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I principali caratteri delle religioni del Vicino Oriente Antico e i loro miti

La religione è una delle manifestazioni più ampie ed importanti della vita degli antichi popoli. Vediamo in linea generale i principali caratteri delle religioni del Vicino Oriente Antico con i loro miti più importanti. Buona lettura!

Egitto. La religione dell’antico Egitto è estremamente complicata: essa è un insieme di molte credenze elaborate separatamente nelle varie città che furono nei secoli capitali dei faraoni e nei numerosissimi villaggi lungo il corso del fiume Nilo. Presso le più antiche dinastie è già presente l’idea che il faraone è il discendente degli dei, i quali all’inizio erano i re della terra. Egli perciò è considerato figlio degli dei. In garanzia di questa sua natura divina, il faraone è per certi versi “immortale”: un esempio della sua immortalità è costituito infatti dalla costruzione di grandi monumenti sepolcrali, le piramidi. Il corpo del faraone, conservato con particolari trattamenti che ne impediscono la decomposizione, rimane così in rapporto con l’anima e il suo spirito proteggerà i sudditi, elargendo loro i benefici delle piogge, delle inondazioni del Nilo e dei buoni raccolti. Più tardi, nel tempo del Medio Regno, si diffonde la convinzione che l’immortalità sia riconosciuta a tutti gli uomini.

I sacerdoti creano delle scuole “teologiche” nei vari centri del potere. Una di queste è quella di Eliopoli: secondo questa scuola, all’inizio esisteva il Nun, ossia il Caos primordiale, dal quale sorse Atum-Re, ossia il dio che si identifica col Sole e che è fonte della vita successiva. Atum-Re crea gli dei primitivi che sono Sow, l’aria; Tefenet, la pioggia; Geb, la terra; Nut, il cielo. Per creare, Atum-Re si serve della parola, intesa come espressione magica. Come si può vedere dai nomi degli dei, si tratta di personificazioni degli elementi fondamentali della natura che danno la vita alle piante, agli animali e agli uomini: sono essi che presiedono tutta l’esistenza. Da queste divinità primitive vengono, in seguito, generate due coppie di dei molto simili agli uomini: la prima coppia – Osiride e Iside – diventa assai celebre nel culto. Osiride è come un primo re della terra del Nilo, benefico verso il popolo degli uomini, saggio legislatore, maestro di vita civile e sapienza. Il fratello “cattivo”, Set, lo uccide. Ma la moglie, Iside, ne ritrova il cadavere e col suo affetto gli ridona la vita. Osiride, morto e risorto, presiede alla resurrezione dei defunti e diventa il dio del regno luminoso dell’aldilà. Un altro filone interessante per cogliere lo stretto legame tra religione e natura è l’identificazione di Iside con la Luna, la cui festa di primavera è la festa della resurrezione della vita e della eterna fecondità della terra.

Mesopotamia. Nella Mesopotamia si avvicendano popoli diversi e perciò la religione dipende dal predominio di questo o quel popolo, che impone agli altri le sue divinità. In comune con la tradizione egiziana, troviamo la presenza degli dei, che sono la personificazione delle forze della natura. Ci sono anche divinità dell’oltretomba, che testimoniano la credenza nell’immortalità dell’uomo. Col consolidarsi delle dinastie assire e babilonesi si accresce l’importanza dei rispettivi dei nazionali, Assur e Marduk. Questo fatto indica la stretta unione tra religione e politica: la religione legittima l’esercizio del potere. Una delle caratteristiche delle credenze di questi popoli è un notevole culto per i demoni: essi sono concepiti come esseri inferiori agli dei, ma superiori all’uomo e artefici dei mali che affliggono l’umanità. Si sviluppa, come antidoto per allontanare l’influsso malefico dei demoni, l’arte della “magia”, attraverso la quale si credeva di annullare questo influsso. Questi popoli diedero anche molta importanza alla divinazione, cioè all’arte di interpretare la volontà divina e di presagire il futuro: uno strumento per ottenere questa conoscenza fu l’astrologia; perciò i sacerdoti babilonesi furono tra i primi astronomi di cui abbiamo notizia.

La gran parte di questi popoli, gli Assiri e i Babilonesi, erano di origine semitica e dominarono politicamente e culturalmente gli altri popoli semiti, tra cui Ebrei. Pertanto è possibile che alcune loro espressioni religiose siano entrate a far parte del patrimonio religioso ebraico e quindi cristiano. Come in Egitto, così anche in Mesopotamia ci fu una fioritura di miti. Tra questi va ricordato il mito dell’Enuma Elish. Esso parla della creazione e dell’ordinamento del mondo. Inciso su sette tavolette in scrittura cuneiforme, tratta della lotta e della vittoria che i più giovani dei del cielo hanno riportato sulle potenze più antiche, personificazioni dell’oceano e del caos. I primi disponevano in questa lotta dei venti, del fuoco celeste e del Sole; le seconde usufruivano di mostruosi draghi marini e di un demonio, Mummu, che abitava il fondo del mare. I giovani dei si raccolgono attorno al loro campione, Marduk, il giovane Sole nascente; egli vince Tiamat, che rappresenta tutte le potenze del mondo sotterraneo, la squarta in due parti e con esse forma la volta celeste e la terra. La creazione, in questi miti mesopotamici, è dunque una grande lotta tra opposte forze della natura. Da queste immani lotte nascono il mondo e l’uomo, così come dalla guerra nasce il potere dei popoli che dominano la Mesopotamia.

Dalla cultura mesopotamica abbiamo ricevuto anche l’epopea di Gilgamesh. Egli è un eroe che viaggia per tutta la terra e percorre gli abissi alla ricerca dell’erba della vita che sola può salvare dalla morte. Nelle isole dei beati egli incontra un suo antenato che ha conseguito l’immortalità e gli riferisce la storia del diluvio universale dal quale è riuscito a salvarsi per mezzo di un’arca, contenente anche gli animali. Gilgamesh riesce a cogliere l’erba della vita, ma subito un serpente gliela ruba. Così egli capisce che la vita eterna spetta solo agli dei: la vita umana è dominata dal destino della morte.

Siria e Fenicia. In queste terre non vi fu mai un grande impero unitario e perciò non vi sono i fenomeni, precedentemente ricordati, relativi alla divinizzazione dei re. Gli dei qui corrispondono agli elementi e alle grandi forze della natura e sono protettori dei singoli popoli. Un aspetto caratteristico della religione siro-fenicia è il modo di concepire e celebrare il sacrificio. Tra questi rientravano i sacrifici umani, di cui un esempio è costituito da Abramo. Un altro aspetto importante sono i riti di culto celebrati all’aperto, specialmente le feste della luna piena. La festa del plenilunio di primavera, la Pasqua, sarà dagli Ebrei trasformata nella loro festa nazionale, con dei contenuti e dei significati diversi. Questa festa (plenilunio) è importante anche per un altro motivo: i popoli della Siria erano popoli nomadi e dediti alla pastorizia, e perciò la loro religione risente della diversa condizione economica rispetto ai popoli sedentari, che già all’inizio del III millennio a.C. conoscevano l’agricoltura e avevano residenze fisse. Chiaramente i popoli nomadi, non avendo sedi fisse, non hanno lasciato segni rintracciabili nella loro cultura.

Persia. Nel secolo VIII, i Medi e i Persiani elaborarono una religione assai diversa dagli altri popoli dell’antico Oriente. Un uomo, Zarathustra, diffuse attraverso la sua predicazione una forma di religione assai meno legata alla materialità della natura e alla magicità dei riti. Zarathustra concepì un solo dio, Ahura-Mazda, cui contrappose lo spirito del male, Ahriman, circondato da demoni malefici. L’universo diventa così il teatro della lotta tra il dio del bene e lo spirito del male. L’uomo non è più chiamato a vivere la religiosità attraverso i sacrifici o i riti magici, bensì attraverso l’impegno morale: è chiamato a scegliere tra il bene e il male. Chi si sarà schierato dalla parte del bene sarà premiato dal dio Ahura-Mazda, chi si sarà messo dalla parte del male verrà punito. La dottrina di Zarathustra fu raccolta in un libro sacro, l’Avesta. Più tardi, quando i Persiani formarono un grande impero, essi accolsero nel loro pantheon le divinità dei popoli conquistati e poterono così “idealmente” assicurare la pace religiosa e politica dell’antico Medio Oriente. Questa mescolanza di varie religioni tuttavia portò ad un impoverimento delle intuizioni religiose originarie di Zarathustra.

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