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La figura di Eracle: Le spedizioni d’Eracle

Siamo giunti alla terza parte del ciclo dedicato ad Eracle, l’eroe greco per eccellenza. In questo articolo vedremo quali furono le varie spedizioni che l’eroe intraprese durante le sue famose, Dodici Fatiche e di cui abbiamo parlato nel precedente articolo. Queste spedizioni sono posta durante e nel mezzo tra le canoniche Dodici Fatiche e le Avventura secondarie. Come sempre la fonte utilizzata per tali articoli è il Dizionario dei Miti Greci e Romani. Se vi siete persi i primi due articoli: La figura di Eracle: nome, origini, infanzia e La figura di Eracle: le dodici fatiche.


III. Le spedizioni d’Eracle. Nell’ordine adottato generalmente dai mitografi, la prima delle grandi spedizioni intraprese da Eracle è quella che lo portò davanti a Troia. Le cause di questa guerra sono le seguenti: facendo ritorno dal paese delle Amazzoni, Eracle approdò a Troia. Ora, a quell’epoca, l’intera città era in lutto, afflitta dagli effetti della collera d’Apollo e di Persefone. Infatti, queste due divinità avevano costruito fortificazioni attorno alla città con l’aiuto d’Eaco, e Laomedonte, il re del paese, si era rifiutato di pagar loro il salario pattuito. Per punire il re della sua perfidia, Apollo avrebbe inviato una peste che infestava la città, e Poseidone un mostro marino che divorava gli abitanti. Un oracolo aveva rivelato che quelle calamità potevano essere allontanate se Esione, figlia del re, fosse stata offerta in pasto al mostro. Proprio nel momento in cui Esione, incatenata a uno scoglio stava per essere uccisa dal mostro, Eracle giunse a Troia. Offrì subito a Laomedonte di salvare la figlia se il re gli avesse dato in ricompensa le giumente che Zeus gli aveva regalato un tempo come prezzo di Ganimede. Laomedonte promise ed Eracle uccise il mostro. Ma, allorché richiese la ricompensa, il re gliela rifiutò. Eracle partì da Troia, minacciando di ritornare un giorno e di conquistare la città.

L’occasione di portare a compimento la sua minaccia si presentò vai anni dopo, una volta che furono terminate le Dodici Fatiche, e anche dopo la schiavitù presso Onfale. Una volta libero, Eracle radunò un esercito di volontari e veleggiò verso Troia, con una flotta di diciotto navi e cinquanta rematori. Sbarcò al porto d’Ilio e affidò le navi alla custodia d’Ecle. Egli stesso, accompagnato dalla sua schiera, attaccò la città. Frattanto, Laomedonte fece una sortita contro le navi, e uccise Ecle, ma la schiera di Eracle giunse in soccorso della piccola guarnigione lasciata con le navi e Laomedonte dovette ritirarsi. L’assedio cominciò. Non durò molto. Ben presto, Telamone, uno dei più fedeli compagni d’Eracle, oltrepassò le mura e penetrò nella città. Eracle entrò per secondo. Irritato nel vedersi sorpassato in valore, era sul punto d’uccidere Telamone quando quest’ultimo si abbassò e prese alcune pietre in mano. Insospettito, Eracle gli chiese che facesse; Telamone gli rispose che innalzava un altare a Eracle Vincitore. Eracle lo ringraziò, e, naturalmente, lo risparmiò. La città fu ben presto conquistata. Con le frecce, Eracle uccise Laomedonte, con i figli, fuorché Podarce (quello che doveva regnare con il nome di Priamo), diede la mano d’Esione a Telamone e permise alla giovane di scegliere quello tra i prigionieri che desiderava. Ella scelse il fratello Podarce, e, siccome Eracle le disse che quest’ultimo doveva dapprima diventare schiavo ed essere riscattato da lei, ella si tolse il velo e lo dette come riscatto del bambino, e ciò valse a questi il suo nuovo nome, Priamo (che ricorda la radice della parola greca che significa «acquistare»).

Sulla strada del ritorno, nuove avventure attendevano Eracle. Istigato da Era, il dio del sonno, Ipno, aveva addormentato profondamente Zeus, ed Era approfittò di questo sonno per suscitare una tempesta che scagliò la nave d’Eracle sulla costa di Cos. Gli abitanti dell’isola, credendosi attaccati da pirati, cercarono di allontanarli a colpi di pietre. Ciò non impedisce a Eracle e compagni di sbarcare e prendere la città durante la notte. Uccisero il re dell’isola, Euripilo, che era figlio di Poseidone e d’Astipaleo. Poi, Eracle si unì alla figlia d’Euripilo, Calciope, e le diede un figlio, Tessalo. Tuttavia, un’altra leggenda, che si integra piuttosto male con la precedente, racconta che, durante il combattimento, Eracle fu ferito gravemente da Calcodonte e dovette la propria salvezza solo all’intervento di Zeus.

Lo sbarco a Cos era ancora raccontato in un altro modo: Eracle aveva perduto tutte le navi nella tempesta, fuorché quella sulla quale era imbarcato, quando approdò nell’isola. Qui, incontrò il figlio del re Euripilo, Antagora, che custodiva una mandria. Affamato, Eracle gli chiese un ariete. Ma Antagora, invece di dargli l’ariete, lo sfidò alla lotta, con l’ariete in premio al vincitore. Durante la lotta, gli abitanti dell’isola si precipitarono in aiuto d’Antagora, credendolo attaccato. Si accese un vivace combattimento, ed Eracle fu soverchiato dal numero degli aggressori. Dovette fuggire, e si rifugiò nella capanna di una donna, dove, per non essere scoperto indossò abiti femminili. Da Cos, Eracle si recò a Flegra, dove partecipò alla lotta degli Dei contro i Giganti.

La guerra contro Augia. Augia aveva rifiutato a Eracle il pagamento pattuito, allorché questi aveva pulito le stalle dei suoi cavalli, e, inoltre, l’aveva bandito dal suo regno, l’Elide. Per vendicarsi, Eracle riunì un esercito di volontari arcadi e marciò contro Elide. Ma Augia pone alla testa del suo esercito i suoi due nipoli, i Molionidi, Eurito e Cleato. Questi annientarono le truppe d’Eracle e feriscono mortalmente suo fratello Ificle. I mitografi spiegano questa disfatta d’Eracle dicendo che l’eroe era sofferente, e che i Molionidi approfittarono vilmente di quest’occasione. Più tardi, durante la celebrazione dei terzi Giochi Istmici, dato che gli abitanti d’Elide avevano inviato i Molionidi per rappresentarli alla festa, Eracle li uccise in un’imboscata a Cleonea. Preparò allora una seconda spedizione contro Elide, prese la città, uccise il re Augia, che aveva, un tempo, testimoniato in suo favore.

Dopo questa spedizioni, Eracle fondò i Giochi Olimpici e consacrò ad Olimpia il sacro recinto (L’Altide), dove dedicò un santuario a Pelope.

Esisteva un certo numero di tradizioni locali concerneti la «ritirata» di Eracle davanti ai Molionidi. Eracle, si diceva, per esempio, era fuggito frettolosamente fino a Buprassio e, constatato che nessuno lo inseguiva, riprese fiato e si lasciò cadere vicino a una sorgente, la cui acqua gli parve particolarmente gradevole, e alla quale dette il nome di Badi (che, nel dialetto dell’Elide, significa «gradevole»).

La spedizione contro Pilo. A Pilo, in Messenia, regnava il re Neleo, che aveva undici figli, il maggiore dei quali era Periclimeno e il minore Nestore. Eracle era scontento di Neleo perché quest’ultimo si era rifiutato di purificarlo dopo l’uccisione d’Ifito. Periclimeno lo aveva perfino fatto cacciare dal paese, mentre Nestore, solo fra i figli di Neleo, aveva consigliato, ma invano, di soddisfare il desiderio dell’eroe. Quest’ultimo decise di vendicarsi.

Si racconta inoltre che, durante la guerra contro i Mini d’Orcomeno, Neleo aveva combattuto dalla parte del re d’Orcomeno contro Eracle e i Tebani, perché era genero del re. O altresì che Neleo aveva cercato di sottrarre all’eroe una parte delle mandrie di Gerione. Comunque si siano svolti i fatti, dopo aver vinto Augia, Eracle si rivolse contro Neleo. L’episodio principale della guerra è il combattimento fra Eracle e Periclimeno. Questi aveva come padre «divino» Poseidone, dal quale aveva ricevuto in dono di trasformarsi a volontà in qualsiasi animale. Ora diventata un serpente, ora un’aquila ecc. Per attaccare l’eroe, assunse la forma di un’ape e si posò sul gioco dei suoi cavalli. Ma Atena vegliava, e disse ad Eracle che il suo nemico si trovava vicinissimo a lui, ed era l’ape che egli vedeva lì. Eracle l’uccise con una freccia, oppure lo schiacciò fra le dita.

Durante la stessa battaglia, Eracle avrebbe ferito varie divinità: Era al seno con una freccia, Ares alla coscia, con la lancia. Poseidone ed Apollo presero ugualmente parte alla lotta, secondo la versione presentata da Pindaro.

Pilo cadde ben presto dopo la morte di Periclimeno. Eracle uccise Neleo e tutti i suoi figli, salvo Nestore, sia che lo avesse risparmiato a causa del suo atteggiamento benevolo verso di lui, sia perché il ragazzo fosse assente da Pilo. Secondo una tradizione conservata da Pausania, gli affidò persino il regno, chiedendogli di tenerlo come depositario fino a che gli Eraclidi non fossero venuti a richiederlo.

La guerra contro Sparta. A Sparta regnavano Ippocoonte e suoi venti figli, gli Ippocoontidi: essi avevano cacciato dal potere gli eredi legittimi, Icario e Tindaro, di cui Ippocoonte era il fratellastro. Eracle intraprese una spedizione contro di loro. Uno dei motivi addotti era il desiderio di restituire il regno a Tindaro e Icario. Un altro era il desiderio di vendicare la morte di Eono, nipote d’Eracle e figlio di Licinnio. Questo fanciullo passeggiava a Sparta, e, mentre passava davanti al palazzo d’Ippocoonte, un molosso ne uscì e volle morderlo. Eono afferrò una pietra con cui colpì il cane. Subito, gli Ippocoontidi si scagliarono su di lui e lo picchiarono fino a farlo morire. Si racconta altresì che gli Ippocoontidi erano stati gli alleati di Neleo durante la guerra precedente.

Eracle riunì il suo esercito in Arcadia, e chiese a Cefeo a ai suoi venti figli di aiutarlo. Malgrado qualche esitazione, questi acconsentirono ad unirsi a lui. Nel corso della battaglia decisiva, Cedeo ed i suoi figli perirono, come Ificle (vedi sopra per la versione secondo la quale Ificle fu ucciso dai Molionidi nella guerra contro Augia). Ma Eracle massacrò Ippocoonte e suoi figli e restituì il regno a Tindaro. Durante la lotta, Eracle fu ferito a una mano e guarito da Asclepio, nel tempio di Demetra Eleusina, sul monte Taigeto. In ricordo delle vittoria, innalzò due templi a Sparta, uno in onore d’Atena, l’altro in onore d’Era, per ringraziare quest’ultima per non aver fatto alcuna azione di disturbo durante la guerra.

L’alleanza con Egimio. Mentre le spedizioni precedenti si situavano tutte nel Peloponneso, le tre guerre distinte intraprese in seguito all’alleanza d’Eracle col re Egimio, «re dei Dori», ci trasportano in Tessaglia, al nord della Grecia continentale.

La prima fu diretta contro i Lapiti, guidati da Corono, figlio di Ceneo. I Lapiti minacciavano Egimio, e lo incalzavano così da vicino che egli dovette far appello all’alleanza d’Eracle, promettendogli un terzo del regno in caso di vittoria. Eracle non fece alcuna fatica a sbaragliare i Lapiti; ma rifiutò la ricompensa, chiedendo soltanto ad Egimio di riservarla per gli Eraclidi.

Dopo questa prima vittoria, Eracle riprese una vecchia disputa con un popolo vicino, i Driopi, che vivevano nel massiccio del Parnaso. Infatti, allorché Eracle e Deianira furono cacciati da Calidone, partirono con Illo, loro primogenito. Mentre attraversavano il paese dei Driopi, Illo ebbe fame. Eracle scorse allora Teiodamante, il re del paese, in procinto di arare con un paio di buoi. Gli chiese da mangiare per il figlio. Teiodamante rifiutò. Allora Eracle staccò dal giogo uno dei buoi, lo uccise, lo smembrò e lo mangiò con Deianira e Illo. Frattanto, Teiodamante fugge verso la città e ritorna con una schiera. Si accende il combattimento, dapprima sfavorevole all’eroe, al punto che la stessa Deianira deve armarsi ed è ferita al petto. Ma infine Eracle ha la meglio e uccide Teiodamante.

Più tardi, dopo la lotto contro i Lapiti, siccome i Driopi avevano aiutato questi ultimi, Eracle marciò contro di loro e si vendicò uccidendo il loro re Laogora (che si era reso colpevole di profanazione nei confronti d’un santuario d’Apollo banchettando nel recinto sacro), e s’impadronì del regno. Gli abitanti fuggirono in tre gruppi. Gli uni andarono in Eubea, dove fondarono la città di Caristo, gli altri si recarono a Cipro; un terzo gruppo, infine, si rifugiò presso Euristeo, il quale, per odio verso Eracle, li accolse e permise loro di fondare tre città nel suo territorio: Asine, Ermione ed Eone.

La terza spedizione dello stesso ciclo è quella che portò Eracle a prendere la città d’Orminione, ai piedi del monte Pelio. Il re di questa città, Amintore, aveva infatti proibito all’eroe di attraversare il territorio. Eracle preferì impadronirsene e uccise il re. Diodoro ha un’altra spiegazione: Eracle aveva chiesto ad Amintore la mano di sua figlia Astidamia, benché egli stesso fosse già sposato a Deianira. Il re rifiutò; Eracle prese la città, portò con sè Astidamia e le diede un figlio, chiamato Ctesippo.


Con questo si chiudono le spedizioni che Eracle intraprese, durante e nel mezzo, tra le Dodici Fatiche (che abbiamo già visto) e le cosiddette Avventure secondarie, che vedremo in un prossimo articolo.

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