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Fonti letterarie, itinerarie ed epigrafiche nel sistema viario romano

Strumenti basilari per chi si accinga a ricostruire una direttrice viaria romana sono innanzitutto le informazioni scritte che ci sono giunte direttamente dall’antico, tramite autori diversi. Si può ricordare che se negli storici, quali Tito Livio o Tacito, le notizia sono per lo più indirette, in quanto le strade fanno da sfondo agli avvenimenti narrati, più preciso è il geografo Strabone, che non solo sottolinea il ruolo svolto per i Romani dalle strade, ma spesso ne ricorda la costruzione, riferendola a precisi personaggi, o ne localizza il tracciato nelle regioni man mano descritte, riportando talora le distanze.

Con il nome di Itinerarium Antonini o Itinerarium Provinciarum è stata tramandata una raccolta di itinerari diversi, contenenti gli elenchi delle stazioni per alcuni percorsi, con la numerazione delle distanze in miglia. Pur arrivando a coprire l’intero territorio dell’impero, la compilazione risulta piuttosto disordinata e frammentata: le principali arterie vengono smembrate; lo stesso tratto di strada si ripete in più itinerari; i nomi delle strade non sempre sono esatti. Il titolo, per il quale era stata proposta una attribuzione all’imperatore Caracalla (Marcus Aurelius Antoninus, 211-217), si addice forse solo a una sezione che potrebbe riflettere un viaggio di Caracalla in Egitto attraverso l’Asia Minore. Nel complesso è da ritenere che nella raccolta, databile agli inizi del IV secolo, siano confluiti itinerari di varie epoche, anche più antichi, e siano state riprese fonti di diverso genere, ad opera di un compilatore che non si sarebbe limitato a una semplice collocazione di testi precedenti, ma avrebbe operato interventi critici e di aggiornamento.

Il testo è completato dall’Itinerarium maritimum, che si presenta come una raccolta di documenti completamente diversi, riuniti solo per le loro finalità ad uso dei naviganti.

Ricostruzione dell’Itinerario Burdigalense

L’Itinerarium Burdigalense val Hierosolymitanum è invece un itinerario di occasione, che ricorda un viaggio compiuto e nello stesso tempo costituisce una sorta di ‘guida turistica’ per i pellegrini diretti ai luoghi santi. Il testo, redatto nel 333 probabilmente da un pellegrino di Burdigala (Bordeaux), elenca in modo molto dettagliato le stazioni, qualificate come civitates, mansiones e mutationes, con le relative distanze e le lunghezze dei vari tratti e dell’intero viaggio.

Tabula Peutingeriana

Un’eccezionale testimonianza è invece rappresentata dalla Tabula Peutingeriana, una vera e propria carta geografica, un codice conservato alla Biblioteca Nazionale di Vienna (Codex Vindobonensis 324), composta da undici fogli di pergamena larghi 60cm e alti 34cm: essa costituisce l’unica rappresentazione pittorica del mondo conosciuto in epoca romana giunta fino a noi. La sua importanza risiede nel fatto che essa è sicuramente la copia medievale di un originale romano, con la presenza di elementi prettamente di cultura latina, a partire dalle colonne d’Ercole (la parte occidentale con la Spagna e la Britannia doveva però essere nel primo segmento, perduto) fino all’Oriente con l’India e la Cina. Ai margini si sviluppa l’Oceano; il Mediterraneo, al cui centro è Roma con Cartagine di fronte, divide nettamente l’Europa dall’Africa; l’Italia occupa cinque segmenti, presentando un numero di dati molto maggiore rispetto a quelli di altre regioni.

Fonti tarde sono: la Cosmographia dell’Anonimo Ravennate, composta tra la fine del VII e gli inizi dell’VIII secolo; la Geographia del chierico Guidone, composta nel XII secolo.

Mappae mundi Bd. VI. Rekonstruierte Karten

Oltre a fonti letterarie e itinerarie, utili per lo studio delle vie romane sono i testi epigrafici, i quali costituiscono una ‘voce’ viva e diretta dell’antichità. È importante sottolineare il loro specifico contributo metodologico e ricordare come le iscrizioni possano fornire dati essenziali sulla storia dei singoli tracciati e offrire indicazioni in merito alle tappe principali, alle distanze, alle infrastrutture stradali.

Le principali fonti epigrafiche sono i miliari: una caratteristica peculiare delle strade romane era infatti quella di essere ‘misurate’, ossia di presentare ai lati della carreggiata cippi lapidei detti appunto miliari dall’unità di misura itineraria, il miglio (mille passi, corrispondenti a circa 1478 metri).

Miliario. Museo Archeologico Nazionale di Napoli

La funzione di tali manufatti, di forma cilindrica o quadrangolare, e di dimensioni e materiali diversi, era quella di indicare le distanze ai viaggiatori. Alcuni riportano solo la distanza, con un numerale il più delle volte preceduto dalla sigla MP m(ilia) p(assuum); più frequentemente essi menzionano anche i nomi e le titolature del magistrato o dell’imperatore che costruì o restaurò la strada.

La distanza era generalmente calcolata dal capolinea o dal punto di arrivo della strada, oppure da tappe intermedie. I miliari conobbero una notevole diffusione in età imperiale, soprattutto a partire dal III secolo, quando alla funzione di indicatori stradali si affiancò e stesso si sostituì quella di strumenti di propaganda, utilizzati per organizzare il consenso attorno alla figura e alla politica dell’imperatore.

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