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La democrazia ieri e oggi

Nelle società moderne occidentali nessun governante penserebbe mai di proporsi come “antidemocratico”: quello di democrazia è considerato, in un certo senso, un valore assoluto che si presume debba essere alla base di ogni governo e legato ai principi della libertà personale e ai diritti e doveri di ogni cittadino. La patria del concetto di democrazia fu l’Atene del VI e del V secolo a.C., divenuta il più importante Stato democratico del mondo antico, quello nel quale le istituzioni democratiche trovarono radici profonde e durature. Nella lunga evoluzione della democrazia ateniese si affermarono pertanto principi fondamentali come la libertà individuale, l’uguaglianza di fronte alla legge (isonomia), l’uguale diritto di parola (isegoria).

Platone e Aristotele, particolare de la “Scuola di Atene” di Raffaello, (Città del Vaticano, Musei Vaticani)

I Greci tuttavia distinguevano almeno sei possibili forme di governo, a seconda che il potere fosse esercitato da uno solo, da pochi o da molti, e prevedevano per ciascuna di queste tipologie una forma “buona” e una forma “corrotta”. Ebbene, il termine democrazia venne usato sia per indicare in senso positivo il governo di molti sia per designare la sua corrispondente “degenerazione”, la sua forma corrotta (detta anche oclocrazia, a sua volta degenerante nella tirannide). Questo avvenne per bocca di Platone e Aristotele, i due maggiori teorici della politica nella Grecia antica, che nelle loro opere indagarono, tra l’altro, con grande profondità, un problema di rilevanza essenziale: la relazione tra gli uomini e la società alla quale appartengono, l’articolazione della società stessa, il modo di governare, in una parola, le forme della vita umana associata.

Qui ad Atene noi facciamo così. Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia. Qui ad Atene noi facciamo così. Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento. Qui ad Atene noi facciamo così. La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private. Qui ad Atene noi facciamo così. Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso. Qui ad Atene noi facciamo così. Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore. Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero. Qui ad Atene noi facciamo così.  Pericle – Discorso agli Ateniesi, 431 a.C. / Tucidide, Storie, II, 34-36

Pericle

La democrazia, quindi, presenta fin dalle sue origini una dimensione ambivalente. Da un lato era considerata una forma di eccellenza politica, di cui l’Atene di Pericle andava fieramente orgogliosa; dall’altro restava per i Greci una delle tante possibili forme di governo, che peraltro, nel pensiero politico antico, non riscuoteva poi larghi consensi. I Greci, infatti, erano tenacemente legati all’ideale della perfezione come armonia e quindi privilegiavano non una forma di governo “pura”, ma piuttosto un regime che sapesse sintetizzare – portandoli all’armonia, elementi caratteristici di diverse forme di governo. Parlavano in proposito di “costituzione mista”, ma paradossalmente riuscirono a individuare molto tardi e fuori dalla loro terra una società che a loro parere era stata capace di realizzarla: lo storico che parla di “costituzione mista” è Polibio, vissuto tra il 200 e il 120 a.C., che utilizzò questa espressione in riferimento allo stato di Roma.

Secondo Polibio, infatti, Roma poggiava su una costituzione mista, risultato della sintesi delle tre forme di governo più importanti, cioè: la monarchia (rappresentata a Roma dai consoli), l’aristocrazia (rappresentata dal senato) e la democrazia (rappresentata dai comizi). In questa costituzione, Polibio coglie le caratteristiche più profonde del percorso storico compiuto da Roma. In tal modo si contribuisce alla teorizzazione e alla giustificazione dell’imperialismo romano. Già altri studiosi greci avevano teorizzato che le tre forme principali di governo, la monarchia, l’aristocrazia e la democrazia, degenerassero inevitabilmente rispettivamente in tirannide, oligarchia e oclocrazia. Giunta l’oclocrazia il ciclo si ripete con un ritorno alla monarchia (anakyklosis, anaciclosi). Secondo Polibio, nel caso della costituzione mista non vi è però pericolo di degenerazione dato che si tratta appunto di una sintesi delle tre forme di governo ricordate.

Naturalmente, ci sono profonde e irriducibili differenze fra la democrazia antica e le forme odierne di governo democratico. Ne ricordiamo una, e cioè la concezione del cittadino: se infatti il cittadino è (o dovrebbe essere) il “protagonista” della democrazia, risulta essenziale stabilire chi è cittadino e in quale modo partecipa alle decisioni politiche. Sappiamo che in Grecia il possesso della cittadinanza era sottoposto a confini stretti e invalicabili e, quanto alla condivisioni delle decisioni, nell’Atene democratica vigeva (in linea di principio) la partecipazione diretta alle assemblee, mentre oggi la democrazia non può funzionare, ne è pensabile che funzioni, senza grandi istituzioni rappresentative come i parlamenti nazionali.

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