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Ares, il dio della guerra

Scultura raffigurante Ares conservata nella Villa Adriana, a Tivoli.
Scultura raffigurante Ares conservata nella Villa Adriana, a Tivoli.

Ares (”Αρης), dio della guerra, identificato con l’italico Marte. Era figli di Zeus e di Era, e, come Apollo, Ermes ecc., appartiene alla seconda generazione degli Olimpici. E’ annoverato fra i dodici grande dei, a differenza delle sorelle Ebe e Ilizia, le quali sono demoni secondari. Fin dall’epoca omerica, Ares appare come il dio per eccellenza della guerra. E’ la mente della Battaglia, che gode della carneficina e del sangue. Davanti a Troia combatte il più delle volte accanto ai Troiani, ma si preoccupava poco della bontà della causa che sostiene. Può altrettanto bene aiutare anche gli Achei. E’ rappresentato con la corazza e con l’elmo, armato di scudo, di lancia e di spada. Ha una statura sovrumana, emette grida terribili. Di solito combatte a piedi, ma lo si vede anche su un carro trainato da quattro corsieri. E’ accompagnato da demoni che gli servono da scudieri, in particolare Deimo e Fobo («il Timore e il Terrore»), che sono suoi figli. Si trovano anche al suo fianco Eris («la Discordia») e Enio.

Si ritiene che Ares abiti in Tracia, il paese semiselvaggio, dal clima rude, ricco di cavalli e percorso da popolazioni guerriere. Sempre qui abita, almeno secondo una tradizione, il popolo delle Amazzoni, che sono figlie di Ares. Anche in Grecia, gli si tributava un culto particolare a Tebe, dove passava per essere l’antenato dei discendenti di Cadmo. Qui, infatti, possedeva una fonte, custodita da un drago, di cui era il padre. Allorché Cadmo, per compiere un sacrificio, volle attingere acqua alla fonte, il drago tentò di impedirglielo. Cadmo l’uccise, e, per espiare questo delitto, dovette servire Ares per otto anni in qualità di schiavo. Ma, scaduto questo termine, gli dei sposarono Cadmo con Armonia, figlia di Ares e di Afrodite.

Ares Ludovisi, copia marmorea romana di un originale greco risalente a circa il 320 a.C., restaurato da Gianlorenzo Bernini (Roma, Museo Nazionale Romano)

La maggior parte dei miti che fanno intervenire Ares sono naturalmente miti guerrieri e racconti di combattimenti. Ma il dio è lontano dall’essere sempre vincitore. Sembra, invece, che i Greci, fin dall’età omerica, abbiano preso piacere a mostrare la forza brutale di Ares contenuta o ingannata dalla forza più intelligente di Eracle o dalla saggezza virile d’Atena. Un giorno che, sul campo di battaglia, davanti a Troia, combatteva al fianco di Ettore, gli si trovò di fronte Diomede. Subito lo attaccò, ma Atena, operò tanto bene da sviare il colpo di lancia del dio e da far ferire quest’ultimo da Diomede. Il dio emette un grido spaventoso, udito da tutto l’esercito, e fugge verso l’Olimpo, dove Zeus lo fa curare. Un’altra volta ancora, nella mischia degli dei, che si svolge sotto Troia, Atena lottò contro Ares e lo sopraffece stordendolo con un colpo di pietra. Ma non solo nel ciclo troiano si manifesta questo antagonismo fra Ares e Atena. Allorché Eracle dette battaglia a Cicno, figlia di Ares, questi volle difenderlo, e Atena, in nome della ragione, invitò Ares, che era solamente violenza e collera, a obbedire al destino, il quale voleva che Cicno fosse ucciso da Eracle, senza che l’eroe potesse essere ucciso da nessuno. Ma le sue parole furono vane, e Atena dovette intervenire direttamente per fare deviare la lancia del dio. Eracle, approfittando di una mancanza nella guardia del dio, lo ferì alla coscia. E Ares fuggì, vergognosamente, verso l’Olimpo. Era d’altronde la seconda volta che Eracle aveva ferito Ares. La prima era davanti a Pilo, e l’eroe lo aveva anche spogliato delle sue armi.

Allorché l’amazzone Pentesilea, sua figlia, fu uccisa davanti a Troia da Achille, Ares volle precipitarsi per vendicarla, senza preoccuparsi dei Destini. Zeus dovette fermarlo con un fulmine. Infine, un altro infortunio d’Ares è il suo imprigionamento da parte degli Aloadi, che lo rinchiusero per tredici mesi, incatenato, in un vaso di bronzo.

Collina dell’Areopago che prende il nome dal dio Ares – Atene

Ad un atto di violenza di Ares si ricollega, nella leggenda, il nome dell’Areopago, la collina dove, ad Atene, si riuniva il tribunale incaricato di giudicare i crimini di carattere religioso. Ai piedi della collina c’era una fonte. Qui, un giorno, Ares scorse Alirrozio, figlio di Poseidone e della ninfa Eurite, che cercava di usare violenza ad Alcippe, figlia ch’egli aveva avuto da Aglauro. Incollerito, uccise Alirrozio. Ma Poseidone lo fece comparire davanti a un tribunale composto dagli Olimpici, sulla stessa collina ai piedi della quale il delitto si era svolto. Gli dei assolsero l’omicida.

Marte e Venere sorpresi dagli dei – Joachim Wtewael – XVII secolo – olio su rame
Marte spogliato da Venere e dalle Grazie, opera di Jacques Louis David, 1824, Bruxelles, Musée des Beaux-Arts.
Gli amori di Venere e Marte, 1628, dipinto di Cornelis van Haarlem, Amsterdam, Rijksmuseum.

La leggenda attribuisce ad Ares molte avventure amorose. La più celebre è sicuramente quella che lo mostra unito clandestinamente alla dea Afrodite. Ma ebbe anche molti figli con donne mortali. La maggioranza dei suoi figli furono uomini violenti, inospitali, che attaccavano i viaggiatori, li uccidevano o si lasciavano andare a vari atti di crudeltà: così ebbe con Pirene tre figli: Cicno, Diomede di Tracia, le cui giumente divoravano carne umana, e Licaone. Tutti e tre morirono per mano di Eracle. Oppure sono eroi secondari che svolgono una funzione nei miti guerrieri. Gli si attribuisce anche talvolta la paternità di Meleagro e quella di Driante, che partecipò, come Meleagro, alla caccia di Calidone. Infine, Ares passava per aver dato al figlio Enomao le armi con le quali metteva a morte i pretendenti alla mano di suoi figlia (Pelope e Ippodamia).

Gli animali consacrati ad Ares sono il cane e l’avvoltoio.

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