). Nelle sature, spettacoli originariamente improvvisati, si danzava al suono della tibia; nelle rappresentazioni teatrali, infine, le parti cantate si chiamavano cantica e quelle recitate deverbia.

Musicisti in un dettaglio dal Mosaico di Zliten (II secolo d.C.), originariamente rappresentati mentre accompagnano un combattimento.

Nell’antica Roma una caratteristica forma di rappresentazione teatrale fu il pantomimo, che proponeva scene danzate di argomento mitologico o storico, accompagnate dal coro e da gruppi di strumenti musicali, quali tibie, zampogne e cimbali. Negli sfarzi della Roma imperiale non potevano mancare concerti con cori e orchestre composti da tantissimi elementi, tra gli strumenti, venivano impiegati anche quelli militari, come tube, corni e buccine.

Gli strumenti più antichi.

Cimbali e piatti. I cimbali furono già in uso presso gli Assiri e gli Egiziani, nel VII secolo a.C. Consistevano in due piattini metallici battuti l’uno contro l’altro; li ritroviamo anche nella pratica musicale della Grecia antica. Dalla loro evoluzione sono nati i piatti, già in uso, nel XVIII secolo, nei brani orchestrati cosiddetti alla “turca”, ricchi di caratteristici strumenti a percussione. Sono dischi di metallo di varie leghe fuso e martellato, che vengono di solito suonati in coppia.

Il corno. L’usanza di soffiare in conchiglie o in corni di animali per dare segnali di caccia o di guerra è antichissima. Tra gli strumenti caratteristici degli antichi Romani vi furono proprio il cornu, un grosso corno circolare a forma di G, e la buccina, una sua versione di dimensioni ridotte. Dal VI secolo d.C. vi fu in uso l’olifante, grosso corno ricavato da zanne di elefante o da corni di altri animali, mentre dal periodo barocco (XVII secolo) si incominciò a dare al corno da caccia la caratteristica forma arrotolata.

L’oboe. L’oboe moderno è uno strumento a fiato dalle origini antichissime: un suo progenitore è l’aulos degli antichi Greci, che poteva essere suonato singolo o in coppia; la sua versione romana fu la tibia, e i tibicines – suonatori di tibia – avevano un rilievo nei riti religiosi, nella musica militare e teatrale.

L’arpa. Altro strumento dalle origini remotissime è l’arpa, che potrebbe derivare dall’aggiunta di corde all’arco da caccia. Essa era sicuramente nota agli antichi Egizi, come testimoniato dal rinvenimento di un affresco a Tebe risalente al XIII secolo a.C. e raffigurante arpe enormi, di quasi due metri (in proporzione con i suonatori), riccamente decorate. Gli Egiziani usavano comunque arpe di tutte le dimensioni e con numeri di corde variabili. L’arpa è dunque uno strumento presente presso quasi tutti i popoli dell’antichità. I Greci e i Romani usarono, rispettivamente, la lira e la citara (cetra), che non derivarono nella forma direttamente dall’arpa, ma si suonavano in maniera simile. Verso il VI secolo, in Irlanda e in Gran Bretagna furono i bardi (poeti-musici) a dare fama alle piccole e portatili arpe celtiche.

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