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La Bibbia, archeologia e storia

I racconti della Bibbia e l’archeologia non sempre coincidono nella descrizione di fatti accaduti più di due millenni fa nella convulsa regione del Levante mediterraneo.


Il trionfo di Davide su Golia, olio del Caravaggio, 1597-1598 (Museo del Prado, Madrid)
Nei libri della Bibbia compaiono racconti diversi di questo episodio.

Una delle domande più frequenti che più appassiona gli affezionati alla storia antica di Israele è: la Bibbia aveva ragione? Cioè, possiamo considerare che tutto, o come minimo una parte significativa dei fatti che si narrano nell’Antico Testamento, accadde veramente proprio come ci viene raccontato?

Sfortunatamente, la risposta a questa domanda tanto comune e polemica non è semplice né categorica.

Dopo secoli di studi dei testi biblici, gli esperti sono riusciti a identificare una serie di strati di redazione, nonché una considerevole quantità di incongruenze, anacronismi, contraddizioni, informazioni vaghe e persino plagi. Questo insieme di cose ci allerta sul pericolo che comporta considerare questi libri come se fossero testi storici e non come quello che realmente sono, testi religiosi. Vediamo qui di seguito una breve selezione di esempi che testimoniano i problemi sopra menzionati e che obbligano a dubitare seriamente dell’affidabilità della Bibbia come fonte storia, senza nulla togliere alla sua validità religiosa.

Nel libro della Genesi, quando si narra la storia dei patriarchi, si afferma che Abramo era originario della città di Ur dei caldei. Se si tiene presente che gli esperti sono soliti datare le saghe patriarcali in un certo periodo della prima metà del secondo millennio a.C., siamo di fronte a un evidente anacronismo, poiché i caldei non dominarono Ur praticamente a 1000 anni più tardi. Pertanto, in quelli che si suppone siano stati i tempi di Abramo, la città di Ur non avrebbe mai potuto essere denominata come appare nella Genesi.

« Poi Terach prese Abram, suo figlio, e Lot, figlio di Aran, figlio cioè del suo figlio, e Sarai sua nuora, moglie di Abram suo figlio, e uscì con loro da Ur dei Caldei per andare nel paese di Canaan. Arrivarono fino a Carran e vi si stabilirono. »   (Genesi 11,31)

Continuando con la storia dei patriarchi, in un altro passaggio della Genesi si afferma  che tra le greggi di Abramo c’erano anche dei cammelli, dettaglio che risulta davvero sorprendente se teniamo conto che durante la prima metà del secondo millennio a.C. il cammello non rientrava tra gli animali che erano stati addomesticati dall’uomo.

Un altro caso ugualmente significativo è quello di Mosé: il racconto delle sue origini è talmente simile alla storia delle origini del re Sargon di Akkad, redatta dagli scriba di Ninive nel VII secolo a.C., da sembrarne una copia. Secondo questa storia, Sargon era figlio di una sacerdotessa e di un nomade delle montagne. Sua madre, che per via della propria posizione non poteva avere figli, non poté farsi carico del neonato. Perciò lo pose dentro una cesta di giunco impermeabilizzata con bitume e lo abbandonò nell’Eufrate. Le similitudini tra questa storia e quella di Mosé sono evidenti.

Un uomo della famiglia di Levi andò a prendere in moglie una figlia di Levi. La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi. Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre, prese un cestello di papiro, lo spalmò di bitume e di pece, vi mise dentro il bambino e lo depose fra i giunchi sulla riva del Nilo. La sorella del bambino si pose ad osservare da lontano che cosa gli sarebbe accaduto. Ora la figlia del faraone scese al Nilo per fare il bagno, mentre le sue ancelle passeggiavano lungo la sponda del Nilo. Essa vide il cestello fra i giunchi e mandò la sua schiava a prenderlo. L’aprì e vide il bambino: ecco, era un fanciullino che piangeva. Ne ebbe compassione e disse: «È un bambino degli Ebrei». (Esodo 2, 1-6)


« Mia madre fu scambiata alla nascita, mio padre non lo conobbi. I fratelli di mio padre amarono le colline. La mia città è Azupiranu, che è collocata sulle rive dell’Eufrate. La mia madre ‘scambiata’ mi concepì, in segreto mi partorì. Mi mise in un cesto di giunchi, col bitume ella sigillò il coperchio. Mi gettò nel fiume che si levò su di me. Il fiume mi trasportò e mi portò ad Akki, l’estrattore d’acqua. Akki, l’estrattore d’acqua, mi prese come figlio e mi allevò. Akki, l’estrattore d’acqua, mi nominò suo giardiniere. Mentre ero giardiniere, Ishtar mi garantì il suo amore e per quattro e […] anni esercitai la sovranità. »

(Re 1907, 87-96)

Anche intorno alla figura del re Davide ci sono informazioni che appaiono chiaramente contraddittorie. Per fare un esempio, nel primo Libro di Samuele si afferma che Davide fu colui che uccise il gigante filisteo Golia in un combattimento corpo a corpo, mentre il secondo Libro dei Samuele racconta che fu un tale Eljanan colui che uccise Golia. Infine, nel primo Libro delle Cronache si conclude dicendo che in realtà Eljanan uccise il fratello di Golia.

Appena il Filisteo si mosse avvicinandosi incontro a Davide, questi corse prontamente al luogo del combattimento incontro al Filisteo. Davide cacciò la mano nella bisaccia, ne trasse una pietra, la lanciò con la fionda e colpì il Filisteo in fronte. La pietra s’infisse nella fronte di lui che cadde con la faccia a terra. Così Davide ebbe il sopravvento sul Filisteo con la fionda e con la pietra e lo colpì e uccise, benché Davide non avesse spada. Davide fece un salto e fu sopra il Filisteo, prese la sua spada, la sguainò e lo uccise, poi con quella gli tagliò la testa. (1 Samuele 17,48-51)


Ci fu un’altra battaglia contro i Filistei a Gob; Elcanàn, figlio di Iair di Betlemme, uccise Golia di Gat: l’asta della sua lancia era come un subbio di tessitori. (2 Samuele 21, 19)


Ci fu un’altra guerra con i Filistei, nella quale Elcanan figlio di Iair uccise Lacmi, fratello di Golia di Gat, l’asta della cui lancia era come un subbio di tessitore. (1 Cronache 20,5)

L’elenco di questo tipo di esempi, basati unicamente sullo studio della Bibbia, potrebbe essere molto più lungo e interesserebbe questi tutti i libri che compongono l’Antico Testamento. Ma oltre a questi problemi di tipo testuale, possiamo aggiungere altre complicazioni sorte in seguito ai ritrovamenti successivi agli scavi archeologici in Israele e nel Vicino Oriente. Di nuovo, alcuni esempi scelti saranno sufficienti per illustrare le complicazioni derivate dall’archeologia alle quali ci riferiamo.

Il ritrovamento di Mosé, di Nicolàs Poussin, 1564 (Ashmolean Museum, Oxford)
Le similitudini tra la storia di Mosé (raccontata nella Bibbia) e quella di Sargon di Akkad (negli scritti assiri), mettono in evidenza l’origine del racconto biblico.

Tra gli episodi più memorabili relativi alla conquista del paese di Canaan da parte delle tribù israelite intorno all’anno 1200 a.C., ritroviamo la conquista delle città di Ay e, sopratutto, di Gerico. Secondo quanto narrato nel libro di Giosuè, gli israeliti, trasportando l’arca dell’alleanza, girarono intorno alle mura di Gerico per sette giorni di seguito. Il settimo giorno, dopo aver fatto il giro di Gerico sette volte, i sacerdoti fecero suonare le trombe e il popolo lanciò all’unisono il grido di guerra. Allora Yahweh, il Dio d’Israele, distrusse le mura della città, permettendo la sua conquista da parte degli israeliti. Nel caso di Ay, invece, fu l’astuzia tattica di Giosuè che gli permise di conquistare la città. Giosuè riuscì a fare in modo che i difensori abbandonassero la protezione che le mura offriva loro, dopodiché caddero nella trappola tesa loro dagli israeliti che, in questo modo, poterono occupare la città senza alcuna opposizione. Ma gli scavi archeologici realizzati a Gerico e Ay (il moderno sito di et-Tell), hanno dimostrato che nessuna delle due città avrebbe potuto essere conquistata dagli israeliti, come invece afferma la Bibbia. Nel caso di Gerico, l’archeologia ha dimostrato che, seppure il luogo attraversò un’epoca di splendore durante il periodo neolitico, intorno all’anno 1200 a.C. esso si trovava quindi disabitato. E’ però ancora più evidente il caso di Ay, in quanto la città fu sì distrutta in forma violenta, ma questo successe più di un millennio prima della supposta epoca di Giosuè, intorno al 2400 a.C.

Ora Gerico era saldamente sbarrata dinanzi agli Israeliti; nessuno usciva e nessuno entrava. Disse il Signore a Giosuè: «Vedi, io ti metto in mano Gerico e il suo re. Voi tutti prodi guerrieri, tutti atti alla guerra, girerete intorno alla città, facendo il circuito della città una volta. Così farete per sei giorni. Sette sacerdoti porteranno sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca; il settimo giorno poi girerete intorno alla città per sette volte e i sacerdoti suoneranno le trombe. Quando si suonerà il corno dell’ariete, appena voi sentirete il suono della tromba, tutto il popolo proromperà in un grande grido di guerra, allora le mura della città crolleranno e il popolo entrerà, ciascuno diritto davanti a sé».
Giosuè, figlio di Nun, convocò i sacerdoti e disse loro: «Portate l’arca dell’alleanza; sette sacerdoti portino sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca del Signore». Disse al popolo: «Mettetevi in marcia e girate intorno alla città e il gruppo armato passi davanti all’arca del Signore». Come Giosuè ebbe parlato al popolo, i sette sacerdoti, che portavano le sette trombe d’ariete davanti al Signore, si mossero e suonarono le trombe, mentre l’arca dell’alleanza del Signore li seguiva; l’avanguardia precedeva i sacerdoti che suonavano le trombe e la retroguardia seguiva l’arca; si procedeva a suon di tromba. Al popolo Giosuè aveva ordinato: «Non urlate, non fate neppur sentire la voce e non una parola esca dalla vostra bocca finché vi dirò: Lanciate il grido di guerra, allora griderete». L’arca del Signore girò intorno alla città facendo il circuito una volta, poi tornarono nell’accampamento e passarono la notte nell’accampamento.
Di buon mattino Giosuè si alzò e i sacerdoti portarono l’arca del Signore; i sette sacerdoti, che portavano le sette trombe di ariete davanti all’arca del Signore, avanzavano suonando le trombe; l’avanguardia li precedeva e la retroguardia seguiva l’arca del Signore; si marciava a suon di tromba. Girarono intorno alla città, il secondo giorno, una volta e tornarono poi all’accampamento. Così fecero per sei giorni.
Al settimo giorno essi si alzarono al sorgere dell’aurora e girarono intorno alla città in questo modo per sette volte; soltanto in quel giorno fecero sette volte il giro intorno alla città. Alla settima volta i sacerdoti diedero fiato alle trombe e Giosuè disse al popolo: «Lanciate il grido di guerra perché il Signore mette in vostro potere la città.
La città con quanto vi è in essa sarà votata allo sterminio per il Signore; soltanto Raab, la prostituta, vivrà e chiunque è con lei nella casa, perché ha nascosto i messaggeri che noi avevamo inviati. Solo guardatevi da ciò che è votato allo sterminio, perché, mentre eseguite la distruzione, non prendiate qualche cosa di ciò che è votato allo sterminio e rendiate così votato allo sterminio l’accampamento di Israele e gli portiate disgrazia. Tutto l’argento, l’oro e gli oggetti di rame e di ferro sono cosa sacra per il Signore, devono entrare nel tesoro del Signore». Allora il popolo lanciò il grido di guerra e si suonarono le trombe. Come il popolo udì il suono della tromba ed ebbe lanciato un grande grido di guerra, le mura della città crollarono; il popolo allora salì verso la città, ciascuno diritto davanti a sé, e occuparono la città. Votarono poi allo sterminio, passando a fil di spada, ogni essere che era nella città, dall’uomo alla donna, dal giovane al vecchio, e perfino il bue, l’ariete e l’asino.
Ai due uomini che avevano esplorato il paese, Giosuè disse: «Entrate nella casa della prostituta, conducete fuori lei e quanto le appartiene, come le avete giurato». Entrarono i giovani esploratori e condussero fuori Raab, suo padre, sua madre, i suoi fratelli e tutto quanto le apparteneva; fecero uscire tutta la sua famiglia e li stabilirono fuori dell’accampamento di Israele. Incendiarono poi la città e quanto vi era, soltanto l’argento, l’oro e gli oggetti di rame e di ferro deposero nel tesoro della casa del Signore. Giosuè però lasciò in vita Raab, la prostituta, la casa di suo padre e quanto le apparteneva, ed essa abita in mezzo ad Israele fino ad oggi, perché aveva nascosto gli esploratori che Giosuè aveva inviato a Gerico.
In quella circostanza Giosuè fece giurare: «Maledetto davanti al Signore l’uomo che si alzerà e ricostruirà questa città di Gerico! Sul suo primogenito ne getterà le fondamenta e sul figlio minore ne erigerà le porte!».
Il Signore fu con Giosuè, la cui fama si sparse in tutto il paese. (Giosuè 6, 1-27)

Senza dubbio, dopo quella distruzione Ay rimase disabitata completamente sino a dopo il 1200 a.C.: per questa ragione, è evidente che Giosuè e gli israeliti non possono aver conquistato con le armi una città che in realtà giaceva abbandonata da più di 1000 anni.

Il Signore disse a Giosuè: «Non temere e non abbatterti. Prendi con te tutti i guerrieri. Su, va’ contro Ai. Vedi, io ti metto in mano il re di Ai, il suo popolo, la sua città e il suo territorio. Farai ad Ai e al suo re come hai fatto a Gerico e al suo re; tuttavia prenderete per voi il suo bottino e il suo bestiame. Tendi un agguato contro Ai, dietro ad essa».
Giosuè dunque e tutti quelli del popolo atti alla guerra si accinsero ad assalire Ai; Giosuè scelse trentamila uomini, guerrieri valenti, li inviò di notte e comandò loro: «State attenti: voi tenderete un agguato contro la città, dietro ad essa. Non allontanatevi troppo dalla città e state tutti pronti. Io, con tutta la gente, mi avvicinerò alla città. Ora, quando essi usciranno contro di noi come l’altra volta, noi fuggiremo davanti a loro. Essi usciranno ad inseguirci finché noi li avremo tirati lontani dalla città, perché diranno: Fuggono davanti a noi come l’altra volta! Mentre noi fuggiremo davanti a loro, voi balzerete dall’agguato e occuperete la città e il Signore vostro Dio la metterà in vostro potere. Come l’avrete in potere, appiccherete il fuoco alla città: farete secondo il comando del Signore. Fate attenzione! Questo è il mio comando». Giosuè allora li inviò ed essi andarono al luogo dell’agguato e si posero fra Betel e Ai, ad occidente di Ai; Giosuè passò quella notte in mezzo al popolo. Si alzò di buon mattino, passò in rassegna il popolo e andò con gli anziani di Israele alla testa del popolo verso Ai. Tutti quelli del popolo atti alla guerra, che erano con lui, salendo avanzarono e arrivarono di fronte alla città e si accamparono a nord di Ai. Tra Giosuè e Ai c’era di mezzo la valle. Prese circa cinquemila uomini e li pose in agguato tra Betel e Ai, ad occidente della città. Il popolo pose l’accampamento a nord di Ai mentre l’agguato era ad occidente della città; Giosuè andò quella notte in mezzo alla valle.
Non appena il re di Ai si accorse di ciò, gli uomini della città si alzarono in fretta e uscirono per il combattimento incontro ad Israele, il re con tutto il popolo, verso il pendio di fronte all’Araba. Egli non s’accorse che era teso un agguato contro di lui dietro la città. Giosuè e tutto Israele si diedero per vinti dinanzi a loro e fuggirono per la via del deserto. Tutta la gente che era dentro la città corse ad inseguirli; inseguirono Giosuè e furono attirati lontano dalla città. Non ci rimase in Ai nessuno che non inseguisse Israele e così lasciarono aperta la città per inseguire Israele.
Disse allora il Signore a Giosuè: «Tendi verso la città il giavellotto che tieni in mano, perché io te la metto nelle mani». Giosuè tese il giavellotto, che teneva in mano, verso la città. Come ebbe stesa la mano, quelli che erano in agguato balzarono subito dal loro nascondiglio, entrarono di corsa nella città, la occuparono e s’affrettarono ad appiccarvi il fuoco.
Gli uomini di Ai si voltarono indietro ed ecco videro che il fumo della città si alzava verso il cielo. Allora non ci fu più possibilità per loro di fuggire in alcuna direzione, mentre il popolo che fuggiva verso il deserto si rivolgeva contro quelli che lo inseguivano. Infatti Giosuè e tutto Israele s’erano accorti che il gruppo in agguato aveva occupata la città e che il fumo della città si era levato; si voltarono dunque indietro e colpirono gli uomini di Ai. Anche gli altri uscirono dalla città contro di loro, e così i combattenti di Ai si trovarono in mezzo agli Israeliti, avendoli da una parte e dall’altra. Li colpirono finché non rimase nessun superstite e fuggiasco. Il re di Ai lo presero vivo e lo condussero da Giosuè. Quando Israele ebbe finito di uccidere tutti i combattenti di Ai nella campagna, nel deserto, dove quelli li avevano inseguiti, e tutti fino all’ultimo furono caduti sotto i colpi della spada, gli Israeliti si riversarono in massa in Ai e la colpirono a fil di spada. Tutti i caduti in quel giorno, uomini e donne, furono dodicimila, tutti di Ai.
Giosuè non ritirò la mano, che brandiva il giavellotto, finché non ebbero votato allo sterminio tutti gli abitanti di Ai. Gli Israeliti, secondo l’ordine che il Signore aveva dato a Giosuè, trattennero per sé soltanto il bestiame e il bottino della città. Poi Giosuè incendiò Ai e ne fece una rovina per sempre, una desolazione fino ad oggi. Fece appendere il re di Ai ad un albero fino alla sera. Al calar del sole Giosuè comandò che il suo cadavere fosse calato dall’albero; lo gettarono all’ingresso della porta della città e vi eressero sopra un gran mucchio di pietre, che dura fino ad oggi.
In quell’occasione Giosuè costruì un altare al Signore, Dio di Israele, sul monte Ebal, secondo quanto aveva ordinato Mosè, servo del Signore, agli Israeliti, come è scritto nel libro della legge di Mosè, un altare di pietre intatte, non toccate dal ferro; vi si sacrificarono sopra olocausti e si offrirono sacrifici di comunione.
In quel luogo scrisse sulle pietre una copia della legge di Mosè, che questi aveva scritto per gli Israeliti. Tutto Israele, i suoi anziani, i suoi scribi, tutti i suoi giudici, forestieri e cittadini stavano in piedi da una parte e dall’altra dell’arca, di fronte ai sacerdoti leviti, che portavano l’arca dell’alleanza del Signore, una metà verso il monte Garizim e l’altra metà verso il monte Ebal, come aveva prima prescritto Mosè, servo del Signore, per benedire il popolo di Israele. Giosuè lesse tutte le parole della legge, la benedizione e la maledizione, secondo quanto è scritto nel libro della legge. Non ci fu parola, di quante Mosè aveva comandate, che Giosuè non leggesse davanti a tutta l’assemblea di Israele, comprese le donne, i fanciulli e i forestieri che soggiornavano in mezzo a loro. (Giosuè 8, 1-35)


DIVERSE INTERPRETAZIONI

Tutte queste discrepanze hanno portato alcuni storici a difendere con veemenza teorie radicali, secondo le quali i libri che compongono l’Antico Testamento furono in realtà messi per iscritto e pubblicati molto tardi, in epoca persiana o ellenica, e il loro contenuta era essenzialmente letterario e aveva poco o niente a che fare con la storia. I libri biblici non erano basati su dati storici, perlopiù inesistenti nel caso della storia più antica di Israele, ma piuttosto su motivi mitici, dal carattere leggendario, novellistico e folcloristico. Pertanto, d’accordo con questi storici, in nessun caso l’Antico Testamento può considerarsi una fonte storica attendibile per la ricostruzione della storia antica di Israele. Al contrario, si tratta solo di una compilazione di racconti creata in epoca tardiva come giustificazione o spiegazione del passato più remoto di Israele. Per questi storici, figure come quella del re Davide sono molto simili a quelle di altre personaggi famosi come Gilgamesh, Achille o re Artù, come dire personaggi essenzialmente leggendari la cui esistenza storica è come minimo discutibile.

Tornando alla domanda iniziale: aveva ragione la Bibbia? Per gli storici più critici nei confronti della Bibbia la risposta è no. Senza dubbio, posizioni estremamente radicali come queste si scontrano con alcune prove evidenti a nostra disposizione che non possono né debbono essere ignorate. Ferme restando tutte le contraddizioni esposte al principio, la realtà è che alcuni dati e alcune storie raccontante nell’Antico Testamento sono state invece confermate nella loro esistenza dalle informazioni portate da fonti che possiamo dire “neutrali” (archeologia e testi extra biblici).


ASSIRIA E BABILONIA

L’invasione di Giuda da parte di Sennacherib e la distruzione di Lachish sono descritte dalla Bibbia e dai rilievi del palazzo del re assiro Sennacherib, a Ninive, ora al British Museum di Londra

Tra gli esempi più significativi troviamo alcuni testi assiri e babilonesi che menzionano re di Israele e di Guida che appaiono anche nella Bibbia. Addirittura uno di questi testi, quello inciso sull’obelisco nero, è accompagnato da un rilievo nel quale è rappresentato il re Jehu d’Israele che porta un tributo a re Salmanassar III di Assiria. Un altro caso di coincidenza parziale tra la Bibbia e un testo extra biblico è quello della famosa stele di Mesha, che contiene una lunga iscrizione in caratteri molto simili a quelli fenici e che fu trovata nel 1868 a Shiban (Giordania). Questa stele fu ordinata dal re Mesha di Mohab, un personaggio che viene citato anche nel secondo Libro dei Re. Anche se la storia che ci viene tramandata dalla stele differisce in alcuni punti essenziali da quella presentata dal racconto biblico, di nuovo essa conferma che come minimo alcuni dei personaggi menzionati nella Bibbia non furono invenzioni di autori posteri, bensì che si trattava di soggetti storici ben testimoniati anche da altre fonti.

Allo stesso modo, anche l’archeologia ha confermato alcune delle storie raccontate nella Bibbia. Ad esempio, ancora nel secondo Libro dei Re si fa riferimento all’invasione di Giuda da parte del re assiro Sennacherib nell’anno 701 a.C.; gli scavi archeologici hanno trovato prove inconfutabili che confermano che detta campagna ebbe effettivamente luogo. Tra le prove, sono molto importanti i rilievi del palazzo di Sennacherib a Ninive, dove vengono registrati con minuzia di particolari l’assedio e la successiva conquista della città di Lachish, la seconda città più importante di Giuda dopo Gerusalemme.

Ora in quella notte l’angelo del Signore scese e percosse nell’accampamento degli Assiri centottantacinquemila uomini. Quando i superstiti si alzarono al mattino, ecco, quelli erano tutti morti.
Sennàcherib re d’Assiria levò le tende, fece ritorno e rimase a Ninive. (2 Re 19, 35-36)

Inoltre, gli scavi di Lachish hanno permesso di documentare l’episodio grazie al ritrovamento di prove della distruzione della città che coincidono con la data del 701 a.C. Di fatto, gli archeologici sono stati in grado addirittura di localizzare la grande rampa che fu costruita dall’esercito assiro per facilitare l’accesso delle macchine da guerra alle mura della città.

Il sito di Tel Dan, il più importante di Israele, custodisce più di sei millenni di storia.

Più recentemente, nel 1993 e 1994, nel sito israeliano di Tel Dan, sono stati ritrovati tre frammenti appartenenti a una stele in basalto che conteneva un’iscrizione aramaica. La stele, datata alla fine del IX secolo a.C., apparteneva probabilmente al re Hazael di Damasco, e descriveva una spedizione militare del monarca contro i regni del Levante meridionale. Tra le illustri vittime di Hazael, la stele menziona i re Joram di Israele e Ocozia della “casa di Davide”. La stessa stele, così come accadde con quella del re Mesha, ci offre una visione alternativa di un fatto narrato nella Bibbia. In questo caso si tratta della versione aramaica dello scontro che ebbe luogo tra gli eserciti di Joram e Ocozia e quelli di Hazael, e che avvenne a Ramot di Galaad, come narrato nel secondo Libro dei Re (otto, 28-29).

Egli con Ioram figlio di Acab andò in guerra contro Cazaèl re di Aram, in Ramot di Gàlaad; ma gli Aramei ferirono Ioram. Allora il re Ioram andò a curarsi in Izrèel per le ferite ricevute dagli Aramei in Ramot, mentre combatteva contro Cazaèl re di Aram. Acazia figlio di Ioram, re di Giuda, scese a visitare Ioram figlio di Acab in Izreèl, perché costui era malato. (2 Re 8, 28-29)

Senza dubbio, l’importanza della stele di Tel Dan sta, più che nella descrizione del conflitto, nella menzione, collocata nel IX secolo a.C., di un re di Giuda che fu riconosciuto da un monarca aramaico come appartenente alla dinastia di Davide, soltanto poche generazioni dopo la morte di questi. Questa citazione della “casa di Davide” risulta essere di vitale importanza all’interno del dibattito, poiché pone fine alle teorie secondo sui Davide doveva essere considerato come un personaggio fittizio, invenzione creata dai sacerdoti giudei dell’epoca persiana o ellenica con finalità di legittimazione etnica, religiosa e politica.

In definitiva, tutto ciò dovrebbe permetterci di fare un giudizio più equilibrato, dandoci la conferma di come nella Bibbia convivano alcuni dati pienamente veritieri con altri che non hanno invece alcuna relazione con i fatti storici. Di qui, l’impossibilità di rispondere categoricamente alla domanda posta. La Bibbia ha ragione, qualche volta.


STORIA RIELABORATA

Bisogna tener presente che la maggior parte dei libri biblici fu tramandata per lunghi periodi, talvolta per secoli. Durante questo prolungato processo, i libri soffrirono un costante lavoro di edizione e di rielaborazione, perché venivano adattati alle circostanze delle diverse epoche, da persone sempre diverse. Lo studio scientifico di questi libri, basato sulla critica testuale e sull’analisi dei dati riferiti da fonti extrabibliche, dimostra che le compilazioni mettono insieme informazioni di tipo e origini molto diversi. In questo modo, alcuni dati storici convivono con leggende, miti e racconti, e il risultato finale sono testi estremamente complessi, con un presupposto nucleo storico che in alcuni  casi è molto difficile da verificare e controllare da parte degli studiosi. E’ per questi motivi che, sebbene la Bibbia offra informazioni che storici non possono semplicemente ignorare, è doveroso usare prudenza nell’uso di questo materiale per ricostruire la storia del sud del Levante durante il primo millennio a.C.

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