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Gli animali fantastici nella mitologia antica e medievale

Nelle culture antiche prese forma dall’inventiva e dalla fantasia umana una schiera di animali fantastici che ebbero, e che tuttora hanno, lunga vita nell’immaginario collettivo. Grazie alle loro caratteristiche, che alludevano a profonde valenze simboliche, tali creature, attraverso successive rielaborazioni, furono in vario modo presenti poi nella poesia e nel folklore. Accanto agli animali inventati di sana pianta che univano in sé i connotati realmente esistenti (come l’ippogrifo, metà cavallo, metà grifone), altre entità erano invece contrassegnate da tratti in parte animaleschi e in parte umani (come la sfinge, metà fiera e metà donna), altre ancora richiamano a gruppi umani esotici, favolosi e sconosciuti, diversi per le loro qualità fisiche, appartenenti a mondi lontani, di cui parlavano gli storici-viaggiatori come ad esempio Erodoto nell’età antica o Marco Polo in età medievale. Nella mentalità comune le loro figure rispondevano a bisogni primari di spiegazione delle paure, delle pulsioni e dei sentimenti profondi che vivono negli uomini.

Diffusi nel mondo antico, gli animali fantastici ebbero larga fortuna anche nel Medioevo, come testimonia il successo di testi in cui erano analizzate le loro caratteristiche fisiche e simboliche. Fra di essi vi era il Liber monstrorum de diversis generibus, conosciuto attraverso alcuni manoscritti copiati tra il IX e il X secolo. Il titolo “Libro dei mostri” potrebbe ingannare, ma è da intendersi nel senso latino del termine monstrum: fenomeno straordinario, prodigio, eccezionalità alle leggi naturali, che suscita sentimento di meraviglia e timore per l'”innaturalità”. Tra questo vasto campionario di creature fantastiche vi sono fauni, sirene, satiri, giganti, uomini minuscoli, draghi, cani mostruosi (Cerbero), esseri con due o più teste, belve, eccetera: le loro fattezze diventano delle immagini concrete che sono giunte a noi nei mosaici, nelle pitture vascolari o murali, nei rilievi, nelle miniature dei codici, nei capitelli e nelle decorazioni che ornano non solamente edifici del mondo classico o pagano ma anche quelli medievali e cristiani.

Unicorno. Figure di animali, reali e immaginari, dotati di valore simbolico sono ricorrenti nella tradizione religiosa occidentale: uno di questi è l’unicorno, descritto nel Fisiologo (testo anonimo scritto tra il II e il V secolo d.C.) un piccolo animale simile al capretto, forte e feroce, con un unico corno in mezzo alla testa, catturabile solo da una vergine. Lo stesso testo specifica che esso è l’immagine del Salvatore: infatti nel Vangelo di Luca si parla di “un corno nella casa di Davide padre nostro, divenuto il corno di salvezza”, incarnatosi per la redenzione dei peccati.

Creature doppie. Molte erano le creature con doppie caratteristiche animali e umane che alludevano nell’immaginario antico ad uno stadio del mondo degli uomini ancora fortemente dominato dalle forze della natura. Secondo la tradizione greca, i boschi erano popolati da satiri, esseri dotati di corna e zoccoli di capra; il loro corrispettivo nell’ambito romano era costituito dai fauni, divinità silvestri a cui era affidata la protezione della pastorizia. Come i satiri, i fauni avevano aspetto umano dal capo fino all’ombelico, gambe e piedi caprini e corna ricurve. Le sirene erano uccelli con artigli, ma con testa e seni femminili: più tardi furono rappresentate come fanciulle marine, dotate nella parte superiore del corpo di forma umana, nella parte inferiore di una squamosa coda di pesce, sempre nascosta tra i flutti. Grazie al loro bellissimo aspetto e alla dolcezza del canto, come narra Omero nell’Odissea, ammaliavano i naviganti. Le arpie, molto simili alle sirene (ma non per la voce!), possedevano corpo da uccello e viso femminile. I centauri avevano natura mista di cavallo e di uomo, ed erano il simbolo della forza fisica congiunta con l’intelligenza. Non a caso uno dei più famosi centauri, Chirone, secondo la mitologia greca, fu il precettore di numerosi eroi, fra i quali Peleo, Achille, Giasone e Asclepio.

Sfinge. Un ruolo di rilievo nella mitologia antica, sia greca che egizia, assume la sfinge, una creatura mostruosa presente in varie forme nelle culture mediterranee. Nel mito questo animale fantastico era raffigurato con testa di donna, di falco o di capra, corpo di leone o di cane, coda di serpente e ali di aquila. Celebre è la sfinge di El Giza, grandioso monumento risalente al periodo menfitico, lungo 73 metri e alto 17. Sempre secondo la tradizione mitologica, la sfinge era accovacciata su un monte nei pressi della città di Tebe, e poneva a ogni viaggiatore un indovinello che le avevano insegnato le Muse: “Quale essere ha talvolta due gambe, talvolta tre, talvolta quattro ed è tanto più debole quante più ne ha?”, e chi non riusciva a rispondere all’enigma era ucciso e divorato sul posto. Il racconto si intreccia a quello relativo di Edipo, personaggio topico del mondo greco, che riuscì a trovare la soluzione: l’essere era l’uomo perché da bambino va a carponi, crescendo rimane saldo sulle due gambe e invecchiando si appoggia al bastone. Alla corretta risposta di Edipo la sfinge, rabbiosa e avvilita, si gettò giù dal monte sfracellandosi nella vallata sottostante: allora i tebani, grati ad Edipo per essere stati liberati dalla tirannia del mostro, lo acclamarono loro re.

Echidna. Nelle “pagine nere” della mitologia greca una delle figure più drammatiche è quella di Echidna, per metà donna (dall’aspetto avvenente) e per metà serpente dalla pelle maculata. Viveva in una grotta profonda e si nutriva di carne umana, e procreò – finché non venne uccisa da Argo – dei mostri orrendi con il marito Tifone (figlio di Gea e Tartaro): tra i suoi figli vi erano Cerbero, il cane a tre teste posto a guardia dell’Ade, che poteva essere placato solo con l’offerta di una focaccia; la Chimera, capra con testa di leone, la cui bocca emetteva fiamme, con coda di serpente; e Ortro, il cane a due teste.

Minotauro. Mostro dalla doppia natura, umana e taurina, intorno al Minotauro si intreccia una delle più complesse vicende dell’antica mitologia greca. La sua nascita era avvenuta sotto il segno della trasgressione di Pasifae, moglie del re di Creta Minosse, che si era invaghita di un toro bianco sacro al dio Poseidone, che aveva confidato la sua passione a Dedalo, il famoso artefice ateniese: Dedalo costruì per lei un modello di legno a forma di vacca, dove Pasifae si introdusse per avere un rapporto con il toro ed essere fecondata; da questa unione nacque il Minotauro, dal corpo umano e dalla testa taurina. Per coprire lo scandalo e nascondere il mostruoso figlio di Pasifae, su consiglio di un oracolo, Minosse commissionò a Dedalo la costruzione di un labirinto all’interno del quale venne chiuso il Minotauro. Il mostro, dotato di una voracità ferina, doveva essere continuamente saziato con sacrifici umani, fino a quando l’eroe ateniese Teseo lo affrontò e lo uccise nel cuore del labirinto. L’eroe greco riuscì ad uscire vittorioso, senza perdersi, grazie all’aiuto di Arianna (figlia di Minosse e Pasifae) riavvolgendo un filo che aveva via via srotolato nel suo cammino alla ricerca dell’essere feroce.

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Bestiari. I bestiari del Medioevo riferivano l’esistenza di animali dalla caratteristiche strane e inquietanti, visti come simbolo di virtù o forze occulte, nati – si credeva – dalla contaminazione di esseri naturali diversi, di cui le miniature dei codici mostravano le orribili sembianze agli occhi dei contemporanei. Vi era a esempio il monocero, dal corpo di cavallo e i piedi di elefante, fornito di una coda cortissima e di un corno lungo e rilucente in mezzo alla fronte, che incuteva terrore con il suo verso (un muggito furibondo). Vi era la manticora, tipica dell’India, dal corpo leonino di colore fulvo e dalla faccia umana, contrassegnata da scintillanti occhi azzurri e da un’enorme bocca con triplice dentatura, una coda aguzza come quella dello scorpione, una voce simile al suono del flauto ma assetata di sangue umano. Vi era il banacon, originario dell’Asia, un animale dalla testa di toro dotato di possenti corna e di una criniera equina, che se attaccato o cacciato si difendeva emettendo gas ed escrementi.

Fenice. Fra gli animali favolosi si annovera anche questo uccello, originario dell’India, di cui sarebbe esistito un solo esemplare. Si raccontava che ogni 500 anni la fenice si mettesse in viaggio dal lontano Oriente verso i cedri del Libano per impregnarsi le ali del loro aroma e poi volasse verso Eliopoli, in Egitto. Qui il sacerdote del tempio, avvertito dal profumo che l’essere si trascinava con sé, accumulava sull’altare dei sarmenti di vite che si accendevano da soli all’arrivo dell’uccello, che lo bruciavano intero. All’indomani dalle ceneri la fenice si sarebbe rigenerata magicamente, simbolo dell’eterno rinascere e morire degli esseri viventi.

Drago. Animale mostruoso e temuto, il drago aveva le sembianze di un enorme serpente alato, crestato e fornito di una potente coda, micidiale non per il suo veleno ma per le spire del suo corpo, grazie alle quali riusciva a stritolare esseri viventi anche di grandi dimensioni come gli elefanti. La sua figura fu variamente rappresentata: a volte gli furono attribuite molte teste, a volte la capacità di emettere mortiferi aliti di fuoco. Creatura di origine antica, il drago era identificato, nella tradizione cristiana, con il demonio stesso, il simbolo del male per eccellenza; in molte immagini del passato compare infatti nella sua veste demoniaca, schiacciato dal piede della Vergine madre del Salvatore (Apocalisse di Giovanni) o nell’iconografia medievale ucciso dal cavaliere San Giorgio che lo affrontò per liberare la bella principessa a lui sacrificata. Numerosi artisti si cimentarono con questo soggetto, dando luogo ad opere di grande suggestione.

Molte delle storie della mitologia, prima fra tutte quella del Minotauro, contengono chiare allusioni simboliche al passaggio dell’umanità dalla fase primitiva e ferina della sua esperienza a quella della razionalità. Più in generale, l’invenzione di animali e altre creature fantastiche di varia natura risponde a bisogni profondi della psiche umana: dare libero sfogo alla fantasia, esorcizzare i pericoli e paure confinandoli in mondi alieni (alienus, estraneo) o remoti da quello in cui si vive, provare emozioni al di fuori dell’ordinarietà, attraverso figure che evocano situazioni impossibili. In questo senso, la fortuna e il successo dei mostri saranno sempre imperituri, anche se mutano le loro forme esteriori, come dimostrato dall’attuale e continua fantasiosa creazione di esseri altrettanto strani e curiosi quanto quelli antichi.

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