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I Fori Imperiali

Anche sotto gli imperatori successori di Augusto il foro di Roma subì notevoli ampliamenti con la costruzione di altri fori che si aggiunsero a quello repubblicano e a quelli fatti edificare da Cesare e da Augusto. Vediamoli tutti nel dettaglio.

Foro della Pace vespasianeo. Costruito nel 74 d.C., questo complesso di edifici fu considerato dai contemporanei come una delle “nuove” meraviglie del mondo; solo da Costantino in poi prese il nome con cui oggi lo conosciamo, mentre prima di tale periodo era chiamato templum Pacis. Esso era un monumento celebrante la Pax Augusta dell’Impero, uno dei temi più battuti dalla propaganda imperiale: era una grande piazza quasi quadrata (135x110m, compresa l’area degli edifici) con giardini al suo interno, separata dal vicino Foro di Augusto dall’Argiletum, la strada tra Foro e colle Esquilino (di cui parleremo in seguito). Come i fori precedenti era porticato su tre lati (con i laterali ornati di nicchie), mentre nel fondo una serie di ambienti circondavano il “centro” del foro, ossia il tempio della Pace: all’interno di questi ambienti (e dei porticati) vi erano conservate due biblioteche (una latina e una greca), numerose statue fatte trasportare da Vespasiano, e le spoglie del trionfo giudaico. Il tempio era anticipato da un altare posto di fronte all’ingresso, ed era la sala centrale (absidata) dell’intero complesso, distinguibile dalla presenza di un pronao esastilo che sporgeva in avanti rispetto al porticato. L’intero complesso presenta una serie di “innovazioni” dal punto di vista architettonico rispetto agli altri fori: oltre ad essere di forma quadrata, appare singolare la presenza del tempio incorporato nel peristilio e la presenza già accennata del giardino, il che sembra giustificare l’originaria denominazione in temenos (traduzione greca di templum, “recinto”) Pacis, piuttosto che quella tarda di forum.

Della struttura originaria si conserva attualmente solo la parte dell’ingresso dal Foro Romano, integrato nella chiesa di San Cosma e Damiano. La pianta dell’edificio è sopravvissuta poiché riportata su un frammento della Forma Urbis, mappa della città fatta apporre in una delle sale da Settimio Severo, che restaurò anche il complesso danneggiato da un incendio nel 191 d.C..


Foro Transitorio. Questo foro è riconoscibile dalla sua forma lunga e stretta (120x45m) e dai suoi lati corti curvilinei, entro il quale vi è sul fondo il tempio di Minerva. Iniziati sotto Domiziano (a cui si deve l’intitolazione a Minerva), i lavori furono terminati sotto il successore Nerva. Tenendo conto di quanto detto col Foro della Pace, il Foro Transitorio fu concepito per unire in un unico complesso monumentale i fori sino ad allora esistenti: l’area occupata da questo nuovo foro era stata lasciata “libera” poiché occupata dalla via dell’Argiletum, che dava accesso al Foro romano (quello repubblicano, ndr). Lo spazio, essendo molto ristretto, non permetteva la costruzione di un colonnato, ma gli architetti ne crearono uno che ne desse l’impressione lo fosse (come l’ingresso al tempio della Pace), accostando alle pareti perimetrali delle colonne libere e coronandole con un attico adorno di rilievi con scene divine o mitiche.

Il tempio di Minerva, periptero sine postico, sporgeva verso nord andando a riempire lo spazio compreso tra il Foro della Pace e l’esedra destra del Foro di Augusto; la fronte esastila al contrario sporgeva verso la piazza. L’interno del tempio di Minerva si presentava come una sala absidata divisa da tre navate. Immediatamente dietro l’abside, nel tratto che dall’Argiletum dava verso la Suburra, vi era poi un portico, di cui oggi non restano evidenti tracce, la porticus absidata.


Foro di Traiano. L’ultimo grande allargamento dei Fori Imperiali lo abbiamo sotto Traiano, che dopo le sue vittoriose campagne militari in Tracia poté dedicarsi ad un vasto programma di opere pubbliche. Il più grande dei fori (300x185m), quello di Traiano appunto, collocato tra Quirinale e Campidoglio, si trova sullo stesso asse di quello di Cesare, ed è perpendicolare rispetto al Foro di Augusto. Esso comprende, da est a ovest, di seguito: la piazza forense, la Basilica Ulpia, un cortile porticato con colonna spiraliforme (la Colonna Traiana) e due biblioteche, e il tempio del Divo Traiano. L’accesso dal Foro di Augusto era dato da un arco a tre fornici e con cocchio imperiale con sei cavalli – di cui oggi non vi sono tracce – noto soltanto dalle monete.

Il foro vero e proprio, sui lati lunghi, era circondato da due porticati coperti che si protraevano fino a due grandi esedre (anch’esse coperte) con nicchia di fondo in granito. Al centro vi era la statua equestre di Traiano. Sul lato di fondo (ad ovest) vi era, rialzata da gradini, la Basilica Ulpia: essa era un’aula a cinque navate (la centrale è la maggiore, 80x25m con colonne di granito; le laterali più strette con colonne in cipollino). L’ingresso alla Basilica dalla piazza era reso possibile dalla presenza di tre entrate – inquadrate da colonne, gruppi equestri e fregi con Vittorie – due laterali a un solo fornice, e una centrale a tre fornici. Sui lati corti della Basilica vi erano, così come per il Foro, due esedre anticipate da colonnato, di cui quella meridionale dedicata alla Libertas era stata edificata sul precedente atrium Libertatis (luogo della manomissione  – resa della libertà – degli schiavi). L’interno della Basilica è dibattuto dagli studiosi, ma è possibile affermare che il tetto fosse ricoperto di tegole dorate e che l’interno aveva decorazioni policrome.

Dalla Basilica si passava direttamente ad un cortile, in cui vi erano la colonna coclide e due biblioteche ai suoi lati, una con l’archivio privato di Traiano e una con i decreti dei pretori. Ciascuna biblioteca aveva delle apposite nicchie al cui interno erano posti i volumina; tutte queste nicchie facevano da contorno ad una nicchia maggiore al cui interno vi era invece una statua. La lettura del fregio della colonna era facilitata dalla presenza di scale che dalle biblioteche consentivano l’accesso ad un secondo piano che favoriva la visuale.

La costruzione e il progetto traianeo si fermava, come limite estremo dei fori, alla colonna. Nel 121 si aggiunse un nuovo edificio a delimitare l’area, il tempio del Divo Traiano e della Diva Plotina, ottastilo periptero, opera del successore Adriano. La successione di così tanti elementi dalle varie funzioni e costruzioni, tutti consecutivi tra loro, è stata variamente interpretata. Un’ipotesi di recente formulazione spiegherebbe il tutto come una riproposizione – in funzione ovviamente celebrativa – di un tipico castrum romano: le strutture si ispirerebbero dunque (nell’ordine fin qui esposto) rispettivamente come praetorium, principia, santuario dei vexilla e archivi della legione. Tutto ciò troverebbe idealmente conferma sia dalla committenza (Traiano) che dalla progettazione (Apollodoro di Damasco), entrambi legati al mondo e all’ingegneria militare.


I “Mercati” di Traiano. A ridosso dell’esedra settentrionale del Foro di Traiano, Apollodoro progettò, oltre la strada che delimitava la piazza, un complesso costituito da un portico circolare e da una serie di complessi laterali (semicircolari) e retrostanti, adibiti a botteghe (attraversati da quella che sarà la medievale via Biberatica) che aumentavano di livelli e piani (da due a quattro) mano mano che si saliva verso il colle Quirinale. Questi ambienti, che provano anche lo sforzo da parte imperiale di garantire il sostentamento annonario della capitale, erano collegati ad ogni modo ai commerci del porto di Traiano e costituivano una delle tappe per i rifornimenti che vi giungevano.

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