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Il principato di Mosca e l’eredità bizantina della ‘Terza Roma’

Ai confini più orientali del mondo cristiano – dalla fine del Trecento – iniziò a mettersi in evidenza il principato russo formatosi intorno alla città di Mosca, che riuscì sia ad inglobare i vicini piccoli principati che a respingere le incursioni tartare dell’Orda d’Oro, fino a proclamare l’autocefalia ecclesiastica da Roma e Costantinopoli. Ripercorriamo le tappe storiche salienti che portarono ben presto Mosca a definirsi ‘Terza Roma’ come erede dello scomparso Impero bizantino.


Agli inizi del Quattrocento il principato di Mosca era impegnato a risollevarsi dalla dominazione tartara, iniziata in seguito ad una traumatica sconfitta – che costò il saccheggio della capitale nell’anno 1382 – ma  ormai indebolita, tanto da risollevare gli altri principati russi del bacino del Volga in continua lotta tra loro. Un vantaggio indiscusso dei principi di Mosca fu la presenza in città del vescovo metropolita, rappresentante della Chiesa russa, che contribuì a fare della capitale un punto di riferimento per l’intera regione anche dal punto di vista religioso e culturale. La gerarchia ecclesiastica russa, così come quella bizantina, aveva uno stretto legame con il potere politico: proprio come accaduto nella storia dell’Impero, anche qui la Chiesa ebbe una grande influenza e ricchezza, ma allo stesso tempo essa si trovò a dipendere dal potere politico.

Isidoro di Kiev
Giona di Mosca

La dipendenza religiosa da Costantinopoli cessò con il Concilio di Firenze-Ferrara del 1439, che sancì l’unione delle Chiesa greco-ortodossa e latino-cattolica sotto l’autorità del Papa: ad esso partecipò anche il metropolita russo Isidoro. Così come a Costantinopoli, anche a Mosca vi furono delle reazioni negative alla sottoscrizione dell’unione: al suo ritorno in patria, nel 1441, Isidoro fu fatto arrestare su ordine del principe russo Vasilj II, destituito e sostituito con il vescovo di Rjazan Giona, che fu anche l’ultimo a ricevere dal patriarca di Costantinopoli il titolo di ‘metropolita di Kiev e di tutta la Russia’. Le motivazioni di tale gesto sono da ricercare nello scacchiere geopolitico europeo-orientale: Vasilij temeva infatti che l’unione avesse favorito, a suo discapito riguardo il controllo del metropolita, i vicini regni della Polonia e della Lituania, da sempre alleati del Papa di Roma. Complice infatti la caduta di Costantinopoli, nel 1459 il sinodo dei vescovi russi riservò a se stesso la scelta del patriarca, interrompendo così la procedura tradizionale – quella della conferma del patriarca costantinopolitano – che risaliva alla nascita della stessa Chiesa russa nel 989. Da quell’anno la Chiesa russa rivendicò la sua autocefalia e la sua indipendenza sia da Roma sia da Costantinopoli: le due grandi autorità ecclesiastiche del mondo europeo cristiano di allora furono rimpiazzate dai principi moscoviti, che iniziarono da Ivan III ‘il Grande’ (1462-1505) a nominare e a revocare i metropoliti.

L’indipendenza ecclesiastica e la scomparsa del modello politico bizantino portarono, già con il metropolita Giona, il principe Vasilij II a fregiarsi del titolo di ‘zar (Cesare) di tutta la Russia coronato da Dio’, titolo dal contenuto effettivo da Ivan III, considerato pertanto il fondatore reale dello Stato russo. La grandiosità dell’operato di Ivan III andò ben oltre il semplice ambito religioso: fu lui infatti ad espandere enormemente i territori sotto il suo controllo e sottrarli in maniera definitiva alla dominazione formale del Khanato dell’Orda d’Oro, che di lì a poco – nel 1502) scomparirà del tutto per finire inglobato nel Khanato della Crimea. Altro merito di Ivan III sta nel consolidamento interno del proprio potere: egli ridusse l’influenza dell’antica nobiltà facendo affidamento su una nuova ‘nobiltà di servizio’ che riceveva beni terrieri in cambio del servizio militare e civile prestato al sovrano.

Il mito della ‘Terza Roma’, sulla base del matrimonio di Ivan III con Zoe Paleologa, fornì ai teologi moscoviti il pretesto per elaborare tale teoria, secondo la quale, in assenza di Costantinopoli, sarebbe stata Mosca ad assumere il ruolo guida della cristianità. Questa teoria è dichiaratamente espressa in una lettera indirizzata tra il 1515 e il 1520 allo zar Vasilj III dal monaco Filoteo:

«La santa Chiesa apostolica è quella della nuova e terza Roma, quella del tuo potente regno, che, più splendente del sole, fa brillare fino all’estremo limite dell’universo la fede cristiana ortodossa».

Questa ideologia politica, favorita da Ivan III, si ispirava ovviamente al modello bizantino. Una esempio che mostra tali aspirazioni è dato infine dalla nuova configurazione del Cremlino, che fu fatto ricostruire su ordine dello zar da architetti italiani (a rievocare un collegamento anche artistico con la civiltà europea e bizantina), perdendo il carattere di fortezza per diventare un nuovo simbolo e centro del potere politico proprio come lo era stato il palazzo imperiale di Costantinopoli.

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