La simbologia del potere deve molto a Roma, che elaborò, grazie anche all’apporto della cultura dei vari popoli con cui venne a contatto, un complesso sistema di simboli e ritualità.
L’aquila imperiale è forse il più significativo di tali simboli. L’uccello predatore dall’imponente apertura alare, che nidifica sulle cime dei monti, già nella mitologia greca era strettamente connesso alla regalità, come uccello del re degli dei, Zeus, suo messaggero e quasi sua incarnazione. Il mondo romano ne fece però il simbolo dell’autorità dello Stato, collegandolo all’idea stessa di Roma. L’aquila compare sulle monete con il fulmine di Giove tra le zampe, a simboleggiare la potenza dello Stato armato, garante di ordine e giustizia; con lo stesso significato compare sui vessilli delle legioni. La forte connotazione militare non è però disgiunta da un valore sacrale e ideologico: l’aquila è l’uccello che testimonia la protezione divina del popolo che se ne fregia. Con l’affermazione del potere imperiale, che in pratica concentra in un’unica persona l’autorità statale, l’aquila diventa anche simbolo dell’imperatore. La graduale sacralizzazione di tale figura rende ancora più forte questa immagine. L’aquila, coma la Vittoria alata, incorona l’imperatore, testimoniando il carattere divino del suo potere: l’imperatore, dio in terra, ha, come Giove, un’aquila al suo fianco. Questa simbologia ebbe fortuna: la si ritrova infatti anche negli stemmi delle case regnanti che volevano testimoniare una continuità con l’Impero romano e la sacralità del loro potere. Il Kaiser austriaco e lo Csar (Zar) di tutte le Russie, che anche nel titolo mantenevano un legame con il Cesar romano, fregiavano i propri stemmi con l’aquila imperiale. L’aquila con il fulmine appare anche nello stemma degli Stati Uniti, quale simbolo dell’autorità suprema dello Stato e del suo presidente.
Il processo di sacralizzazione dell’imperatore ha creato molti simboli che hanno avuto fortuna nella cultura posteriore e nel mondo cristiano, tra cui lo scettro con l’aquila e il globo di Napoleone, la corona dei sovrani o l’aureola dei santi. La corona dell’imperatore presenta il doppio valore del serto d’alloro, attribuito ai generali vittoriosi e ai vincitori di gare, e quello del diadema di cui si fregiavano i sovrani orientali. Esso è il simbolo della protezione celeste: la mano divina che si poggia sulla testa dell’uomo e lo avvolge per proteggerlo. Nelle monete romane vediamo spesso l’imperatore con due corone: alla prima, simbolo del potere temporale, se ne aggiunge una seconda, che una divinità sta per poggiare sul suo capo quale simbolo della sacralità del suo potere. Questa corona che sormonta il capo senza toccarlo divenne con il tempo l’aureola dei santi. Con gli imperatori cristiani l’aureola viene anche raffigurata come “mano di Dio”: Costantino ad esempio appare con la mano tesa al cielo, mentre una mano dal cielo sfiora la sua. Altre immagini sono destinate a suggestionare l’iconografia medievale, come per esempio la figura equestre dell’imperatore aureolato, prototipo di molte immaginette di santi, o dell’imperatore che sul cavallo rampante uccide il drago che simboleggia pagani e ribelli, una figura che precorre la rappresentazione di San Giorgio uccisore del drago.