1/3) 342 – Vulcacio Rufino diviene comes per orientem Aegypti et Mesopotamiae per easdem vice sacra iudicans: imparentato con la dinastia constantiniana, la sua carriera lo vide pontefice massimo, consolare per la Numidia, comes ordinis primi intra consistorium sotto l’imperatore Costante I o suo fratello Costanzo II, comes per orientem Aegypti et Mesopotamiae per easdem vice sacra iudicans dal 5 aprile 342, praefectus praetorio per l’Italia dal 344 al 347 (tra le prefetture di Fulvio Placidio e Ulpio Limenio), console ordinario prior per il 347 con Flavio Eusebio, praefectus praetorio per l’Illyricum tra il 347 e il 352. Mentre era prefetto, fu inviato dall’usurpatore Magnenzio, che aveva spodestato Costante, in una ambasciata presso Costanzo II, assieme a Marcellino, Massimo e Nunechio. Rufino non venne arrestato, a differenza dei suoi compagni, e rimase prefetto dell’Illyricum per Costanzo. Nel 354, dopo la caduta di Magnenzio, fu prefetto in Gallia, risiedendo nella capitale Constantina (Arles), ma fu rimpiazzato da Gaio Ceionio Rufio Volusiano Lampadio, forse in quanto parente di Costanzo Gallo, quando questi cadde in disgrazia presso l’imperatore. Tra il 365 e il 368 fu prefetto del pretorio per l’Italia, la Gallia e l’Africa, succedendo a Claudio Mamertino. Morì in servizio.
3/3) Religione romana – secondo giorno dei Ludi Megalesi: Nel mese di aprile si tenevano in onore di Cibele i Ludi Megalensi. Nelle case patrizie avevano luogo dei banchetti, col tempo divenuti così dispendiosi che, nel 161 a.C., il senatoconsulto cercò di limitarne lo sfarzo. Non si poteva «servire vino straniero, ma soltanto nostrale, ed era vietato apparecchiare la tavola con più di cento libbre di argenteria» (Gellio, II 24). Il culto di Cibele passò a Roma nel III secolo a.C. I Decemviri ne chiesero l’introduzione ufficiale perché nei Libri Sacri, da loro consultati, si diceva che ‘lo straniero’ poteva essere vinto soltanto quando la Madre Idra fosse trasportata a Roma (era l’anno 204 a.C. e ‘lo straniero’ era Annibale). La pietra nera che simboleggiava la dea, portata da Pessinunte, città della Frigia, fu accolta a Roma con grandi feste; da Livio sappiamo che la pietra nera dapprima fu ospitata nel tempio della Vittoria, poi, nel 191, in un tempio sul Palatino, appositamente costruito (XXIX 10;14). Plinio riferisce: «Nell’anno in cui la Madre degli dèi fu introdotta a Roma dicono che il raccolto dell’estate fu maggiore di quello dei dieci anni precedenti.» (Nat. Hist. XVIII 16). Il culto di Cibele a Roma era affidato a un sacerdote e a una sacerdotessa frigi, ma un pretore urbano vi sovraintendeva: dopo l’imperatore Claudio, al culto furono preposti cittadini romani.