Telefo è il figlio d’Eracle e d’Auge, figlia del re di Tegea, Aleo. Di tutti i figli d’Eracle, Telefo fu quello che assomigliava maggiormente al padre. Sulle circostanze della sua nascita, esistevano due serie di tradizioni ben distinte, le une che risalgono a fonti sopratutto epiche, le seconde stilizzate specialmente dai Tragici.
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Secondo la prima, Auge, dopo la nascita del figlio, fu abbandonata in mare da Aleo, in una cassa che andò alla deriva e giunse in Misia; oppure, Aleo consegnò la figlia a Nauplio, il quale la diede ad alcuni mercanti invece di annegarla come gli era stato ordinato, e Auge fu venuta in Misia, al re Teutra. Telefo fu allevato alla corte di Teutra.
La seconda versione, invece, separa Auge e Telefo. Mentre la madre era esposta in mare, il bambino lo era sulla montagna, in Arcadia. Infatti, Aleo aveva dato Auge a Nauplio col compito di farla annegare. Per strada la giovane mise al mondo il figlio sul monte Partenione e lo abbandonò. E, mentre Nauplio la vedeva a mercanti che la conducevano in Misia, il picollo Telefo era nutrito da una cerbiatta. Fu raccolto in seguito da pastori del re Corito, i quali lo regalarono a quest’ultimo. Corito allevò il bambino come un proprio figlio, e gli diede il nome di Telefo, nel quale si ritrova la parola greca che significa «cervo» o «cerbiatta» (ελαφος). Diventato adulto, Telefo interrogò l’oracolo di Delfi per ritrovare la madre. L’oracolo gli disse di recarsi in Misia, dove infatti trovò la madre presso il re Teutra. Si raccontava che prima, trovandosi a Tegea, aveva ucciso accidentalmente, e senza sapere chi fossero, i due fratelli della madre, Ippotoo e Pereo, avverando in tal modo un antico oracolo. Questo delitto costituiva l’oggetto di una tragedia perduta di Sofocle, gli Aleadi. Cacciato dall’Arcadia, Telefo andò a consultare l’oracolo di Delfi, il quale gli ordinò di recarsi in Misia, senza pronunciare una sola parola durante il percorso e fino a che Teutra non l’avesse purificato.
Un episodio tragico si era sviluppato sul tema del riconoscimento di Telefo e d’Auge. Forse era trattato nei Misi di Sofocle. All’arrivo di Telefo alla corte di Teutra, Ida, l’argonauta, tentò di sottrarre il regno a quest’ultimo. Il re chiese aiuto a Telefo, il quale era giunto in Misia accompagnato da Partenopeo, promettendogli, in caso di vittoria, la mano d’Auge: egli la considerava come propria figlia adottiva dal momento in cui ella era approdata in Misia. Telefo riportò la vittoria, e il matrimonio promesso sta per svolgersi. Ma Auge, che è fedele al ricordo d’Eracle, non vuole unirsi ad alcun mortale. Ella entra nella camera nuziale con una spada. Un serpente enorme, inviato dagli dei, sorge allora fra lei e suo figlio, e, tramite una ispirazione divina, Auge e Telefo si riconobbero: l’incesto e il delitto furono evitati, e la madre e il figlio ritornarono in Arcadia.
Per lo più, si ammetteva che Telefo, riconosciuto da Auge, rimaneva in Misia, dove Teutra ne faceva il suo erede e lo considerava come proprio figlio. Gli diede in sposa la figlia Argiope. A questo punto si pone un celebro episodio della vita di Telefo: la sua cotta contro i Greci che si recavano a Troia e il suo ferimento da parte di Achille. Durante il loro primo tentativo contro Troia, i Greci, ignorando la via, sbarcarono in Misia, credendosi in Frigia. Alcuni autori sostengono che essi fecero coscientemente e di loro volontà abbattere la potenza dei Misi, prima di attaccare Troia, per impedire che Priamo potesse far ricordo ad essi. Comunque stiano i fatti, Telefo si portò dinanzi agli invasori, ne uccise molti, e particolarmente Tersandro (figlio di Polinice), il quale aveva tentato di resistergli. Ma, quando si presentò Achille, Telefo, spaventato, fuggì. Durante l’inseguimento, s’impigliò un piede in un ceppo di vite, e cadde dimodoché Achille lo ferì con un colpo di lancia alla coscia. Si sosteneva che lo stesso Dioniso aveva provocato questa caduta, poiché Telefo non gli aveva reso gli onori a lui dovuti. I Greci ripresero la via del mare.
(GRC)« μή μοι φθονήσητ᾿, ἄνδρες Ἑλλήνων ἄκροι,
εἰ πτωχὸς ὢν τέτληκ᾿ ἐν ἐσθλοῖσιν λέγειν. »(IT)« Capi della Grecia, non abbiate risentimento verso di me se ho osato parlare tra nobili io, che sono un mendicante. » (Euripide, Telefo fr. 703 Nauck)
Frattanto, per otto anni, i Greci riunirono un altro esercito, e si radunarono una seconda volta ad Aulide. Ma non sapevano come raggiungere la Troade. Telefo, la cui ferita non guariva e al quale Apollo aveva predetto che «colui che lo aveva ferito lo avrebbe guarito», giunse dalla Misia ad Aulide, vestito di stracci, come un mendicante (questa caratteristica sembra propria al Telefo d’Euripide), e si offrì ai Greci d’indicare loro in cammino, se Achille avesse acconsentito a guarirlo. Edotto da Ulisse sul vero significato dell’oracolo, Achille acconsentì; mise un po’ della ruggine, che si trovava sulla sua lancia, sopra la ferita di Telefo, e questo guarì. Conformemente alla sua promesso, guidò la flotta, che giunse felicemente a Troia. Nella tragedia di Telefo, Euripide raccontava che, dietro consiglio di Clitennestra, Telefo aveva afferrato il piccolo Oreste nella culla e minacciato di ucciderlo se i Greci non avessero acconsentito a farlo guarire per mano d’Achille. Ma questo episodio drammatico sembra ben essere stato inventato dallo stesso poeta.
Dopo l’arrivo dei Greci in Troade, Telefo non ha alcuna parte nella guerra di Troia. Soltanto suo figlio Euripilo si lasciò convincere da Astioche a guidare un contingente misio al soccorso di Priamo, e ciò malgrado l’espressa promessa fatta da Telefo ai Greci di non lottare contro di loro. Ma, a quell’epoca, Telefo era già morto.
Telefo era in rapporto coi miti italici attraverso i suoi due figlio, Tarconte e Tirseno (o Tirreno). Questa filiazione appare nella Cassandra di Licofrone, ed è confermata da Tzetze e Dionigi d’Alicarnasso. Tarconte e Tirseno sono figli di Telefo e di Iera. Emigrano in Etruria, dopo la conquista di Troia, Allo stesso modo Roma, una delle eroine a cui si attribuisce l’origine di Roma, è ritenuta talvolta una figlia di Telefo, sposata ad Enea.