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Il sistema viario romano, un’introduzione storica

Con questo articolo, apriamo uno ‘sguardo’ su quello che era il sistema viario in epoca romana. Lo faremo analizzando in vari articoli i vari aspetti che lo riguardavano ed inizieremo con un’introduzione storica nella quale parleremo del quali erano le finalità assunte da una strada, in quali categorie esse si dividevano e da cosa derivi il loro nome.


In tutta Europa, dalla Penisola Iberica al Mar Nero, è comune imbattersi in tratti di strada romana sufficientemente ben conservati o in manufatti stradali, quali ponti, gallerie, ancora oggi capaci di destare ammirazione per le loro condizioni di conservazione e/o utilizzo continuativo. Ventitré secoli fa come oggi. Via Aurelia, Via Cassia, Via Flaminia, Via Salaria, Via Tiburtina-Valeria, Via Appia, Via Emilia, Via Domiziana, Via Flavia, esistono, sono realtà vive ancora oggi, sono altrettante denominazioni contemporanee di moderne strade statali, con tanto di numero.

La questione del loro appellativo non è banale. I manufatti viari sono repliche dell’antico da un punto di vista onomastico; essi accettano e implicano l’antico, ossia l’ordine concepito e realizzato dagli artefici romani nel territorio e nell’ambiente. Romano è l’impianto sottostante alle moderne realtà di comunicazione, romano è il ricercato fondersi con il paesaggio.

In un territorio denso di testimonianze come quello italiano, ogni nuova opera stradale o autostradale fatalmente impatta con contesti interessati dalla presenza di manufatti di rilevanza archeologica.

Nel generale proporre un quadro completo ed esaustivo del sistema stradale di epoca romana in Italia si è rivelato fin dall’inizio un’impresa oltremodo complessa: numerose sono le strade la cui esistenza è testimoniata da un nome, derivato da quello del loro costruttore o dal centro cui erano dirette e tramandato dalle fonti (autori antichi, documenti itinerari o iscrizioni di vario genere) ma, altrettante, sono quelle ‘anonime’, riconosciute per breve o lunghi tratti sul terreno.

I percorsi nelle epoche più antiche, finché mancarono i mezzi di trasporto, dovettero essere molto numerosi e variabili: le direttrici delle comunicazioni dovevano essere dettate dal mutare delle situazioni e dalle condizioni morfologiche e della configurazione geografica del terreno: piste battute o sentieri in terra; importante fu il ruolo di corsi fluviali e delle valli che costituivano gli assi preferenziali di percorrenza.

Con Roma l’esistenza di un perfetto sistema viario fu vista come uno degli elementi fondamentali di una efficiente organizzazione statale. La costruzione di strade assunse quindi:

Significative a questo proposito sono le parole di Strabone, il geografo e storico greco di età augustea, venuto dal Ponto Eusino e instancabile viaggiatore, che pur riferendosi in particolare alla città di Roma, delinea un quadro estendibile a tutto il mondo romanizzato:

«Mentre infatti i Greci ritenevano di aver raggiunto il loro massimo scopo con la fondazione delle città, perché si erano preoccupati della loro bellezza, della sicurezza, dei porti e delle risorse naturali del paese, i Romani hanno pensato soprattutto a ciò che quelli avevano trascurato; a pavimentare vie, a incanalare acque, a costruire fogne. […] Selciarono anche le vie che passano attraverso il territorio, provvedendo a tagliare colline e a colmare cavità, cosicché i carri potessero accogliere i carichi delle imbarcazioni; le fogne, coperte con volte fatti di blocchi uniformi, talvolta lasciano il passaggio a vie percorribili da carri di fieno» (V, 7, 8).

Da altri autori giungono informazioni circa la gerarchia delle strade:

Le strade svolsero inoltre un ruolo di rilievo nell’assetto territoriale e urbano: su di esse, assunte come cardini o decumani, si impostarono le divisioni agrarie conosciute con il nome di centuriazioni, che trasformarono il paesaggio, pianificandolo in modo regolare; esse furono gli assi generatori degli impianti cittadini, nei quali condizionarono il reticolo viario interno e determinarono l’apertura di porte urbiche monumentali nelle cinte murarie; lungo il loro tracciato, all’uscita dalle città, si disponevano le necropoli, con monumenti funerai e aree sepolcrali che contrassegnavano il paesaggio periurbano.

Le prime direttrici risposero quindi a funzioni commerciali, come la via Campana e la via Salaria; la stesura successiva di un articolato sistema stradale si accompagnò in seguito, alla progressiva espansione in Italia. Tappe fondamentali sono la costruzione della via Appia che, condotta inizialmente fino a Capua, fu prolungata poi a raggiungere Brindisi, testa di ponte per le conquiste orientali, e quella della via Flaminia, che rappresentò l’asse principale per la penetrazione in Cisalpina. Sui loro tracciati infatti si orientarono le centuriazioni che razionarono e modificarono l’assetto agrario e si sviluppò l’urbanistica dei maggiori centri. A sud la via Popilia-Annia, ‘sdoppiando’ da Capua l’Appia verso Reggio Calabria, rappresentò, come si evince dalla famosa iscrizione rinvenuta a Polla, uno strumento di controllo politico sui territori del Meridione.

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